venerdì 4 febbraio 2022

Tiepide acque di primavera

 

"Tiepide acque di primavera" (Chun jiang shui nuan) di Xiaogang Gu. Con Zhenyang Dong, Hongjun Du, Wei Mu, Luqi Peng, Youfa Qian, Zhangjian Sun e altri. Cina 2019 ★★★★

Pittorico è l'aggettivo che meglio descrive questo film d'esordio di Xiaogang Gu, e primo di una trilogia che il regista cinese ha in progetto, e del resto il titolo originale è lo stesso di quello di un celebre dipinto della metà del 14° secolo di Huang Gongwan, costituito da un rotolo lungo ben sei metri, e pittorici sono gli scorci lungo il fiume Fuchun e le montagne che lo circondano, che Gu va a cercare fra quelli che rimangono intatti nel panorama della cittadina lacustre di Fuyang, un tempo placido centro rivierasco dedito alla pesca, stravolta a partire dall’inizio della fase di transizione economica avviata da Deng Xiao Ping, che ha subito un'accelerazione dal 1989 in poi, quando ha ospitato una cartiera che ha contribuito ad avvelenarne le acque, e quindi definitivamente assorbita nell'area urbana di Hangzhou, poco a Sud di Shanghai, con l'abbattimento di buona parte delle abitazioni rimaste, dietro indennizzi che non possono coprire neanche lontanamente i costi degli appartamenti di nuova costruzione in condomini costituiti da falansteri di altezze spropositate, con tutti i comfort previsti dai moderni criteri di abitabilità e socialità (non possono mancare scuole, campi da gioco, palestre, spazi comuni di un anonimato agghiacciante). Sono le bellezze del capitalismo, dunque il tema principale, che ricorre ossessivamente, sono i soldi, che non bastano mai, ed è questo il filo conduttore delle vicende di una famiglia, che coprono il corso di un anno, a partire dalla cena per festeggiare i 70 anni della madre di quattro fratelli nel ristorante del più anziano di essi, che lo conduce assieme alla moglie. Il secondogenito, da cui si rifornisce di materia prima, è un pescatore in difficoltà economiche che vive su una barca assieme alla moglie e al figlio; il terzo è un giocatore d'azzardo, perennemente indebitato, rimasto vedovo e con a carico un figlio handicappato: additato come la pecora nera, è in realtà quello più sensibile e ricco di umanità; l'ultimo è l'idiota di turno che, in una famiglia come si deve, non può mai mancare. Durante la cena l'anziana donna ha un infarto, e le discussioni famigliari, con relative sottili strategie da parte delle consorti per influenzare i mariti, prendono il via da chi deve curarsene, mantenerla e ospitarla, e inizialmente saranno i gestori del ristorante, alle prese anche con la figlia in rotta con la madre perché intende sposare il ragazzo di cui è innamorata, un giovane insegnante (povero ma bello e intelligente), e non il “buon partito” che la genitrice ha previsto per lei con lo scopo principale di risolvere i problemi economici del locale. Questo è il quadro generale e il film si compone di una serie di piccoli dettagli ed episodi che si susseguono e intrecciano nel tempo, che sono l'occasione per scrutare nelle pieghe dei caratteri dei vari personaggi, il tutto sullo sfondo di un panorama a tratti dolcissimo e a tratti stuprato da uno sviluppo disumanizzante e disarmonico. Frequente ma funzionale l'uso di piani sequenza assai suggestivi, bellissimo quello che accompagna dal largo i due innamorati in una lunga passeggiata sul sentiero alberato che segue il fiume; notevole la fotografia; si viene immersi man mano in un'atmosfera sospesa e circolare (del resto abbiamo a che fare con una cultura buddhista) e ne fa parte anche la lentezza solo apparente del film, che dura sì due ore e mezzo, ma senza che che questo stanchi o ammorbi lo spettatore. Il risultato è decisamente ottimo e incoraggiante per il futuro della carriera di Gu. 

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