"L'ultima recita di Salomè" da Oscar Wilde. Uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Con Ferdinando Bruni, Enzo Curcurù e Mauro Bernardi. Luci di Nando Frigerio, suono di Luca De Marinis. Produzione Teatro dell'Elfo. Al Teatro Elfo/Puccini di Milano fino al 22 novembre.
Intenso, emozionante, farsesco spettacolo en travesti, tra la tragedia e il burlesque, tra il serio e il faceto, tratto dalla Salomè di Oscar Wilde, rivisitata dagli autori inserendovi brani tratti da altre opere del grande scrittore britannico, come Il De Profundis e, soprattutto, Ballata dal carcere di Reading. L'atto unico è ambientato in una sorta di Luna Park di periferia e vede in azione Enzo Curcurù e Ferdinando Bruni che si triplicano per interpretare rispettivamente il primo Mavor Parker, una sorta di domatore e "buttadentro" che con fare da imbonitore presenta il "prodigioso spettacolo", personaggio di fantasia che richiama due amanti di Wilde che lo tradirono accusandolo di sodomia e, di seguito, il Giovane siriano sorvegliante del prigionieri Iokanaan ed Erodiade; il secondo lo stesso Wilde, incarcerato, Iokanaan, anch'esso in catene, ed Erode, innamorato di Salomè, a cui dà corpo (e la locuzione è quanto mai appropriata) Mauro Bernardi, in un ruolo così impegnativo da bastargli da solo: senza nulla togliere alla bravura e all'espressività degli altri due, sono le sue movenze sinuose e conturbanti che nulla hanno di forzato, "checchesco" e innaturale, ma che esprimono sensualità e femminilità senza bisogno di aggettivi, a restare impresse a lungo. Come sempre in uno spettacolo dell'Elfo luci e suoni hanno una parte essenziale, e la scelta di rappresentarlo in uno spazio relativamente raccolto come la Sala Fassbinder del teatro, coi suoi 200 posti, contribuisce a rendere ancora più "satura" di erotismo e coinvolgente l'atmosfera. Wilde, Iokanaan ed Erodiade, tre personaggi tutti a loro modo prigionieri: il primo nella realtà, il secondo della sua inflessibilità, il terzo della propria passione, uniti nell'esigenza di esprimere con le parole il proprio amore e reclamare la sua dignità, pur coscienti del fatto, ed è questa la "morale", che ognuno finisce per uccidere ciò che ama: cambia solo la modalità. Poco rappresentata in Italia questa Salomè (anche se rimane memorabile quella del 1972 du Carmelo Bene) è caldamente raccomandata.
chissà se arriverà anche nelle province dell'Impero...
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