"Marilyn ha gli occhi neri" di Simone Godano. Con Stefano Accorsi, Miriam Leone, Thomas Trabacchi, Mario Pirrello, Andrea Di Casa, Orietta Notari, Marco Messeri, Giulia Petrignani, Ariella Reggio e altri. Italia 2021 ★★★★
Quelli bravi si riconoscono subito, e Simone Godano lo è: dopo il felice esordio nel lungometraggio con il gustoso Moglie e marito con la coppia Favino-Smutnjak quattro anni fa, si conferma firmando, sempre insieme alla sceneggiatrice italo-americana Giulia Louise Steigerwalt, quest'altra commedia di buon gusto, divertente per quanto con un sottofondo amarognolo, spigliata il giusto, ottimista ma per nulla superficiale, che affronta il tema del disagio mentale senza retorica e con molta umanità. Anche questa volta uno dei segreti del successo è affidarsi a una coppia di attori affiatata e non scontata in questi ruoli come quella formata da Stefano Accorsi e Miriam Leone, che già avevano lavorato molto bene insieme nelle tre stagioni di 1992, 1993 e 1994, probabilmente la migliore serie televisiva italiana prodotta finora, che prendeva di petto il periodo di Tangentopoli e del nascente (e perdurante) berlusconismo. Lui, Diego, è uno chef affetto da tic e balbuzie che "sbrocca" facilmente, e dopo aver distrutto il ristorante dell'albergo di lusso dove lavorava in uno scatto d'ira perché un suo assistente non aveva seguito le sue istruzioni, per non perdere anche la possibilità di vedere la figlia, affidata alla moglie da cui è separato, è costretto ad andare in trattamento psichiatrico dove, assieme a un gruppo seguito da Paris, il sempre bravo Thomas Trabacchi, un volto che finalmente si vede più spesso sugli schermi, incontra Clara, una bugiarda patologica, mitomane, che lo toglie dai pasticci facendosi passare per la sua nuova fidanzata e fornendogli un alibi che gli evita l'ennesimo, serio e forse definitivo guaio con la ex consorte. Paris decide che il suo gruppo di disagiati vari, per evitare di avvitarsi su sé stessi, si occupi di interagire col prossimo e li incarica di preparare un pranzo nella sede del centro d'igiene mentale per i membri di una bocciofila dirimpettaia facendoli coordinare proprio da Clara, e l'esperimento riesce così bene da dare sfogo alla sua megalomania inducendola a creare la pagina web di un locale immaginario, il Monroe (l'attrice a cui si riferisce il titolo), e a scrivere una valanga di false recensioni iperboliche ed elogiative che lo fanno subito salire nella classifica di quelli più trendy, come si usa dire al giorno d'oggi, della capitale. Ma è quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare e cosiddetti "svitati" alla fine riescono a collaborare e a tenere botta, e il locale diventa davvero, a suo modo, di culto grazie alla fama acquisita sui social network per opera di Clara, e anche qui la sorniona critica al mondo virtuale risulta piuttosto efficace mostrando quanto facilmente e acriticamente le masse imbesuite seguano "a pecora" l'onda dell'ultima moda appena lanciata in rete. Ma non è questo il fulcro nel film, quanto la capacità di accettare i propri limiti e i difetti del prossimo, con il quale, se si vuole, si può cooperare per degli scopi concreti e degli obiettivi comuni, proprio perché nessuno è perfetto, a cominciare da chi si ritiene tale. Ossia, di norma, proprio coloro che si ritengono normali e in diritto di giudicare il prossimo in base ai propri parametri e pregiudizi. La mano del regista è felice e leggera, la sceneggiatura scorrevole ed equilibrata, ottima la sinergia della coppia di protagonisti, con una nota di merito in più per la versatilità di Miriam Leone, il tutto ben supportato dal resto del cast. Il tutto funziona, a dimostrazione che, se affidata alle mani giuste, la commedia intelligente in Italia ha ancora qualcosa da dire e da dare.
Nessun commento:
Posta un commento