"La grande bellezza" di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Carlo Verdone, Carlo Buccirosso, Sabrina Ferilli, Pamela Villoresi, Iaia Forte, Galatea Ranzi, Giorgio Pasotti, Massimo De Francovich, Anna Della Rosa, Roberto Herlitzka, Isabella Ferrari, Massimo Popolizio, Serena Grandi, Giulio Brogi, Lillo Petrolo, Franco Graziosi, Luciano Virgilio. Italia 2013 ★★★★★
Film di rara potenza, visiva quanto di significato, ha pienamente soddisfatto le mie aspettative già molto alte per qualsiasi lavoro di Sorrentino. E' stato ovviamente ignorato dalla giuria del Festival di Cannes presieduta dall'opportunista e sistemico Spielberg, e un mancato riconoscimento ufficiale costituisce semmai un titolo di merito, ampiamente compensato dai 10' di applausi del pubblico alla prima proiezione, dal successo che sta avendo in sala in Italia e dall'andamento delle vendite della pellicola all'estero. Non è un film che si racconta, mancando sostanzialmente di una trama in senso tradizionale: protagonista è Roma, eccessiva nella sua bellezza come nella sconcezza senza limiti degli eterni protagonisti della sua dimensione mondana, espressione più tipica del potere e soprattutto dei personaggi che gli nuotano attorno, in un incessante tripudio di volgarità, bruttezza, vacuità, idiozia: giornalisti, intellettualoidi, gente di spettacolo bollita, parassiti, ciarlatani, preti, pagliacci. I "terrazzati", come li chiamo io, perché, come gli Scalfari, le Palombelli e i radical-chic del giro Espresso-Repubblica, i peggiori di tutti, provinciali inurbati adoratori del Potere solo perché tale, presenzialisti ed esibizionisti senza ritegno, trascorrono la propria esistenza su terrazze come quella di Jep Gambardella, con vista sul Colosseo, autore da giovane di un romanzo vincitore del "Bancarella" e da quarant'anni re delle cronache mondane nelle vesti di un giornalista che fa i conti, con disincanto, con sé stesso. Lo interpreta un Toni Servillo magnifico, un cronista che i suoi "polli" li conosce bene, solo apparentemente cinico, in realtà amico sincero di uno scrittore di teatro bravo ma ingenuo e innamorato della donna sbagliata (Carlo Verdone); della direttrice del giornale per cui lavora, una nana estremamente acuta e intelligente; dell'anziano proprietario di un night club ex cocainomane e ora eroinomane e di sua figlia, una spogliarellista in avanti con gli anni interpretata da una Sabrina Ferilli perfetta nel ruolo: è lui a entrarci in una relazione rispettosa e a consigliarle, con affetto, di farsi una famiglia; datore di lavoro esemplare di una colf sudamericana elevata a rango di "angelo della casa", governante nonché confidente, consigliera e amica. Non è un uomo insensibile, Jep, animale notturno che incentra la sua esistenza sui tempi dell'attività festaiola, incessante nella capitale, terminando la sua giornata quando gli altri non l'hanno ancora iniziata, con passeggiate tra gli incanti più o meno nascosti della città o lungo il Tevere nelle luci dell'aurora. E' stata tirata in ballo "La dolce vita" di Fellini, a proposito del film di Sorrentino, e qualche analogia c'è, ma quello di Fellini era ancora uno sguardo tutto sommato indulgente sui vizi di Roma; qui il discorso è a più livelli, da quello estetico, con la sconcertante, barocca, estenuante bellezza della città che fa da contraltare alla mostruosità di chi la usa come palcoscenico per l'esibizione della propria miseria morale, intellettuale oltre che fisica; a quello filosofico e morale: perché è una bellezza alla fine impossibile da reggere, e può spiegare molti aspetti del carattere di molti romani che finiscono per subirne il peso, e anche una bellezza difficile da riconoscere e vivere serenamente, perché produce vuoto: il protagonista la ritroverà intatta, non nella realtà che lo circonda a Roma, ma nella propria memoria: tenera, pura, ricordo di gioventù del suo primo amore, su un'isola presumibilmente del Golfo di Napoli (da dove provengono sia Sorrentino sia Servillo). Quelle di Jep Gambardella non sono mai frasi banali, così come nessuna di quelle che pronunciano i personaggi nel corso del film: la sceneggiatura, curata da Sorrentino assieme a Umberto Contarello, è calzante, perfetta, la cosa migliore di una pellicola di per sé di altissimo livello sotto ogni aspetto. Tutto è di prim'ordine, dal cast al completo, alla fotografia, alla colonna sonora, alla regia. Grande film, massimo punteggio, per quanto mi riguarda.
