mercoledì 18 novembre 2015

Diario di una casalinga serba


"Diario di una casalinga serba" (Dnenvnik srpske domaćice), monologo liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Mirjana Bobić Mojsilović, interpretato da Ksenija Martinović. Regia di Fiona Sansone. Produzione CSS-Teatro stabile di innovazione del FVG/Progetto StartART. Al Teatro San Giorgio di Udine fino al 22 novembre.
Una donna allo specchio, che si confronta coi propri ricordi, è quella che interpreta, con grande energia, versatilità espressiva e convinzione la ventiseienne attrice belgradese, ma ormai da molti anni in Italia, che con questo suo adattamento di un romanzo di successo di Mirjana Bobić Martinović, sua concittadina molto famosa in patria, ha vinto il Premio Nazionale Giovani Realtà del 2014 per il settore monologo: dopo averla vista in azione, penso si possa dire che è molto più di una promessa e che molto bene ha fatto il CSS a sostenerne la produzione. Ksenija Martinović/Andjelka si muove in uno spazio a ridosso del pubblico, che lo condivide, tra casse vuote, pacchi di giornali, vestiti e vecchie scarpe e armeggiando con un registratore in cui a tratti riascolta la propria voce o musiche e radiotelegiornali dei tempi passati, ripercorrendo sul filo della memoria la propria crescita e quella della propria generazione, quella nata sul finire degli anni Sessanta, che ha fatto in tempo a far parte orgogliosamente dei "pionieri" quando "tutto era Tito e Tito era tutto", la SFRJ, un Paese in cui si poteva progettare ottimisticamente un futuro, proiettato all'esterno, a metà strada tra Est e Ovest, non appartenente ad alcun blocco e anzi leader di quelli "non allineati" e l'unico tra quelli comunisti a "essere in blue jeans" (comprati a Trieste); adolescente nel 1980, alla morte del Maresciallo, che ha poi vissuto il progressivo passaggio dall'amore per il padre della patria, la Jugoslavia interetnica multiculturale e multireligiosa quando non serenamente agnostica (spesso all'interno della medesima famiglia) a quello verso la Serbia e i suoi demagoghi, Milošević e Drašković, fino alla dolorosa maturità al tempo della guerra fratricida degli anni Novanta che ha disgregato definitivamente il Paese (con enormi responsabilità esterne, ma su questo ha avuto la pietà di non insistere) e ai criminali bombardamenti della NATO su Belgrado, dove nel frattempo l'atmosfera di armoniosa convivenza era andata a pezzi. La sua esistenza va di pari passo con la storia degli ultimi anni della Jugoslavia e la bravissima interprete si trasforma dalla bambina col volto da bambola alla ragazza entusiasta; dalla elegante donna fatta, che ha già alle spalle un matrimonio fallito ma diventa nazionalista convinta solo per il bisogno di credere a qualcosa a una casalinga disillusa, che avrebbe voluto fare l'attrice e si ritrova a fare i conti con un passato che né lei né la sua generazione ha mai potuto decidere, i più cari amici morti o emigrati, il fratello in un ospedale psichiatrico, forse per sfuggire alle proprie responsabilità che lo porterebbero in galera. Un'ora di recital, intenso, coinvolgente, a tratti commovente, almeno per chi ha amato e rispettato quel Paese e la sua varietà e vivacità culturale. Che per fortuna è rimasta nei suoi talentuosi eredi, a qualunque delle ex repubbliche appartengano.

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