"Interstellar" di Christopher Nolan. Con Matthew Mc Conaughey, Anne Hathaway, Jessica Castain, Michael Caine, Matt Damon, Ellen Burstyn, Casey Affleck e altri. USA 2014 ★★
"The Harder They Come, The Harder They Fall", oltre a essere il titolo di un memorabile film giamaicano del 1972 che ha contribuito non poco a far conoscere il reggae al di fuori dell'isola caraibica, è un proverbio che sembra fatto apposta per l'"Interstellar" del fantasioso quanto confuso Christopher Nolan che, per carità, non appartiene alla categoria dei cani della regia ma il cui film risulta tanto più deludente quanto più sono alte le aspettative e arzigogolata una sceneggiatura che avrebbe dovuto essere il suo punto di forza. Ancor più quando il termine di paragone è esplicitamente "2001 Odissea nello spazio". Tutt'altro che convinto, una volta uscito dopo tre ore di proiezione mi è tornata in mente una battuta che circolava ai tempi dell'uscita del capolavoro di Stanley Kubrick, nel 1968: "Icaro credeva di essere un uccello, invece era un pirla". Siamo in un imprecisato futuro che sembra un ritorno al passato della "Dust Bowl" che aveva flagellato le grandi pianure degli Stati centrali degli USA negli anni Trenta, in piena Depressione, e un'umanità rassegnata sta facendo i conti con una crescente carenza di cibo: il frumento è ormai scomparso e per il momento è rimasto da coltivare soltanto il mais, anch'esso destinato a scarseggiare e sparire. Lo sviluppo tecnologico forsennato ha fatto ammalare la Terra e la scienza è guardata con sospetto da parte di uomini tornati rudi coltivatori: perfino Cooper, un ingegnere e astronauta, che però, attraverso la figlia adolescente Murph, una specie di "scienziata sensitiva" cui è particolarmente legato, viene "riagganciato" dalla NASA che, in incognito, in una vecchia base dismessa nascosta nel deserto, ha continuato in segreto le proprie ricerche e le proprie missioni allo scopo di trovare un luogo nell'universo adatto alla vita della specie. Compito di Cooper sarà scoprire, attraversando un "wormhole" apparso su una delle lune di Saturno e che consente un viaggio nella quinta dimensione, oltre lo spazio-temporale, gli esiti di tre missioni precedenti e salvare, in sostanza, l'intera umanità. Cooper accetterà, sapendo che non tornerà, al fine di salvare i propri figli. Da un'altra dimensione, comunicherà con la figlia, che nel frattempo è diventata lei stessa una scienziata (che, va da sé, salverà il mondo per conto del padre), ma in tre tempi diversi: al passato, al presente e pure al futuro. Questa la "ciccia" del film, infarcito di dotte dissertazioni scientifiche incomprensibili ai più sulla teoria della relatività, sulla quantistica e su quant'altro; il racconto a più tracce dilata all'inverosimile una trama che avrebbe retto per non più di 100 minuti, il tutto avvolto in un'atmosfera che tende a somigliare a quella di un videogame leggermente dépassé, con una fotografia dai colori spesso lividi ed efficaci: l'aspetto migliore della pellicola. Non altrettanto si può dire della prestazione degli attori, a parte McConaughey che è una conferma e interpreta il personaggio principale, per non parlare degli "effetti speciali": molto più efficaci e impattanti quelli usati da Kubrick per il viaggio oltre la dimensione spazio-temporale di David Bowman coi mezzi di 45 anni fa di quelli messi a disposizione oggi a Nolan nell'era della computer-grafica. Perfino la colonna sonora, che pure è uno dei lati positivi del film, è poca cosa rispetto a quella sontuosa di "2001". Che resta lontano anni luce. Insomma: troppa carne al fuoco, prolissità eccessiva, immancabile l'ammòre che è la chiave di tutto. Decisamente al di sotto delle attese e delle potenzialità.
"The Harder They Come, The Harder They Fall", oltre a essere il titolo di un memorabile film giamaicano del 1972 che ha contribuito non poco a far conoscere il reggae al di fuori dell'isola caraibica, è un proverbio che sembra fatto apposta per l'"Interstellar" del fantasioso quanto confuso Christopher Nolan che, per carità, non appartiene alla categoria dei cani della regia ma il cui film risulta tanto più deludente quanto più sono alte le aspettative e arzigogolata una sceneggiatura che avrebbe dovuto essere il suo punto di forza. Ancor più quando il termine di paragone è esplicitamente "2001 Odissea nello spazio". Tutt'altro che convinto, una volta uscito dopo tre ore di proiezione mi è tornata in mente una battuta che circolava ai tempi dell'uscita del capolavoro di Stanley Kubrick, nel 1968: "Icaro credeva di essere un uccello, invece era un pirla". Siamo in un imprecisato futuro che sembra un ritorno al passato della "Dust Bowl" che aveva flagellato le grandi pianure degli Stati centrali degli USA negli anni Trenta, in piena Depressione, e un'umanità rassegnata sta facendo i conti con una crescente carenza di cibo: il frumento è ormai scomparso e per il momento è rimasto da coltivare soltanto il mais, anch'esso destinato a scarseggiare e sparire. Lo sviluppo tecnologico forsennato ha fatto ammalare la Terra e la scienza è guardata con sospetto da parte di uomini tornati rudi coltivatori: perfino Cooper, un ingegnere e astronauta, che però, attraverso la figlia adolescente Murph, una specie di "scienziata sensitiva" cui è particolarmente legato, viene "riagganciato" dalla NASA che, in incognito, in una vecchia base dismessa nascosta nel deserto, ha continuato in segreto le proprie ricerche e le proprie missioni allo scopo di trovare un luogo nell'universo adatto alla vita della specie. Compito di Cooper sarà scoprire, attraversando un "wormhole" apparso su una delle lune di Saturno e che consente un viaggio nella quinta dimensione, oltre lo spazio-temporale, gli esiti di tre missioni precedenti e salvare, in sostanza, l'intera umanità. Cooper accetterà, sapendo che non tornerà, al fine di salvare i propri figli. Da un'altra dimensione, comunicherà con la figlia, che nel frattempo è diventata lei stessa una scienziata (che, va da sé, salverà il mondo per conto del padre), ma in tre tempi diversi: al passato, al presente e pure al futuro. Questa la "ciccia" del film, infarcito di dotte dissertazioni scientifiche incomprensibili ai più sulla teoria della relatività, sulla quantistica e su quant'altro; il racconto a più tracce dilata all'inverosimile una trama che avrebbe retto per non più di 100 minuti, il tutto avvolto in un'atmosfera che tende a somigliare a quella di un videogame leggermente dépassé, con una fotografia dai colori spesso lividi ed efficaci: l'aspetto migliore della pellicola. Non altrettanto si può dire della prestazione degli attori, a parte McConaughey che è una conferma e interpreta il personaggio principale, per non parlare degli "effetti speciali": molto più efficaci e impattanti quelli usati da Kubrick per il viaggio oltre la dimensione spazio-temporale di David Bowman coi mezzi di 45 anni fa di quelli messi a disposizione oggi a Nolan nell'era della computer-grafica. Perfino la colonna sonora, che pure è uno dei lati positivi del film, è poca cosa rispetto a quella sontuosa di "2001". Che resta lontano anni luce. Insomma: troppa carne al fuoco, prolissità eccessiva, immancabile l'ammòre che è la chiave di tutto. Decisamente al di sotto delle attese e delle potenzialità.
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