"Let's Go" di Antonietta De Lillo. Con Luca Musella. Italia 2014 Con Luca Musella, Elizabeth Christina Almeida, Vincenzo Avranno, Brahim Ati Baha, Miriam Ati Baha, Paolo Circhi, Sirlei De Fatima, Simone gennaro, Dian Sluti, Cheri Mohammed Wajdi, Abdul Mecit Erbi, Elena Teresa Rossi, Roberto De Francesco. ★★★★
Enumero di proposito tutti coloro che hanno partecipato a questo piccolo, breve ma prezioso film, esemplare anche formalmente, nelle riprese come nell'accompagnamento musicale, presentato anch'esso al Torino Film Festival ancora in corso della brava fotoreporter e regista napoletana Antonietta De Lillo, che fa raccontare allo stesso protagonista la parabola del collega Luca Musella (che ha scritto i testi oltre a collaborare alla sceneggiatura), fotoreporter di una certa notorietà negli anni Ottanta e precipitato per varie vicissitudini, professionali (la crisi profonda dell'editoria, divorata dalla televisione) e personali (generosi investimenti in attività culturali divorati da crollo di domanda, scelte sbagliate dettate da ottuso ottimismo e conseguente separazione dalla moglie) da "uomo del Mulino Bianco" a sottoproletario a tutti gli effetti, nuovamente "on the road", da Napoli via Viterbo verso Milano, dove torna dopo trent'anni trovando una città che non è più quella "da bere" e un ambiente umano nonché professionale profondamente mutato. Ma lo è anche lui, che non si riconosce più nella maschera che lo ingabbiava un tempo, forse perfino più libero e a suo agio coi suoi nuovi compagni di strada, che vivono come lui ai margini e senza sostanziali diritti e alcuna certezza sul domani, extracomunitario (come lo è la maggioranza di loro, senza permesso di soggiorno) nel suo stesso Paese perché privo di residenza. Un riflessione senza pietismi, autocommiserazione, talvolta ironica e a tratti poetica, su realtà tanto diffuse quanto volutamente ignorate che inghiottono con incredibile facilità, di questi tempi, anche chi sembrerebbe più attrezzato, anche culturalmente, e resistere. Ma non è disposto a vendersi e perdere la stima e il rispetto per sé stesso.
Enumero di proposito tutti coloro che hanno partecipato a questo piccolo, breve ma prezioso film, esemplare anche formalmente, nelle riprese come nell'accompagnamento musicale, presentato anch'esso al Torino Film Festival ancora in corso della brava fotoreporter e regista napoletana Antonietta De Lillo, che fa raccontare allo stesso protagonista la parabola del collega Luca Musella (che ha scritto i testi oltre a collaborare alla sceneggiatura), fotoreporter di una certa notorietà negli anni Ottanta e precipitato per varie vicissitudini, professionali (la crisi profonda dell'editoria, divorata dalla televisione) e personali (generosi investimenti in attività culturali divorati da crollo di domanda, scelte sbagliate dettate da ottuso ottimismo e conseguente separazione dalla moglie) da "uomo del Mulino Bianco" a sottoproletario a tutti gli effetti, nuovamente "on the road", da Napoli via Viterbo verso Milano, dove torna dopo trent'anni trovando una città che non è più quella "da bere" e un ambiente umano nonché professionale profondamente mutato. Ma lo è anche lui, che non si riconosce più nella maschera che lo ingabbiava un tempo, forse perfino più libero e a suo agio coi suoi nuovi compagni di strada, che vivono come lui ai margini e senza sostanziali diritti e alcuna certezza sul domani, extracomunitario (come lo è la maggioranza di loro, senza permesso di soggiorno) nel suo stesso Paese perché privo di residenza. Un riflessione senza pietismi, autocommiserazione, talvolta ironica e a tratti poetica, su realtà tanto diffuse quanto volutamente ignorate che inghiottono con incredibile facilità, di questi tempi, anche chi sembrerebbe più attrezzato, anche culturalmente, e resistere. Ma non è disposto a vendersi e perdere la stima e il rispetto per sé stesso.
Bella recensione che mi fa pensare a come siano oggi più i film, insieme a teatro e a certa poesia, a toccare temi sociali importanti raccontando storie di cui non vuole parlare nessuno.
RispondiEliminaNon lo fa che di striscio e in modo superficiale la tv, passano e si dimenticano facilmente perfino in rete. Dei quotidiani non parliamo, che sono i media più socialmente insignificanti, e quindi dannosi, oggi.
Peccato non passino che velocemente e solo in circuiti di nicchia, questi films, e rimangano ai più sconosciuti...