"Troppa Grazia" di Gianni Zanasi. Con Alba Rohrwacher, Elio Germano, Giuseppe Battiston, Hadas Yaron, Rosa Vannucci, Carlotta Natoli, Teco Celio, Thomas Trabacchi, Daniele De Angelis e altri. Italia 2018 ★★½
Altro film che parte col piede giusto, scoppiettante, imprevedibile, sorprendente, e si va via via spegnendo: non negli ultimi dieci minuti come Chesil Beach, ma in tutta la sua seconda parte, in cui sembra perdersi tutta la verve, la freschezza e l'originalità della prima. E nulla può l'eccellente interpretazione della generosa e versatile Alba Rohrwacher, né quelle degli altri ottimi attori che le fanno da spalla: la trama, che nella surrealtà aveva la sua forza provocatoria (una Madonna vestita da profuga dimessa e dall'atteggiamento decisionista che appare a una geometra esperta in rilevamenti catastali, ragazza madre tanto pignola sul lavoro quanto confusionaria nella sua vita privata, e interferisce nella sua esistenza), si sfilaccia col risultato di non portare da nessuna parte, salvo in una sorta di paradiso bucolico, una vallata sotterranea svelata in seguito all'attentato a un cantiere che avrebbe dovuto edificare l'ennesima pensata del solito architetto sulla cresta dell'onda. Lucia (Rohrwacher) è una "disgraziata", come la definisce Paolo (Battiston) un assessore o sindaco di un paesino probabilmente toscano e suo vecchio amico per giustificare la sua scelta per mettere la firma a un progetto a cui tiene: troppo disgraziata per fare storie e non passare sopra a delle palesi irregolarità, ma appare, per l'appunto, la Madonna a cambiare le carte in tavola e a favorire il miracolo, ossia la "grazia", di una giustizia che per una volta si realizza non a opera delle istituzioni preposte ma per via del tutto illegale oltre che "divina". Gli spunti originali non mancano, alcune scene e scambi di battute sono decisamente originali e divertenti ma questa volta non bastano per ripetere il "miracolo" de La felicità è un sistema complesso, il film precedente del regista emiliano, che pure di talento ne ha e, paradossalmente, fanno precipitare la pellicola, nel suo complesso, nello scontato e nel luogocomunismo della commedia italiota, per quanto riveduta e corretta al l'insegna di una sorta di realismo magico, ed è un vero peccato: ma sono altresì convinto che Gianni Zanasi si rifarà alla prossima occasione.
Altro film che parte col piede giusto, scoppiettante, imprevedibile, sorprendente, e si va via via spegnendo: non negli ultimi dieci minuti come Chesil Beach, ma in tutta la sua seconda parte, in cui sembra perdersi tutta la verve, la freschezza e l'originalità della prima. E nulla può l'eccellente interpretazione della generosa e versatile Alba Rohrwacher, né quelle degli altri ottimi attori che le fanno da spalla: la trama, che nella surrealtà aveva la sua forza provocatoria (una Madonna vestita da profuga dimessa e dall'atteggiamento decisionista che appare a una geometra esperta in rilevamenti catastali, ragazza madre tanto pignola sul lavoro quanto confusionaria nella sua vita privata, e interferisce nella sua esistenza), si sfilaccia col risultato di non portare da nessuna parte, salvo in una sorta di paradiso bucolico, una vallata sotterranea svelata in seguito all'attentato a un cantiere che avrebbe dovuto edificare l'ennesima pensata del solito architetto sulla cresta dell'onda. Lucia (Rohrwacher) è una "disgraziata", come la definisce Paolo (Battiston) un assessore o sindaco di un paesino probabilmente toscano e suo vecchio amico per giustificare la sua scelta per mettere la firma a un progetto a cui tiene: troppo disgraziata per fare storie e non passare sopra a delle palesi irregolarità, ma appare, per l'appunto, la Madonna a cambiare le carte in tavola e a favorire il miracolo, ossia la "grazia", di una giustizia che per una volta si realizza non a opera delle istituzioni preposte ma per via del tutto illegale oltre che "divina". Gli spunti originali non mancano, alcune scene e scambi di battute sono decisamente originali e divertenti ma questa volta non bastano per ripetere il "miracolo" de La felicità è un sistema complesso, il film precedente del regista emiliano, che pure di talento ne ha e, paradossalmente, fanno precipitare la pellicola, nel suo complesso, nello scontato e nel luogocomunismo della commedia italiota, per quanto riveduta e corretta al l'insegna di una sorta di realismo magico, ed è un vero peccato: ma sono altresì convinto che Gianni Zanasi si rifarà alla prossima occasione.
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