Ero rimasto una decina di giorni fa alla distinzione che gli antichi romani facevano tra giorni fausti e infausti con prevalenza, nell'ultimo periodo di questi ultimi. Oggi ne cade uno, per definizione, nefastissimo e non certo perché in questa data scomparve, nel 1821, Napoleone Bonaparte. Per ogni beneamante, il 5 maggio è una data che andrebbe cancellata dal calendario, memori per sempre della disfatta del 2002 all'Olimpico di Roma che ci fece scippare uno scudetto già vinto all'ultima giornata a opera della solita, orrida, Fetentus. Erano le 16.50 di oggi pomeriggio quando, appena varcato il confine di Tarvisio per rientrare nella Terra dei Cachi dopo una escursione di qualche giorno in Austria, l'autoradio si è sintonizzata sulle onde del primo canale RAI esattamente nel momento in cui l'arbitro ha fischiato la fine di Juventus-Palermo, decretando assieme a uno striminzito1-0 (tanto per cambiare su rigore contro una squadra pressoché retrocessa) la conquista, con tre turni di anticipo,del secondo scudetto dell'Era Conte, 29° della serie per la società savoiarda, 31° nei conteggi deliranti dei dirigenti della suddetta. Un titolo meritato, come lo era quello vinto, con più fatica, l'anno scorso, e che va però parametrato alla dimensione internazionale dei bianconeri, da poco cancellati nei quarti di finale di Champions League dal Bayern, il che domostra, una volta di più, il livello penoso raggiunto dal massimo campionato italiano. In quanto interista, in questa stagione ho avuto ben poco da scrivere sulla mia squadra del cuore; rimasta inopinatamente in corsa fin quando ha retto la condizione fisica degli attempati reduci del "Triplete" del 2010 e crollata nel girone di ritorno, quando i loro sostituti e i giovani "rampanti" hanno dimostrato, salvo poche eccezioni (Handanovic, forse Kovacic), tutta la loro pochezza, che comunque non è niente in confronto a quella della società, a cominciare dalla direzione sportiva e dal settore medico. Mai seriamente in competizione dall'inizio di dicembre in poi, questa squadra non è stata nemmeno in grado di raggiungere la qualificazione all'Europa League (non necessariamente un male, perché si eviterebbero lunghe trasferte in sedi improbabili) e non ha ripetuto la preoccupante deriva in termini di lotta-salvezza dell'Inter edizione 1998-99, quella dei quattro allenatori, soltanto grazie ai punti accumulati a inizio stagione. Il Napoli, che ha maramaldeggiato stasera contro una Beneamata ai minimi termini e senza punte ma a cui non difetta il carattere, si è confermato una squadra senza nerbo, inaffidabile nei momenti cruciali, altro che "degna rivale della Juventus", che senza Cavani, Hamsik e Pandev lotterebbe per non retrocedere. I cugini in rossonero, dopo un inizio da horror, hanno sistemato la formazione-base in corso d'opera assemblandovi alcuni giovani promettenti a cui a gennaio si è aggiunto Balotelli: se affidato a un tecnico di valore che riesca a non frasi fagocitare dall'energumeno-padrone, il Milan mi sembra, e mi duole dirlo, la formazione più promettente nel medio-breve periodo e competitiva a livello internazionale, anche per una lunga consuetudine. Che non hanno mai avuto, non hanno ora e non avranno mai i neocampioni in maglia optical, la cui dimensione tutta provinciale è congenita alla loro essenza meschina che si esprime puntualmente nella dirigenza, nella tifoseria (la più squallida, incompetente e conformista d'Italia) e nel modo stesso di esprimersi in campo, salvo rarissime eccezioni. Tra queste non figura un allenatore psicopatico e imbarazzante (uno juventino-tipo), mentre ci stanno a buon titolo gli unici tre giocatori che possiedono una caratura europea: uno, Pirlo, che appartiene ormai al passato; un altro, Vidal, un "presente" determinante; infine Pogba, qualcosa di più che una promessa per il futuro: non fanno, però, da soli una squadra, non potendo sopperire alla mediocrità degli altri e alla lunaticità di un autentico lavativo come Vucinic, però determinante in fase di realizzazione. Per il resto si conferma l'Udinese, riassemblata ogni anno e tenuta nelle alte sfere da Guidolin; a corrente alternata il campionato di una Roma che ha mostrato buon calcio e giovani interessanti; meglio ancora la Fiorentina di Montella; buona la Lazio di Petkovic penalizzata da una rosa troppo esigua, alla fine un campionato di interesse scarso quanto la qualità messa in mostra, e già archiviato a tre giornate dalla fine. Da dimenticare quanto prima...
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