"I ponti di Sarajevo" (Les ponts de Sarajevo) di Ursula Meier, Aida Begić, Leonardo Di Costanzo, Jean-Luc Godard, Kamen Kalev, Islid le Besco, Sergei Loznitsa, Vincenzo Marra, Vladimir Perisić, Cristi Puiu, Marc Recha, Angela Schanelec, Teresa Villaverde. Francia, Italia, Svizzera, Bosnia-Herzegovina, Bulgaria, Germania, Portogallo 2014 ★★★★
Film collettivo già presente alle proiezioni speciali dell'ultimo Festival di Cannes, era stato proiettato in contemporanea a Sarajevo e Pesaro il 27 giugno scorso, in occasione del centenario della vigilia dell'attentato nel corso del quale Gavrilo Princip uccise l'erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando e la moglie Sofia e che fu il pretesto per scatenare la Prima Guerra Mondiale e segnò l'inizio della fine di un ordine che, fino ad allora, aveva visto al centro il Vecchio Continente: la Seconda, che ne fu la mera conseguenza, ne completò l'opera così come la cosiddetta Guerra Fredda che ne seguì e che prosegue tuttora in varie forme, non ultima la più recente delle guerre balcaniche: quella che disintegrò la Jugoslavia, di cui l'assedio di Sarajevo dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996 fu lo snodo cruciale. Collage di 13 "corti" di 9' al massimo ciascuno e ispirati alla città bosniaca ma a svolgimento libero, girati da alcuni dei registi europei più rinomati, nonché di diversa età e provenienza sotto la direzione artistica di Jean-Michel Frodon, è stato presentato nei giorni scorsi al Torino Film Festival che si conclude domenica 29. Ogni episodio esprime la diversa sensibilità e l'approccio personale degli autori, e qualcuno è più riuscito degli altri: in alcuni casi poetico, spiazzante, commovente; qualcuno in forma più documentaristica, altri sperimentale, altri ancora di racconto immaginario, realistico o di rievocazione, tutti insieme centrano l'obiettivo di ripercorrere gli ultimi cent'anni di storia di questa città simbolo di tutte le traversie e contraddizioni europee, da sempre, nelle sue vicende plurimillenarie, crogiolo di culture, etnie e religioni diverse, epicentro di scontri così come di incontri, di guerre come di traffici ininterrotti che si svolgono sopra e sotto i suoi ponti, distrutti e ricostruiti a più riprese, sulla Miljačka, e di indurre a riflessioni più ampie su ciò che unisce, i ponti per l'appunto, più che su ciò che divide. Segnalo che l'unico episodio non legato direttamente a Sarajevo è quello, molto bello, diretto da Leonardo Di Costanzo, "L'avamposto", liberamente tratto da un racconto di Federico De Roberto, lo stesso che ha ispirato Ermanno Olmi per il recente e bellissimo "torneranno i prati" e che racconta la fabbrica di orrore e di morte che furono le trincee sul Carso durante la Grande Guerra e la conseguente insubordinazione di massa, specie tra le truppe italiane, aspetto sempre sottaciuto dalla nostrana retorica patriottarda e imbecille. Proposito, quello di ricordare e far riflettere, pienamente raggiunto da questo omaggio a una delle città più belle ed emblematiche del nostro continente.
Film collettivo già presente alle proiezioni speciali dell'ultimo Festival di Cannes, era stato proiettato in contemporanea a Sarajevo e Pesaro il 27 giugno scorso, in occasione del centenario della vigilia dell'attentato nel corso del quale Gavrilo Princip uccise l'erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando e la moglie Sofia e che fu il pretesto per scatenare la Prima Guerra Mondiale e segnò l'inizio della fine di un ordine che, fino ad allora, aveva visto al centro il Vecchio Continente: la Seconda, che ne fu la mera conseguenza, ne completò l'opera così come la cosiddetta Guerra Fredda che ne seguì e che prosegue tuttora in varie forme, non ultima la più recente delle guerre balcaniche: quella che disintegrò la Jugoslavia, di cui l'assedio di Sarajevo dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996 fu lo snodo cruciale. Collage di 13 "corti" di 9' al massimo ciascuno e ispirati alla città bosniaca ma a svolgimento libero, girati da alcuni dei registi europei più rinomati, nonché di diversa età e provenienza sotto la direzione artistica di Jean-Michel Frodon, è stato presentato nei giorni scorsi al Torino Film Festival che si conclude domenica 29. Ogni episodio esprime la diversa sensibilità e l'approccio personale degli autori, e qualcuno è più riuscito degli altri: in alcuni casi poetico, spiazzante, commovente; qualcuno in forma più documentaristica, altri sperimentale, altri ancora di racconto immaginario, realistico o di rievocazione, tutti insieme centrano l'obiettivo di ripercorrere gli ultimi cent'anni di storia di questa città simbolo di tutte le traversie e contraddizioni europee, da sempre, nelle sue vicende plurimillenarie, crogiolo di culture, etnie e religioni diverse, epicentro di scontri così come di incontri, di guerre come di traffici ininterrotti che si svolgono sopra e sotto i suoi ponti, distrutti e ricostruiti a più riprese, sulla Miljačka, e di indurre a riflessioni più ampie su ciò che unisce, i ponti per l'appunto, più che su ciò che divide. Segnalo che l'unico episodio non legato direttamente a Sarajevo è quello, molto bello, diretto da Leonardo Di Costanzo, "L'avamposto", liberamente tratto da un racconto di Federico De Roberto, lo stesso che ha ispirato Ermanno Olmi per il recente e bellissimo "torneranno i prati" e che racconta la fabbrica di orrore e di morte che furono le trincee sul Carso durante la Grande Guerra e la conseguente insubordinazione di massa, specie tra le truppe italiane, aspetto sempre sottaciuto dalla nostrana retorica patriottarda e imbecille. Proposito, quello di ricordare e far riflettere, pienamente raggiunto da questo omaggio a una delle città più belle ed emblematiche del nostro continente.
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