venerdì 22 ottobre 2021

No Time To Die

"No Time To Die" di Cry Joji Fukunaga. Con Daniel Craig, Léa Seydoux, Naomie Harrys, Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Rory Kinnear, Ramy Malek, Ana de Armas, Lashana Links, Christoph Waltz, Jeffrey Wright e altri. USA, GB 2021 ★★★-

Non è tempo di morire, recita il titolo, eppure Daniel Craig, all'ultima interpretazione (la quinta) nei panni di James Bond, l'unico credibile dopo Sir Sean Connery, oltre a essere portatore di un virus letale per chi porta un DNA simile al suo (se ho ben capito nel guazzabuglio della trama, sempre più incomprensibile e fantasiosa), alla fine salta per aria insieme a tutta l'isola, situata fra Russia e Giappone, dove si trovava la base del cattivo di turno. Che questa volta non è la Spectre di Ernst Stavro Blofeld (riesumato da Christoph Waltz, al capolinea definitivo pure lui, fulminato dalla bioarma attorno a cui ruota tutto il film), bensì Lyutsifer Safin, cui dà il volto l'orrido Rami Malek (già Freddy Mercury in Bohemian Rapsody, che avevo accuratamente evitato di vedere a so tempo), che invece la Spectre la vuole sterminare, riuscendoci, perché da bambino gli hanno ucciso la famiglia e lui prima di impazzire del tutto si trasforma nel Vendicatore per eccellenza. Per farlo, si impossessa di un'arma biologica, incautamente sviluppata proprio dallo MI6 guidato dal mitico M (Ralph Fiennes). C'è un antefatto, che si svolge fra i "Sassi" di Matera, dove Bond e la sua fiamma, la giovane psicologa Madeleine Swann (Léa Seydoux), reduce da Spectre, il precedente film della saga, si godono una sorta di luna di miele, interrotta brutalmente da un attacco ordinato da Blofeld: 007 sospetta che la fanciulla nasconda qualcosa e la molla. Lo ritroviamo cinque anni più tardi, nel suo buon retiro in Giamaica dopo essersi autosospeso dal servizio attivo, dove viene rintracciato dal suo vecchio amico Felix Leiter della CIA (il terzo dei personaggi storici che defungerà prima della parola THE END) che gli chiede aiuto per rintracciare uno scienziato rapito assieme alla bioarma nel laboratorio segreto di Londra, poi fatto esplodere dagli uomini di Lyutsifer. Bond vola a casa, cazzia M per avere insistito a portare avanti il progetto Heracles (quello dell'arma biologica letale, che si scatena legandosi al DNA di chi si vuole colpire), e scopre di essere stato sostituito, come 007, da Nomi, una ragazza di colore, con cui alla fine gli tocca collaborare, per cui questa volta gli 007 saranno ben due, maschio e femmina, bianco e nera, per non farci mancare nulla: il gay il transgender ci sono stati per ora risparmiati, ma non è detto che ci si arrivi, perché di Bond sopravvive Mathilda, la figlia che James ha avuto da Madeleine, benché questa ne negasse, inizialmente, la paternità. Come sempre la trama è un puro pretesto per la messa in scena, che è godibile, inverosimile e movimentata come sempre a patto di non prendere il film sul serio, per quanto, da quando l'agente più famoso del mondo viene interpretato (impeccabilmente) da Daniel Craig, l'ironia e il tipico sense of humour inglese abbiano lasciato spazio agli psicologismi e all'introspezione. Si viaggia per il mondo, da Matera, come detto, ai Caraibi: dopo la Giamaica una tappa "esplosiva" a Cuba; nel prologo e poi verso la fine in Norvegia, dove non si sa perché abitino due francofone (Swann) e la figlia; ovviamente Londra (questa volta Q, l'inventore che fornisce gli aggeggi più strani a Bond e la fida Moneypenny hanno un ruolo più rilevante nell'azione stessa) infine il remoto Mare di Bering. Il cattivo di turno avrà ciò che si merita, l'umanità sarà salvata dal supremo sacrificio del Comandante Bond e due ore e 40' saranno passati ancora una volta senza quasi accorgersene, e scusate se è poco. Vedremo cosa saranno capaci di inventarsi la prossima volta, se ci sarà: Mathilda Bond come nuova zero-zero-setta?

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