"Il sale della terra" (The Salt of the Earth) di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado. Brasile, Italia, Francia 2014 ★★★★★
E' uno splendido, emozionante reportage per immagini e discrete, sussurrate, mai invadenti parole quello che Wim Wenders ci regala per raccontare la vita e l'opera del grande fotografo ma soprattutto umanista brasiliano Sebastião Salgado, molto più che un semplice documentario. Lo fa, con la collaborazione dei primogenito di quest'ultimo, Juliano, lasciando la parola al protagonista, oggi settantenne, che ripercorre la sua esperienza da rampollo, unico figlio maschio, di una dinastia di fazenderos nel Minas Gerais, avviato agli studi economici che fece a San Paolo, trasferitosi prima a Londra e poi a Parigi durante l'epoca del regime militare (1964-85) e che aveva scoperto la fotografia quasi per caso. Lavorava inizialmente nel settore del caffè, e risalgono ai suoi rilevamenti da esperto economico i primi viaggi in Africa, Continente che sarebbe stato tante volte cruciale nella sua successiva attività di "fotografo della condizione umana". Salgado racconta con pacatezza i numerosi viaggi che lo hanno portato in tutti gli angoli del pianeta a partire da precisi progetti, per lo più elaborati assieme alla amata moglie Lélia. E' così che nascono, dopo i primi lavori sulla Rivoluzione dei Garofani in Portogallo e sulle sue ex colonie come l'Angola e il Mozambico, opere come Altre Americhe, Sahel e Uomini in cammino (in collaborazione con Medici Senza Frontiere), Workers, dedicato ai lavoratori manuali di tutto il mondo, Serra Pelada, Migrations, Esodi, Africa, fino a Genesi (esposta fino a dieci giorno fa al Palazzo della Ragione di Milano), una reazione alla depressione e alla perdita della fede in seguito al genocidio avvenuto in Ruanda, che non aveva mancato di documentare. Da ultimo, la decisione di rimboscare, piantando ben due milioni di alberi, la tenuta di famiglia, andata desertificandosi in seguito alla siccitàche ha colpito anche il Brasile, e la fondazione dell'Instituto Terra per la riforestazione della Mata Atlantica, di cui si occupa personalmente assieme alla moglie. Solo un artista e fotografo come Wenders poteva avere l'idea di fare un film su delle opere fotografiche e rendere al massimo le immagini in bianco e nero, veri e propri dipinti con la luce, di Salgado e il risultato è poesia pura, che va ben oltre a un semplice film: un viaggio nell'emozione e nell'umanità, ben più di un omaggio al grande fotografo, di cui è doveroso ringraziare il regista tedesco.
E' uno splendido, emozionante reportage per immagini e discrete, sussurrate, mai invadenti parole quello che Wim Wenders ci regala per raccontare la vita e l'opera del grande fotografo ma soprattutto umanista brasiliano Sebastião Salgado, molto più che un semplice documentario. Lo fa, con la collaborazione dei primogenito di quest'ultimo, Juliano, lasciando la parola al protagonista, oggi settantenne, che ripercorre la sua esperienza da rampollo, unico figlio maschio, di una dinastia di fazenderos nel Minas Gerais, avviato agli studi economici che fece a San Paolo, trasferitosi prima a Londra e poi a Parigi durante l'epoca del regime militare (1964-85) e che aveva scoperto la fotografia quasi per caso. Lavorava inizialmente nel settore del caffè, e risalgono ai suoi rilevamenti da esperto economico i primi viaggi in Africa, Continente che sarebbe stato tante volte cruciale nella sua successiva attività di "fotografo della condizione umana". Salgado racconta con pacatezza i numerosi viaggi che lo hanno portato in tutti gli angoli del pianeta a partire da precisi progetti, per lo più elaborati assieme alla amata moglie Lélia. E' così che nascono, dopo i primi lavori sulla Rivoluzione dei Garofani in Portogallo e sulle sue ex colonie come l'Angola e il Mozambico, opere come Altre Americhe, Sahel e Uomini in cammino (in collaborazione con Medici Senza Frontiere), Workers, dedicato ai lavoratori manuali di tutto il mondo, Serra Pelada, Migrations, Esodi, Africa, fino a Genesi (esposta fino a dieci giorno fa al Palazzo della Ragione di Milano), una reazione alla depressione e alla perdita della fede in seguito al genocidio avvenuto in Ruanda, che non aveva mancato di documentare. Da ultimo, la decisione di rimboscare, piantando ben due milioni di alberi, la tenuta di famiglia, andata desertificandosi in seguito alla siccitàche ha colpito anche il Brasile, e la fondazione dell'Instituto Terra per la riforestazione della Mata Atlantica, di cui si occupa personalmente assieme alla moglie. Solo un artista e fotografo come Wenders poteva avere l'idea di fare un film su delle opere fotografiche e rendere al massimo le immagini in bianco e nero, veri e propri dipinti con la luce, di Salgado e il risultato è poesia pura, che va ben oltre a un semplice film: un viaggio nell'emozione e nell'umanità, ben più di un omaggio al grande fotografo, di cui è doveroso ringraziare il regista tedesco.
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