"Gli ultimi saranno ultimi" di Massimiliano Bruno. Con Paola Cortellesi, Alessandro Gassmann, Fabrizio Bentivoglio, Stefano Fresi, Ilaria Strada e altri. Italia 2015 ★
Trascorsi due giorni da quando ho visto questo filmetto, non lo lascio sedimentare oltre perché man mano che passa il tempo cresce l'irritazione e finirei per infierire più di quanto meriti coinvolgendo nel giudizio anche attori che apprezzo, come i tre interpreti principali e pure quelli di contorno, che hanno fatto del loro meglio. Purtroppo per loro, si sono messi nelle mani di un regista che sarà anche bravo dietro alla telecamera a sfornare prodotti di gusto televisivo, ma che trasposti sul grande schermo, per di più con sbandierati e ambiziosi intenti "sociali" e di denuncia, producono un risultato penoso. Peggio, controproducente: argomenti seri come il lavoro precario e, nel suo ambito e non solo, la condizione di persistente inferiorità femminile; la fragilità (e anche il vittimismo: diciamolo, una buona volta!) di una generazione che finisce per ingoiare tutto; l'inquinamento elettromagnetico e la persistente invadenza della chiesa cattolica nella vita italiana, sono miscelati in maniera così pretestuosa e incongrua in un calderone di luoghi comuni, al cui confronto anche un film non particolarmente riuscito come Noi e la Giulia brilla per originalità e Smetto quando voglio assurge a capolavoro assoluto. Mettiamoci anche la parlata immancabilmente romanesca anche se risciacquata nelle acque innocenti dell'incantevole lago di Bracciano; il fastidiosissimo product-placing (la sponsorizzazione di una operaia precaria a cui non viene rinnovato il contratto a termine perché ha avuto la dabbenaggine di farsi scoprire incinta da parte della Cera di Cupra dice tutto) per non parlare delle riprese da cartolina turistica di Anguillara Sabazia, culminate con quelle della festa del Santo Patrono che è ormai un must della "nuova commedia all'italiana" e l'onnipresenza della Banca della Tuscia e dell'ACOTRAL, e abbiamo fatto il pieno. Ma non è ancora tutto: perché a furia di buonismo molesto e l'opportunistico "politicamente corretto" (e cagasotto, cinematograficamente parlando ), la protagonista, Luciana (Paola Cortellesi), passa per una perfetta deficiente: non paga di aver sposato e di mantenere Stefano, un giovinastro immaturo, orgogliosamente ignorante, inetto, stupido e irresponsabile (Alessandro Gassman: ma chi te cha fatto fare?) che prima la mette incinta e, proprio nel momento in cui lei va in crisi, la cornifica pure; si affida, implorandolo, a un sindacalista cialtrone per rinnovare il contratto (precario); chiede sempre scusa, implora raccomandazioni, accetta di tutto pur di riavere la propria vita di merda (e una paga altrettanto di merda) fino al punto di "scoppiare" e sottrarre l'arma a una guardia della fabbrica che l'ha silurata, e avere i suoi "cinque minuti di gloria" (e di follia) che almeno si risolvessero in una sacrosanta e liberatoria vendetta, e invece no: nell'implorare in lacrime il viscido quanto arrogante padrone delle ferriere, seppur con la pistola in pugno, di poter tornare a essere una sua schiava. Il suo destino si incontra a quel punto con quello di un altro sfigato, Antonio, un poliziotto veneto catapultato per punizione nell'Alto Lazio (da quando la PS e non i Carabinieri in una cittadina di 20 mila abitanti? Mah!), altrettanto casualmente come il buon Fabrizio Bentivolglio nel suo ruolo, che avrà la sua rivalsa sui colleghi che lo tormentano per un fatto ritenuto "increscioso" dalla mentalità sbirresca. Naturalmente tutto finisce in gloria: Mario, il padre di Luciana, già morto di cancro per radiazioni elettromagnetiche da ripetitori (che sono sempre lì) rivive nel figlio che porta il suo nome; Stefano, quello che andava avanti a cazzeggiare tra "mezzi affari" e scommesse perché "non voleva stare sotto padrone", si è ravveduto, è diventato imprenditore di sé stesso aprendo la partita IVA e dunque un'officina; Luciana è radiosa nella sua mammitudine e se la passa bene anche il travestito Manuel, ingrediente imprescindibile in onore al LGBT friendly anche se non centrava una mazza con tutta la storia, e magari Walter Veltroni nel frattempo è diventato sindaco di Anguilla Sabazia. Amen.
