"First Man - Il primo uomo" (First Man) di Damien Chazelle. Con Ryan Gosling, Claire Foy, Jason Clarke, Kyla Chandler, Corey Stoll, Patrick Fugit, Christopher Abbott, Ciarán Hinds e altri. USA 2018 ★★★★★
Ho i miei dubbi che l'Academy, riparando alla figura barbina fatta nell'edizione dell'anno scorso con La La Land, dopo aver premiato con l'Oscar il giovane Chazelle come miglior regista lo assegnino al suo First Man come miglior film: troppo poco patriottardo, per i gusti USA, uno che raccontando i momenti salienti della vita di Neil Armstrong, il primo uomo a mettere il piede sulla Luna, omette volutamente di proporre la scena della bandiera a stelle e strisce piantata sul suolo del nostro satellite. Particolare che fa crescere la mia stima nei suoi confronti, che già era alta. Come anche in Whiplash e, per l'appunto, La La Land, uno dei temi di fondo è l'ostinazione, il sacrificio, la volontà di realizzare un sogno e, forse, la nostalgia di tempi in cui era possibile farne; stavolta basandosi su una sceneggiatura non sua, ma tratta dalla biografia ufficiale scritta da James R. Hansen. Il ritratto che Chazelle fa dell'ingegnere-pilota-collaudatore che decide di entrare a far parte del Programma Gemini e, successivamente, delle missioni Apollo della NASA, che si concluderanno col con lo sbarco sulla Luna del luglio 1969, è quello di un uomo riservato, timido, talvolta impacciato nei rapporti col prossimo, specialmente con la moglie e i due figli maschi, in particolare dopo essere stato colpito da un lutto da cui non si è mai ripreso: la morte, a due anni, dell'amata figlioletta Karen, già in cura per un grave tumore infantile. E' a lei che aveva promesso la Luna, un impegno a cui terrà fede. Non c'è nulla di epico, retorico, roboante, eroico, né le riprese hanno bisogni di effetti speciali mirabolanti: anzi, è con estremo realismo che vengono mostrate le capsule sempre più piccole e claustrofobiche in cui vengono costretti a entrare gli astronauti, con i loro cigolii terrificanti, lamiere male assicurate, graffi nella verniciatura, viti mancanti, ed è alla verosimiglianza che dobbiamo l'emozione di trovarci, già nelle prime immagini, nella cabina di un aereo che sfonda per tre volte il muro del suono con Armstrong ai comandi per un volo di prova nei primi anni Sessanta, per poi rientrare a casa e condurre una vita ritirata assieme alla sua famiglia in una tranquilla località di campagna. Il film, lasciando sullo sfondo ma evocando efficacemente il clima dell'epoca, tra Guerra Fredda, Vietnam, contestazione, non nasconde né le difficoltà e i fallimenti incontrati nelle missioni che si sono susseguite, compresa la tragedia della prima missione Apollo nel gennaio del 1967, con i tre astronauti carbonizzati sulla rampa di lancio durante una simulazione del count-down, né i rapporti andati incrinandosi tra Armstrong (straordinariamente interpretato da Ryan Gosling, a mio parere da tempo uno dei migliori attori in circolazione) e la moglie, la sorprendente Claire Foy, fino al suo compimento. Raggiunto lo scopo, che per il governo americano era battere sul tempo i sovietici nella conquista dello spazio, tant'è vero che da allora l'interesse per le avventure lunari è completamente scomparso. Assieme al nemico, l'URSS, i sogni, la bella musica (la colonna sonora è, come sempre nei fil di Chazelle, di primissimo ordine) e l'eroismo "dal volto umano" di persone come Armstrong e tanti suoi colleghi. Un film coinvolgente, destinato a rimanere dentro a lungo.
Ho i miei dubbi che l'Academy, riparando alla figura barbina fatta nell'edizione dell'anno scorso con La La Land, dopo aver premiato con l'Oscar il giovane Chazelle come miglior regista lo assegnino al suo First Man come miglior film: troppo poco patriottardo, per i gusti USA, uno che raccontando i momenti salienti della vita di Neil Armstrong, il primo uomo a mettere il piede sulla Luna, omette volutamente di proporre la scena della bandiera a stelle e strisce piantata sul suolo del nostro satellite. Particolare che fa crescere la mia stima nei suoi confronti, che già era alta. Come anche in Whiplash e, per l'appunto, La La Land, uno dei temi di fondo è l'ostinazione, il sacrificio, la volontà di realizzare un sogno e, forse, la nostalgia di tempi in cui era possibile farne; stavolta basandosi su una sceneggiatura non sua, ma tratta dalla biografia ufficiale scritta da James R. Hansen. Il ritratto che Chazelle fa dell'ingegnere-pilota-collaudatore che decide di entrare a far parte del Programma Gemini e, successivamente, delle missioni Apollo della NASA, che si concluderanno col con lo sbarco sulla Luna del luglio 1969, è quello di un uomo riservato, timido, talvolta impacciato nei rapporti col prossimo, specialmente con la moglie e i due figli maschi, in particolare dopo essere stato colpito da un lutto da cui non si è mai ripreso: la morte, a due anni, dell'amata figlioletta Karen, già in cura per un grave tumore infantile. E' a lei che aveva promesso la Luna, un impegno a cui terrà fede. Non c'è nulla di epico, retorico, roboante, eroico, né le riprese hanno bisogni di effetti speciali mirabolanti: anzi, è con estremo realismo che vengono mostrate le capsule sempre più piccole e claustrofobiche in cui vengono costretti a entrare gli astronauti, con i loro cigolii terrificanti, lamiere male assicurate, graffi nella verniciatura, viti mancanti, ed è alla verosimiglianza che dobbiamo l'emozione di trovarci, già nelle prime immagini, nella cabina di un aereo che sfonda per tre volte il muro del suono con Armstrong ai comandi per un volo di prova nei primi anni Sessanta, per poi rientrare a casa e condurre una vita ritirata assieme alla sua famiglia in una tranquilla località di campagna. Il film, lasciando sullo sfondo ma evocando efficacemente il clima dell'epoca, tra Guerra Fredda, Vietnam, contestazione, non nasconde né le difficoltà e i fallimenti incontrati nelle missioni che si sono susseguite, compresa la tragedia della prima missione Apollo nel gennaio del 1967, con i tre astronauti carbonizzati sulla rampa di lancio durante una simulazione del count-down, né i rapporti andati incrinandosi tra Armstrong (straordinariamente interpretato da Ryan Gosling, a mio parere da tempo uno dei migliori attori in circolazione) e la moglie, la sorprendente Claire Foy, fino al suo compimento. Raggiunto lo scopo, che per il governo americano era battere sul tempo i sovietici nella conquista dello spazio, tant'è vero che da allora l'interesse per le avventure lunari è completamente scomparso. Assieme al nemico, l'URSS, i sogni, la bella musica (la colonna sonora è, come sempre nei fil di Chazelle, di primissimo ordine) e l'eroismo "dal volto umano" di persone come Armstrong e tanti suoi colleghi. Un film coinvolgente, destinato a rimanere dentro a lungo.
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