"Dio esiste e vive a Bruxelles" (Le Tout Nouveau Testament) di Jaco Van Dormael. Con Pili Groyne, Benoït Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Larivière, Didier de Neck, Marco Lorenzini, Romain Gelin, Anna Tenta, Johan Heldenbergh. Lussemburgo, Francia, Belgio 2015★★★★
Non sapevo nemmeno che esistesse una comicità belga, e invece esiste eccome, così come esiste dio, nella versione di Van Dormael, e ha la faccia stralunata di Benoït Poelvoorde: un dio carogna, dispettoso, stronzo, misogino, che vive chiuso in un appartamento blindato passando il tempo a guardare partite di hockey su ghiaccio in TV e aggirandosi in per casa in ciabatte e canotta e vestaglia, che "dirige le operazioni" tramite computer da una stanza off limits elaborando le "leggi universali della sfiga" e mettendole implacabilmente in atto a spese degli umani mentre si gonfia di birra. Con lui vivono una moglie succube, che si limita a fare pulizie, servirlo e a essere taciturno oggetto del suo disprezzo, e la figlioletta ribelle Ea, che si fa paladina dell'umanità oppressa seguendo le orme del fratello JC, un Gesù Cristo uguale a quello parlante della sagra Don Camillo e Peppone, a sua volta sfuggito alle grinfie del padre per finire crocifisso, che le rivela la maniera di scappare dall'incubo claustrofobico di quell'appartamento: l'oblò di una lavatrice. Così Ea prima entra di soppiatto nella stanza "sala comandi" dopo avergli sottratto le chiavi del sancta sanctorum approfittando di una dormita post sbronza del genitore, manomette il PC, svela il sadismo del padre spedendo a ogni individuo un SMS in cui rivela la data di morte la lui programmata e esce nel vasto mondo (la piovosa capitale belga), dove nel frattempo ognuno si è messo a pensare a come occupare i giorni che gli restano da vivere seguendo le proprie più intime inclinazioni e senza più condizionamenti, con l'intento di reclutare 6 apostoli che scrivano il Nuovo Nuovo Testamento raccontando, questa volta, la propria vita invece che quella del figlio di dio e che, sommandosi ai 12 di JC (immortalati in una copia dell'Ultima Cena di Leonardo attorno al Maestro), raggiungeranno il numero 18, fatale per attivare le potenzialità della moglie del capriccioso e tirannico capo supremo. Incazzato come una belva, anche dio si catapulta nel mondo reale alla ricerca della figlia sperando di convincerla a ripristinare la precedente configurazione del computer, ma oltre a non essere creduto da nessuno, meno che mai dai ministri del proprio culto, è talmente arrogante e insopportabile da diventare inviso perfino a un prete di strada che si occupa di sans papier finendo per essere deportato in Uzbekistan a lavorare in una catena di montaggio mentre a dirigere le cose del mondo lo sostituisce la moglie, svampita ma di buon cuore. Suddiviso in capitoli dal titolo di quelli della Bibbia, il film scorre veloce, beffardo, mai volgare, in forma di fiaba moderna ispirata sia a Chaplin sia ai Monty Python: il divertimento è assicurato e la "morale", ammesso che l'intenzione sia di averne una, è condivisibile da chiunque sia così assennato da non credere a una divinità, almeno per come è dipinta dalle tre grandi religioni monoteiste, un mostro a tre teste che si equivalgono, producendo i medesimi effetti perversi sulla mente degli uomini. E già questo è un merito che va riconosciuto a Van Doemael e rende il film meritevole del prezzo del biglietto di per sé.
Non sapevo nemmeno che esistesse una comicità belga, e invece esiste eccome, così come esiste dio, nella versione di Van Dormael, e ha la faccia stralunata di Benoït Poelvoorde: un dio carogna, dispettoso, stronzo, misogino, che vive chiuso in un appartamento blindato passando il tempo a guardare partite di hockey su ghiaccio in TV e aggirandosi in per casa in ciabatte e canotta e vestaglia, che "dirige le operazioni" tramite computer da una stanza off limits elaborando le "leggi universali della sfiga" e mettendole implacabilmente in atto a spese degli umani mentre si gonfia di birra. Con lui vivono una moglie succube, che si limita a fare pulizie, servirlo e a essere taciturno oggetto del suo disprezzo, e la figlioletta ribelle Ea, che si fa paladina dell'umanità oppressa seguendo le orme del fratello JC, un Gesù Cristo uguale a quello parlante della sagra Don Camillo e Peppone, a sua volta sfuggito alle grinfie del padre per finire crocifisso, che le rivela la maniera di scappare dall'incubo claustrofobico di quell'appartamento: l'oblò di una lavatrice. Così Ea prima entra di soppiatto nella stanza "sala comandi" dopo avergli sottratto le chiavi del sancta sanctorum approfittando di una dormita post sbronza del genitore, manomette il PC, svela il sadismo del padre spedendo a ogni individuo un SMS in cui rivela la data di morte la lui programmata e esce nel vasto mondo (la piovosa capitale belga), dove nel frattempo ognuno si è messo a pensare a come occupare i giorni che gli restano da vivere seguendo le proprie più intime inclinazioni e senza più condizionamenti, con l'intento di reclutare 6 apostoli che scrivano il Nuovo Nuovo Testamento raccontando, questa volta, la propria vita invece che quella del figlio di dio e che, sommandosi ai 12 di JC (immortalati in una copia dell'Ultima Cena di Leonardo attorno al Maestro), raggiungeranno il numero 18, fatale per attivare le potenzialità della moglie del capriccioso e tirannico capo supremo. Incazzato come una belva, anche dio si catapulta nel mondo reale alla ricerca della figlia sperando di convincerla a ripristinare la precedente configurazione del computer, ma oltre a non essere creduto da nessuno, meno che mai dai ministri del proprio culto, è talmente arrogante e insopportabile da diventare inviso perfino a un prete di strada che si occupa di sans papier finendo per essere deportato in Uzbekistan a lavorare in una catena di montaggio mentre a dirigere le cose del mondo lo sostituisce la moglie, svampita ma di buon cuore. Suddiviso in capitoli dal titolo di quelli della Bibbia, il film scorre veloce, beffardo, mai volgare, in forma di fiaba moderna ispirata sia a Chaplin sia ai Monty Python: il divertimento è assicurato e la "morale", ammesso che l'intenzione sia di averne una, è condivisibile da chiunque sia così assennato da non credere a una divinità, almeno per come è dipinta dalle tre grandi religioni monoteiste, un mostro a tre teste che si equivalgono, producendo i medesimi effetti perversi sulla mente degli uomini. E già questo è un merito che va riconosciuto a Van Doemael e rende il film meritevole del prezzo del biglietto di per sé.
Nessun commento:
Posta un commento