"La felicità è un sistema complesso" di Gianni Zanasi. Con Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli, Camilla Martini, Maurizio Donadoni, Teco Celio, Daniele De Angelis, Maurizio Lastrico, Paolo Briguglia, Francesco Diele. Italia 2015 ★★★½
Un film inconsueto, che conferma le qualità di Zanasi, qui regista e co-sceneggiatore, autore non prolifico ma originale: l'ultimo suo lungometraggio, Non pensarci, è del 2007. Come allora, il protagonista è Valerio Mastandrea, nei panni di Enrico Giusti, un "tagliatore di teste" di tipo particolare: individua gli eredi di grandi aziende, i rampolli di seconda generazione generalmente incapaci di gestirle, convincendoli a cedere le loro quote prima di provocare disastri e la riduzione al lastrico di dipendenti e azionisti, alla società per cui lavora, che a sua volta le piazzerà a investitori ritenuti all'altezza, e di godersi la vita facendo come meglio credono occupandosi di quel che sono in grado di fare ma evitando di causare danni irreparabili. Si è inventato insomma un mestiere: non tanto e non solo per vocazione, ma per una sorta di dovere morale, per espiare in qualche modo la colpa del padre, un piccolo imprenditore che, di fronte a un fallimento, ha preferito fuggire in Canada abbandonando lui e il fratello minore Nicola. Un altro "fuggitivo" davanti alle responsabilità, questa volta di un rapporto sentimentale, tantoché Enrico si ritrova tra capo e collo la sua fidanzata, Achrinoam, già studentessa "Erasmus", tornata in Italia a cercarlo. Mentre si trova a gestire la sua imprevista ospite, che nel frattempo ha anche tentato il suicidio, le cose cambiamo repentinamente anche dal punto di vista lavorativo quando Enrico si trova ad avere a che fare con i fratelli Filippo e Camilla, lui ventenne e lei tredicenne, rimasti improvvisamente orfani di due imprenditori trentini vittime di un incidente stradale: nell'interazione con loro, anche a causa dell'inopinata presenza di Achrinoam, che gli tocca far passare come sua assistente, comincia ad apprezzarne le qualità e a vedere le cose in un'ottica differente da quella a cui era professionalmente abituato, quasi paterna nei confronti dei due ragazzi, il che lo porterà da un lato a fare una scelta radicale e dall'altro ad affrancarsi dal conflitto col proprio padre, quello che invece evita il suo socio in affari Carlo, sottraendosi per mezzo dell'eroina al confronto col proprio e con delle domande scomode e più profonde. Buona parte della riuscita del film è affidata alle spalle del protagonista, Mastandrea, che si conferma perfetto nell'interpretare personaggi complessi, dubbiosi, malinconici, capaci di ironia e autoironia senza cadere mai nel ridicolo e nel macchiettismo, così come leggero è il tocco di Zanasi nel raccontare la vicenda, concedendosi qualche tocco fiabesco ad alleggerire le situazioni e avvalendosi di una colonna sonora estremamente puntuale e azzeccata, quasi "sorrentiniana", che finisce per essere uno dei punti di forza di questo film. L'auspicio è quello di rivedere all'opera Zanasi prima che passino altri otto anni.
Un film inconsueto, che conferma le qualità di Zanasi, qui regista e co-sceneggiatore, autore non prolifico ma originale: l'ultimo suo lungometraggio, Non pensarci, è del 2007. Come allora, il protagonista è Valerio Mastandrea, nei panni di Enrico Giusti, un "tagliatore di teste" di tipo particolare: individua gli eredi di grandi aziende, i rampolli di seconda generazione generalmente incapaci di gestirle, convincendoli a cedere le loro quote prima di provocare disastri e la riduzione al lastrico di dipendenti e azionisti, alla società per cui lavora, che a sua volta le piazzerà a investitori ritenuti all'altezza, e di godersi la vita facendo come meglio credono occupandosi di quel che sono in grado di fare ma evitando di causare danni irreparabili. Si è inventato insomma un mestiere: non tanto e non solo per vocazione, ma per una sorta di dovere morale, per espiare in qualche modo la colpa del padre, un piccolo imprenditore che, di fronte a un fallimento, ha preferito fuggire in Canada abbandonando lui e il fratello minore Nicola. Un altro "fuggitivo" davanti alle responsabilità, questa volta di un rapporto sentimentale, tantoché Enrico si ritrova tra capo e collo la sua fidanzata, Achrinoam, già studentessa "Erasmus", tornata in Italia a cercarlo. Mentre si trova a gestire la sua imprevista ospite, che nel frattempo ha anche tentato il suicidio, le cose cambiamo repentinamente anche dal punto di vista lavorativo quando Enrico si trova ad avere a che fare con i fratelli Filippo e Camilla, lui ventenne e lei tredicenne, rimasti improvvisamente orfani di due imprenditori trentini vittime di un incidente stradale: nell'interazione con loro, anche a causa dell'inopinata presenza di Achrinoam, che gli tocca far passare come sua assistente, comincia ad apprezzarne le qualità e a vedere le cose in un'ottica differente da quella a cui era professionalmente abituato, quasi paterna nei confronti dei due ragazzi, il che lo porterà da un lato a fare una scelta radicale e dall'altro ad affrancarsi dal conflitto col proprio padre, quello che invece evita il suo socio in affari Carlo, sottraendosi per mezzo dell'eroina al confronto col proprio e con delle domande scomode e più profonde. Buona parte della riuscita del film è affidata alle spalle del protagonista, Mastandrea, che si conferma perfetto nell'interpretare personaggi complessi, dubbiosi, malinconici, capaci di ironia e autoironia senza cadere mai nel ridicolo e nel macchiettismo, così come leggero è il tocco di Zanasi nel raccontare la vicenda, concedendosi qualche tocco fiabesco ad alleggerire le situazioni e avvalendosi di una colonna sonora estremamente puntuale e azzeccata, quasi "sorrentiniana", che finisce per essere uno dei punti di forza di questo film. L'auspicio è quello di rivedere all'opera Zanasi prima che passino altri otto anni.
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