"Muffa" (Küf) di Ali Aydin. Con Ercan Kesal, Muhammet Uzumer, Tansu Biçer. Turchia, Germania 2012 ★★★★
Buone notizie giungono anche da un cinema poco conosciuto, quello turco, e non è la prima volta: questa opera d'esordio di Ali Aydin è all'altezza del fortunato "C'era una volta in Anatolia", ma qui non si tratta di un noir stralunato quanto di un racconto che si muove su due piani: quello dell'impegno civile, per non dimenticare un Paese che soprattutto negli anni Novanta sotto la dittatura militare è stato lacerato da una guerra interna ancora non del tutto chiusa, e quello dello scavo psicologico sul rapporto padre figlio e sulla perdita. Basri è un ispettore delle ferrovie prossimo alla pensione che vive in completa solitudine e in doloroso silenzio all'interno del Paese in una cittadina circondata da una landa desolata, e che da 18 anni si ostina a inviare petizioni alle autorità perché gli comunichino che fine ha fatto il figlio, universitario a Istanbul, scomparso dopo un arresto per motivi politici e mai più ritornato. Si aggrappa quindi a un filo residuo di speranza per superare il dolore della morte della moglie, che non ha retto alla perdita del figlio, ed entra in contato periodicamente con l'apparato poliziesco, che non solo non è in grado di rispondergli ma lo umilia e lo tormenta, ma lui tiene duro. Finché ha a che fare con un funzionario di tipo diverso, che cerca di capire il l'ostinazione di quest'uomo, e si darà finalmente da fare pur dovendogli dare la notizia del ritrovamento del cadavere, o meglio di ciò che ne rimane del figlio, conservato in una morgue di Istanbul: sarà l'unico, tra coloro con cui ha a che fare Basri, a comportarsi con lui in maniera umana, per quanto silenziosamente distaccata. E' un film intenso, duro ma anche molto dolce, a tratti commovente, e la figura di questo uomo solo, afflitto, immensamente dignitoso, vero, rimane nel cuore. Un sicuro avvenire per questo regista, già premiato a Venezia nel settembre scorso col "Leone del futuro" e che si è accaparrato la "Sacher" di Nanni Moretti, uno che se ne intende, che lo distribuisce in Italia: un grazie anche a lui.
Buone notizie giungono anche da un cinema poco conosciuto, quello turco, e non è la prima volta: questa opera d'esordio di Ali Aydin è all'altezza del fortunato "C'era una volta in Anatolia", ma qui non si tratta di un noir stralunato quanto di un racconto che si muove su due piani: quello dell'impegno civile, per non dimenticare un Paese che soprattutto negli anni Novanta sotto la dittatura militare è stato lacerato da una guerra interna ancora non del tutto chiusa, e quello dello scavo psicologico sul rapporto padre figlio e sulla perdita. Basri è un ispettore delle ferrovie prossimo alla pensione che vive in completa solitudine e in doloroso silenzio all'interno del Paese in una cittadina circondata da una landa desolata, e che da 18 anni si ostina a inviare petizioni alle autorità perché gli comunichino che fine ha fatto il figlio, universitario a Istanbul, scomparso dopo un arresto per motivi politici e mai più ritornato. Si aggrappa quindi a un filo residuo di speranza per superare il dolore della morte della moglie, che non ha retto alla perdita del figlio, ed entra in contato periodicamente con l'apparato poliziesco, che non solo non è in grado di rispondergli ma lo umilia e lo tormenta, ma lui tiene duro. Finché ha a che fare con un funzionario di tipo diverso, che cerca di capire il l'ostinazione di quest'uomo, e si darà finalmente da fare pur dovendogli dare la notizia del ritrovamento del cadavere, o meglio di ciò che ne rimane del figlio, conservato in una morgue di Istanbul: sarà l'unico, tra coloro con cui ha a che fare Basri, a comportarsi con lui in maniera umana, per quanto silenziosamente distaccata. E' un film intenso, duro ma anche molto dolce, a tratti commovente, e la figura di questo uomo solo, afflitto, immensamente dignitoso, vero, rimane nel cuore. Un sicuro avvenire per questo regista, già premiato a Venezia nel settembre scorso col "Leone del futuro" e che si è accaparrato la "Sacher" di Nanni Moretti, uno che se ne intende, che lo distribuisce in Italia: un grazie anche a lui.
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