Trascorsi due giorni da quando ho visto questo filmetto, non lo lascio sedimentare oltre perché man mano che passa il tempo cresce l'irritazione e finirei per infierire più di quanto meriti coinvolgendo nel giudizio anche attori che apprezzo, come i tre interpreti principali e pure quelli di contorno, che hanno fatto del loro meglio. Purtroppo per loro, si sono messi nelle mani di un regista che sarà anche bravo dietro alla telecamera a sfornare prodotti di gusto televisivo, ma che trasposti sul grande schermo, per di più con sbandierati e ambiziosi intenti "sociali" e di denuncia, producono un risultato penoso. Peggio, controproducente: argomenti seri come il lavoro precario e, nel suo ambito e non solo, la condizione di persistente inferiorità femminile; la fragilità (e anche il vittimismo: diciamolo, una buona volta!) di una generazione che finisce per ingoiare tutto; l'inquinamento elettromagnetico e la persistente invadenza della chiesa cattolica nella vita italiana, sono miscelati in maniera così pretestuosa e incongrua in un calderone di luoghi comuni, al cui confronto anche un film non particolarmente riuscito come Noi e la Giulia brilla per originalità e Smetto quando voglio assurge a capolavoro assoluto. Mettiamoci anche la parlata immancabilmente romanesca anche se risciacquata nelle acque innocenti dell'incantevole lago di Bracciano; il fastidiosissimo product-placing (la sponsorizzazione di una operaia precaria a cui non viene rinnovato il contratto a termine perché ha avuto la dabbenaggine di farsi scoprire incinta da parte della Cera di Cupra dice tutto) per non parlare delle riprese da cartolina turistica di Anguillara Sabazia, culminate con quelle della festa del Santo Patrono che è ormai un must della "nuova commedia all'italiana" e l'onnipresenza della Banca della Tuscia e dell'ACOTRAL, e abbiamo fatto il pieno. Ma non è ancora tutto: perché a furia di buonismo molesto e l'opportunistico "politicamente corretto" (e cagasotto, cinematograficamente parlando ), la protagonista, Luciana (Paola Cortellesi), passa per una perfetta deficiente: non paga di aver sposato e di mantenere Stefano, un giovinastro immaturo, orgogliosamente ignorante, inetto, stupido e irresponsabile (Alessandro Gassman: ma chi te cha fatto fare?) che prima la mette incinta e, proprio nel momento in cui lei va in crisi, la cornifica pure; si affida, implorandolo, a un sindacalista cialtrone per rinnovare il contratto (precario); chiede sempre scusa, implora raccomandazioni, accetta di tutto pur di riavere la propria vita di merda (e una paga altrettanto di merda) fino al punto di "scoppiare" e sottrarre l'arma a una guardia della fabbrica che l'ha silurata, e avere i suoi "cinque minuti di gloria" (e di follia) che almeno si risolvessero in una sacrosanta e liberatoria vendetta, e invece no: nell'implorare in lacrime il viscido quanto arrogante padrone delle ferriere, seppur con la pistola in pugno, di poter tornare a essere una sua schiava. Il suo destino si incontra a quel punto con quello di un altro sfigato, Antonio, un poliziotto veneto catapultato per punizione nell'Alto Lazio (da quando la PS e non i Carabinieri in una cittadina di 20 mila abitanti? Mah!), altrettanto casualmente come il buon Fabrizio Bentivolglio nel suo ruolo, che avrà la sua rivalsa sui colleghi che lo tormentano per un fatto ritenuto "increscioso" dalla mentalità sbirresca. Naturalmente tutto finisce in gloria: Mario, il padre di Luciana, già morto di cancro per radiazioni elettromagnetiche da ripetitori (che sono sempre lì) rivive nel figlio che porta il suo nome; Stefano, quello che andava avanti a cazzeggiare tra "mezzi affari" e scommesse perché "non voleva stare sotto padrone", si è ravveduto, è diventato imprenditore di sé stesso aprendo la partita IVA e dunque un'officina; Luciana è radiosa nella sua mammitudine e se la passa bene anche il travestito Manuel, ingrediente imprescindibile in onore al LGBT friendly anche se non centrava una mazza con tutta la storia, e magari Walter Veltroni nel frattempo è diventato sindaco di Anguilla Sabazia. Amen.
Nessun commento:
Posta un commento