mercoledì 4 novembre 2015

La legge del mercato

"La legge del mercato" (La loi du marché) di Stéphane Brizé. Con Vincent Lindon, Karine de Mirbek, Matthieu Schaller, Yves Ory, Xavier Mathieu, Paul Portoleau, Pierre-Jean Feld, Philippe Vesco, Christophe Rossignon, Noël Mairot, Catherine Saint-Bonnet, Roland Thomin, Hakim Makoudi, Tevi Lawson, Faiçal Addou. Francia 2015 ★★★½
Quello di Brizé (coprodotto con Lindon, l'ottimo personaggio protagonista, e da Rossignon) è un film la cui pesantezza e relativa lentezza sono dovuti tanto alla crudezza dell'argomento, doloroso e quanto mai attuale, quanto alla modalità in cui è stato girato: con attori in buona parte non professionisti, ma scelti tra persone che, nella loro vita lavorativa, svolgono le medesime mansioni dei personaggi della pellicola, e per retribuire i quali quelli professionisti, Lindon in testa, si sono autoridotti il compenso. Thierry è un uomo semplice (come da titolo alternativo del film per la distribuzione internazionale, A Simple Man) quanto integro che, a 51 anni, con una moglie e un figlio disabile, si trova a fare tutta la trafila dei corsi di formazione e reinserimento al lavoro, per lo più utile soltanto a chi li organizza, dopo aver perso il posto perché l'azienda dove ha trascorso 25 anni della sua vita lavorativa ha chiuso per "delocalizzare" la produzione all'estero lasciando i 750 addetti sulla strada: una situazione in cui nell'UE si trovano ormai centinaia di migliaia di persone. Alla fine del "percorso" trova un posto come sorvegliante anti-taccheggio in un grande magazzino, che non centra nulla con la materia dei corsi d cui sopra ma che gli garantisce comunque uno stipendio dignitoso. Quel che è meno dignitoso, è quanto gli viene richiesto: non soltanto prendere di mira ladruncoli, spesso pensionati ridotti senza un soldo in tasca metà mese, ma anche i colleghi e in particolare modo quelle cassiere che non hanno accettato un piano di prepensionamento proposto dall'azienda, perché la parola d'ordine è sempre e soltanto una: ridurre il costo del lavoro e aumentare la "produttività", ma alla fine i principi morali di Thierry avranno la meglio sulle logiche dei "responsabili delle risorse umane". Si tratta di un film di denuncia che lascia parlare i fatti e i personaggi nella loro autenticità, grigia quanto quotidiana, senza bisogno di forzature e drammatizzazioni, e risparmia allo spettatore una "dardennizzazione" che a volte risulta eccessiva: per quanto possa risultare sgradevole e lasciare la bocca amara, merita di essere visto perché racconta una verità che si preferisce rimuovere. 

2 commenti:

  1. Non riesco oggi a reperire il dato preciso però, tenuto conto del numero degli espulsi dal lavoro per identiche motivazioni (ristrutturazioni aziendali, cessazioni, ecc.), e del numero complessivo dei disoccupati UE, direi che la "...nell'UE si trovano ormai centinaia di migliaia di persone..." è ottimista.
    Tendo a pensare siano milioni, le persone che vivono condizioni uguali in tutto e per tutto a quelle che descrive il film.

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  2. Secondo Eurostat i disoccupati "ufficiali" in ambito UE sono a settembre 2015 circa 23 milioni (vedi link sotto) ai quali però bisogna aggiungere gli innoccupati, cioè quelli che non sono iscritti ad alcun elenco e quindi non compaiono e i sotto occupati. La cifra reale secondo alcuni si avvicina ai 45 milioni solo in ambito comunitario.
    Conosco bene la situazione illustrata dal film, comune a tanti che conosco più o meno coetani che hanno perso il lavoro o con un posto di lavoro a rischio che, in caso di chiusura, si troverebbero sicuramente ad affrontare gli analoghi problemi del protagonista, soprattutto grazie a quella certa riforma pensionistica che sappiamo.
    Mandi.
    Raffaele

    http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Unemployment_statistics

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/16/germania-ecco-come-e-cresciuta-abbassando-i-salari-ed-esportando-debito-e-disoccupazione-nel-resto-della-ue/2132429/

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