domenica 13 febbraio 2022

Takeaway

"Takeaway" di Renzo Carbonera. Con Carlotta Antonelli, Libero De Rienzo, Primo Reggiani, Paolo Calabresi, Anna Ferruzzo, Camillo Grassi e altri. Italia, Germania 2021 ★★★1/2

Secondo film di finzione di Renzo Carbonera dopo il promettente Resina, in cui le doti documentaristiche del regista friulano tornano utili per narrare una storia storia emblematica che da un lato affronta il problema del doping nelle competizioni sportive, e dall'altro, come nel film precedente, l'impatto che le aberranti logiche mercatistiche e competitive che dominano la vita delle metropoli, ma anche l'onda lunga della crisi finanziaria che ha investito il mondo globalizzato dopo la bancarotta della Lehmans Brothers nel settembre del 2008 (anno in cui si svolge la vicenda), hanno su realtà piccole e isolate. Anche in questo caso si tratta di una comunità montana, la località è il Terminillo, la "montagna dei romani", desolatamente deserto fuori dalla stagione turistica che comunque, colpita dalla crisi economica, si preannuncia ben poco promettente. Lì si è rifugiato Johnny (Libero De Rienzo alla sua ultima interpretazione prima della morte avvenuta nel luglio scorso), un ex preparatore atletico che ha lavorato nell'ex DDR, a suo tempo radiato dalla federazione atletica per l'utilizzo di sostanze vietate, che gestisce un distributore di carburante con annesso spaccio (Takeaway è il nome del locale), il quale vive con Maria (la bravissima Carlotta Antonelli), figlia di albergatori locali, una giovane marciatrice che intende passare al professionismo, con il sostegno del padre, che vede attraverso lei un mezzo per riscattarsi, e si rende disponibile a finanziare il genero per l'acquisto dei supporti farmaceutici necessari per incrementare le prestazioni della ragazza; più perplessa la madre, una depressa cronica impasticcata pure lei pesantemente per conto suo, che preferirebbe concentrare gli investimenti sulla ristrutturazione dell'albergo di famiglia, per renderlo più gardevole con l'illusione di attirare nuovamente la clientela persa nelle ultime, sempre più magre, stagioni. Maria è perplessa ma continua ad allenarsi duramente accettando di prendere gli intrugli che le propina il compagno e allenatore, che se li è procurati per diverse migliaia di euro attraverso un chimico con cui aveva già intrallazzato in passato, il quale la "lavora" anche psicologicamente, inculcandole la mentalità "vincente" che, coniugata secondo il suo modo di vedere, significa che ogni mezzo è lecito, purché non si venga scoperti, per ottenere lo scopo, che è sempre e comunque la vittoria, a costo di malori e crisi da scompenso che, a suo modo di vedere, fanno parte di un gioco (la conquista di un podio che conta) che vale la candela. La ragazza entra ancora più in conflitto con sé stessa quando conosce Tom, venuto a eseguire i lavori nell'albergo dei genitori, un ex mezzofondista la cui carriera e salute sono state compromesse proprio da Johnny, che lo allenava a suo tempo, e finirà per autodenunciarsi. Una brutta storia, più diffusa di quel che gli ambienti sportivi vogliano fare credere, che ha un relativo lieto fine, raccontata in modo semplice, con pochi ma significativi dialoghi, soprattutto attraverso le immagini: quella dei snervanti e faticosi allenamenti della ragazza, dei sordidi maneggi di Johnny, del sostanziale menefreghismo dei genitori, volutamente ciechi davanti all'evidenza e quindi conniventi, da cui emerge il malinteso lato motivazionale, l'imperativo di apparire ed essere ammirati e riconosciuti dagli altri, che diventa l'unico scopo dell'attività agonistica. Un film ben poco compiacente, un bel pugno nello stomaco per chi non vuol vedere né sapere, insolito, fuori dal coro e che dà da pensare. E vale la pena vedere.

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