"After Love" di Aleem Khan. Con Joanna Scanlan, Nathalie Richard, Talid Ariss, Nasser Nemarzia, Seema Morar e altri. GB 2020 ★★★★
Eccellente esordio nel lungometraggio dello scrittore e regista britannico d'origine pakistana Aleem Khan, finora autore di alcuni apprezzati cortometraggi, e una superba interpretazione di Joanna Scanlan nei panni di Mary, un'inglese di mezza età, convertita all'Islam per amore del marito, Ahmed, un ufficiale di marina commerciale pakistano sulla rotta tra Dover e Calais, rimasta improvvisamente vedova, che scopre la doppia vita del marito dopo aver trovato la carta d'identità di una di una donna sconosciuta, Geneviève, nel suo portafogli e una serie di messaggi inequivocabili sul suo cellulare. Decide quindi di recarsi a Calais per affrontarla, pur essendo assalita dai dubbi su come fare e cosa dirle. La salva dall'imbarazzo proprio Geneviève, l'altrettanto brava Nathalie Richard, che vedendola titubante davanti alla porta di casa la scambia per la donna delle pulizie mandata dall'agenzia che aveva contattato per sistemare la casa nell'imminenza di un trasloco. Mary sta al gioco, e ha così occasione di osservare attraverso gli oggetti che si trovano nell'abitazione e la problematica inetrazione tra la donna francese il figlio Solomon, un ragazzo adolescente che non si capacita delle continue assenze del padre, ancora più agitato perché da giorni non risponde al cellulare, e che vorrebbe trasferirsi da lui in Inghilterra, le dinamiche dell'altra famiglia di Ahmed, per quanto "irregolare". Se Mary è il personaggio principale, e inizialmente lo spettatore vede scoprire i contorni di una diversa verità attraverso i suoi occhi, man mano che la storia procede entrano in gioco anche sentimenti e motivazioni degli altri protagonisti, e il loro punto di vista sulla relazione con il compagno e padre. Passa del tempo prima che Mary sveli alla "rivale" di essere la moglie inglese di cui Geneviève era a conoscenza ma di cui non voleva sapere nulla, conscia che Ahmed non l'avrebbe mai abbandonata, mentre la notizia non sconvolge più di tanto Solomon, che nel frattempo ha sviluppato una buona intesa istintiva con Mary, anche grazie ai manicaretti pakistani che lei ha occasione di preparargli e a colloqui che hanno in lingua urdu, che è un terreno comune su cui riescono a capirsi almeno per l'essenziale, essendo un idioma acquisito per entrambi. In una vicenda che ha al centro la scoperta di una verità sconosciuta e il diverso modo di vederla e affrontarla, simboleggiato anche dal fatto che le due donne vivono in realtà speculari come le due città che si fronteggiano su quello stretto, ma per molti aspetto largo tratto di mare, pur senza cadere nello sdolcinato e nel buonismo d'accatto, emerge anche l'opportunità di mettersi nei panni dell'altro, e per Mary sarà anche l'occasione per elaborare non solo il lutto per la morte del marito e quello per il suo tradimento, ma anche uno più lontano, la perdita della figlia morta alla nascita, che aveva avuto con Ahmed. Un film intelligente, composto, essenziale, ma anche molto suggestivo, che si affida più alle espressioni degli interpreti che alle parole, e che suggerisce anche temi diversi da quelli della doppia vita dello scomparso, a cominciare dall'abbraccio della fede musulmana per amore da parte di Mary. Un debutto davvero promettente per un giovane talento dal sicuro avvenire.
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