"No - I giorni dell'arcobaleno (No) di Pablo Larraín. Con Gael García Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luís Gnecco, Marcial Tagle. Cile 2012 ★★★★½
Si conclude con questa pellicola, che conferma il grande talento di Pablo Larraín, la trilogia che il regista cileno dedica agli oscuri anni che il suo Paese ha trascorso sotto la dittatura di Pinochet, le cui tracce sono tuttora evidenti nella psiche e nel comportamento dei suoi abitanti, questo a 25 anni dal referendum a cui l'allora presidente abusivo fu costretto dalle pressioni internazionali e il cui sorprendente risultato, il No alla possibilità di un suo ulteriore mandato, aprì la fase del ritorno alla democrazia. Ed è dei retroscena di questo referendum che parla il film, assemblando materiale d'epoca - lunghi spezzoni degli spot di allora - ad altre parti girate oggi però usando una cinepresa originale degli anni Ottanta il che, come nei precedenti "Tony Manero" e "Post Mortem", conferisce una patina d'epoca alla fotografia e all'atmosfera generale della pellicola, che si concentra quasi esclusivamente sulla campagna per il "no", affidata a René Saavedra, un giovane creativo formatosi all'estero durante l'esilio, interpretato con estrema misura ed efficacia da Gael García Bernal, per una missione apparentemente impossibile. Ai due comitati contrapposti per il referendum vengono concessi 15' al giorno sulle reti televisive unificate, ed è il primo spazio che le opposizioni, riunite nel Fronte Arcobaleno, hanno a disposizione dopo 15 anni in cui è stato loro tolto il diritto di esprimersi, e Saavedra si trova a dover convincere innanzitutto l'elettorato a recarsi alle urne (superando le perplessità quando non il rifiuto di una parte consistente dell'opposizione, specie di quella militante nella sinistra più radicale, che trova espressi nella stessa madre di suo figlio), e poi lo stesso comitato per il no a farlo usando un linguaggio ispirato alle campagne commerciali più moderne, ottimista, ironico, giocoso, con uno sguardo fiducioso rivolto al futuro (la parola chiave è allegria) anziché insistendo e ricordando i crimini commessi dalla giunta militare. La campagna, condotta con scarsi mezzi, ha un successo immediato e spiazza gli avversari, che sono costretti a incaricare proprio il capo di Saavedra, Guzmán, interpretato da un gigante come Alfredo Castro, un amico della giunta, fascista autentico ma di intelligenza superiore agli altri macellai di regime, che si trova costretto a controbattere al suo collega facendogli il verso e inseguendolo sul suo terreno, decretando così inevitabilmente la propria sconfitta, cosa di cui del resto Guzmán è conscio per primo, a differenza dei suoi committenti. Rimangono presenti, ma sullo sfondo, il clima di costante intimidazione da parte dei militari, così anche le contraddizioni e gli scontri personali e politici all'interno del comitato del no, così come rimane aperta la questione della reale influenza della televisione sui risultati elettorali, mentre non è in discussione quella del linguaggio pubblicitario nel vendere un "prodotto" come quello politico, considerato né più né meno come un boccone da offrire in pasto al cliente-consumatore. Senz'altro si capisce la necessità, per provare a cambiare lo stato delle cose, di guardare le cose da un punto di vista diverso da quello in cui sono imprigionate le due o più parti in causa, uscendo dalla loro logica per riuscire a smuovere l'immaginario delle persone a cui ci si vuole rivolgere e indurle a guardare oltre. Un altro film che merita.
Si conclude con questa pellicola, che conferma il grande talento di Pablo Larraín, la trilogia che il regista cileno dedica agli oscuri anni che il suo Paese ha trascorso sotto la dittatura di Pinochet, le cui tracce sono tuttora evidenti nella psiche e nel comportamento dei suoi abitanti, questo a 25 anni dal referendum a cui l'allora presidente abusivo fu costretto dalle pressioni internazionali e il cui sorprendente risultato, il No alla possibilità di un suo ulteriore mandato, aprì la fase del ritorno alla democrazia. Ed è dei retroscena di questo referendum che parla il film, assemblando materiale d'epoca - lunghi spezzoni degli spot di allora - ad altre parti girate oggi però usando una cinepresa originale degli anni Ottanta il che, come nei precedenti "Tony Manero" e "Post Mortem", conferisce una patina d'epoca alla fotografia e all'atmosfera generale della pellicola, che si concentra quasi esclusivamente sulla campagna per il "no", affidata a René Saavedra, un giovane creativo formatosi all'estero durante l'esilio, interpretato con estrema misura ed efficacia da Gael García Bernal, per una missione apparentemente impossibile. Ai due comitati contrapposti per il referendum vengono concessi 15' al giorno sulle reti televisive unificate, ed è il primo spazio che le opposizioni, riunite nel Fronte Arcobaleno, hanno a disposizione dopo 15 anni in cui è stato loro tolto il diritto di esprimersi, e Saavedra si trova a dover convincere innanzitutto l'elettorato a recarsi alle urne (superando le perplessità quando non il rifiuto di una parte consistente dell'opposizione, specie di quella militante nella sinistra più radicale, che trova espressi nella stessa madre di suo figlio), e poi lo stesso comitato per il no a farlo usando un linguaggio ispirato alle campagne commerciali più moderne, ottimista, ironico, giocoso, con uno sguardo fiducioso rivolto al futuro (la parola chiave è allegria) anziché insistendo e ricordando i crimini commessi dalla giunta militare. La campagna, condotta con scarsi mezzi, ha un successo immediato e spiazza gli avversari, che sono costretti a incaricare proprio il capo di Saavedra, Guzmán, interpretato da un gigante come Alfredo Castro, un amico della giunta, fascista autentico ma di intelligenza superiore agli altri macellai di regime, che si trova costretto a controbattere al suo collega facendogli il verso e inseguendolo sul suo terreno, decretando così inevitabilmente la propria sconfitta, cosa di cui del resto Guzmán è conscio per primo, a differenza dei suoi committenti. Rimangono presenti, ma sullo sfondo, il clima di costante intimidazione da parte dei militari, così anche le contraddizioni e gli scontri personali e politici all'interno del comitato del no, così come rimane aperta la questione della reale influenza della televisione sui risultati elettorali, mentre non è in discussione quella del linguaggio pubblicitario nel vendere un "prodotto" come quello politico, considerato né più né meno come un boccone da offrire in pasto al cliente-consumatore. Senz'altro si capisce la necessità, per provare a cambiare lo stato delle cose, di guardare le cose da un punto di vista diverso da quello in cui sono imprigionate le due o più parti in causa, uscendo dalla loro logica per riuscire a smuovere l'immaginario delle persone a cui ci si vuole rivolgere e indurle a guardare oltre. Un altro film che merita.
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