"Effetti collaterali" (Side Effects) di Steven Soderbergh. Con Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw. USA 2013 ★★★½
Dopo il parziale topicco di Contagion, ecco Soderbergh tornare ai suoi soliti livelli con un noir dallo svolgimento tutto sommato lineare che indaga però sui meccanismi della menzogna e della manipolazione e che non manca di bersagliare l'avidità delle multinazionali farmaceutiche nonché l'abuso che si fa degli psicofarmaci nel mondo occidentale, in particolare negli USA e il cinismo di chi li prescrive, e non solo allo scopo "di far stare bene", in primo luogo psichiatri e psicoterapeuti a vario titolo. Convincente protagonista è Rooney Mara, nei panni di Emily Taylor, una ventottenne che cade in una forte depressione proprio quando il marito, dopo 4 anni di detenzione per insider trading, esce dal carcere, fino al punto di tentare il suicidio, ed entra così in contatto con il dottor Banks, l'ottimo Jude Law, uno psichiatra "rampante" che le prescrive un nuovo farmaco che ha l'effetto collaterale di rendere sonnambula la sua cliente, che accoltella, senza rendersene apparentemente conto, il marito e viene per questo dichiarata non responsabile nel processo ma obbligata a seguire una terapia. Una serie di circostanze gioca però a sfavore del suo medico curante, Banks, e della sua carriera in ascesa e questi si trova a doversi trasformare in detective e a indagare su alcuni aspetti che non lo convincono nella condotta della paziente. Contatta così una collega, la dottoressa Siebert (un'inquietante Catherine Zeta Jones) che in passato aveva avuto in terapia Emily che finge di aiutarlo, mentre in realtà sta incastrandolo in un meccanismo perverso che va a suo esclusivo vantaggio, economico come sentimentale, preda com'è di una passione erotica incontenibile nei confronti di... sorpresa! Non si dice. Ma alla fine Banks scioglie l'enigma e la sua carriera è salva per un pelo. Sceneggiatura, movimenti di macchina, fotografia sono sapienti, le atmosfere tra il cupo e il torbido, come nel miglior Soderbergh, ottima la scelta del cast: non è il lavoro migliore del regista di Atlanta ma lo rimette in linea di volo.
Dopo il parziale topicco di Contagion, ecco Soderbergh tornare ai suoi soliti livelli con un noir dallo svolgimento tutto sommato lineare che indaga però sui meccanismi della menzogna e della manipolazione e che non manca di bersagliare l'avidità delle multinazionali farmaceutiche nonché l'abuso che si fa degli psicofarmaci nel mondo occidentale, in particolare negli USA e il cinismo di chi li prescrive, e non solo allo scopo "di far stare bene", in primo luogo psichiatri e psicoterapeuti a vario titolo. Convincente protagonista è Rooney Mara, nei panni di Emily Taylor, una ventottenne che cade in una forte depressione proprio quando il marito, dopo 4 anni di detenzione per insider trading, esce dal carcere, fino al punto di tentare il suicidio, ed entra così in contatto con il dottor Banks, l'ottimo Jude Law, uno psichiatra "rampante" che le prescrive un nuovo farmaco che ha l'effetto collaterale di rendere sonnambula la sua cliente, che accoltella, senza rendersene apparentemente conto, il marito e viene per questo dichiarata non responsabile nel processo ma obbligata a seguire una terapia. Una serie di circostanze gioca però a sfavore del suo medico curante, Banks, e della sua carriera in ascesa e questi si trova a doversi trasformare in detective e a indagare su alcuni aspetti che non lo convincono nella condotta della paziente. Contatta così una collega, la dottoressa Siebert (un'inquietante Catherine Zeta Jones) che in passato aveva avuto in terapia Emily che finge di aiutarlo, mentre in realtà sta incastrandolo in un meccanismo perverso che va a suo esclusivo vantaggio, economico come sentimentale, preda com'è di una passione erotica incontenibile nei confronti di... sorpresa! Non si dice. Ma alla fine Banks scioglie l'enigma e la sua carriera è salva per un pelo. Sceneggiatura, movimenti di macchina, fotografia sono sapienti, le atmosfere tra il cupo e il torbido, come nel miglior Soderbergh, ottima la scelta del cast: non è il lavoro migliore del regista di Atlanta ma lo rimette in linea di volo.
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