Film di rara potenza, visiva quanto di significato, ha pienamente soddisfatto le mie aspettative già molto alte per qualsiasi lavoro di Sorrentino. E' stato ovviamente ignorato dalla giuria del Festival di Cannes presieduta dall'opportunista e sistemico Spielberg, e un mancato riconoscimento ufficiale costituisce semmai un titolo di merito, ampiamente compensato dai 10' di applausi del pubblico alla prima proiezione, dal successo che sta avendo in sala in Italia e dall'andamento delle vendite della pellicola all'estero. Non è un film che si racconta, mancando sostanzialmente di una trama in senso tradizionale: protagonista è Roma, eccessiva nella sua bellezza come nella sconcezza senza limiti degli eterni protagonisti della sua dimensione mondana, espressione più tipica del potere e soprattutto dei personaggi che gli nuotano attorno, in un incessante tripudio di volgarità, bruttezza, vacuità, idiozia: giornalisti, intellettualoidi, gente di spettacolo bollita, parassiti, ciarlatani, preti, pagliacci. I "terrazzati", come li chiamo io, perché, come gli Scalfari, le Palombelli e i radical-chic del giro Espresso-Repubblica, i peggiori di tutti, provinciali inurbati adoratori del Potere solo perché tale, presenzialisti ed esibizionisti senza ritegno, trascorrono la propria esistenza su terrazze come quella di Jep Gambardella, con vista sul Colosseo, autore da giovane di un romanzo vincitore del "Bancarella" e da quarant'anni re delle cronache mondane nelle vesti di un giornalista che fa i conti, con disincanto, con sé stesso. Lo interpreta un Toni Servillo magnifico, un cronista che i suoi "polli" li conosce bene, solo apparentemente cinico, in realtà amico sincero di uno scrittore di teatro bravo ma ingenuo e innamorato della donna sbagliata (Carlo Verdone); della direttrice del giornale per cui lavora, una nana estremamente acuta e intelligente; dell'anziano proprietario di un night club ex cocainomane e ora eroinomane e di sua figlia, una spogliarellista in avanti con gli anni interpretata da una Sabrina Ferilli perfetta nel ruolo: è lui a entrarci in una relazione rispettosa e a consigliarle, con affetto, di farsi una famiglia; datore di lavoro esemplare di una colf sudamericana elevata a rango di "angelo della casa", governante nonché confidente, consigliera e amica. Non è un uomo insensibile, Jep, animale notturno che incentra la sua esistenza sui tempi dell'attività festaiola, incessante nella capitale, terminando la sua giornata quando gli altri non l'hanno ancora iniziata, con passeggiate tra gli incanti più o meno nascosti della città o lungo il Tevere nelle luci dell'aurora. E' stata tirata in ballo "La dolce vita" di Fellini, a proposito del film di Sorrentino, e qualche analogia c'è, ma quello di Fellini era ancora uno sguardo tutto sommato indulgente sui vizi di Roma; qui il discorso è a più livelli, da quello estetico, con la sconcertante, barocca, estenuante bellezza della città che fa da contraltare alla mostruosità di chi la usa come palcoscenico per l'esibizione della propria miseria morale, intellettuale oltre che fisica; a quello filosofico e morale: perché è una bellezza alla fine impossibile da reggere, e può spiegare molti aspetti del carattere di molti romani che finiscono per subirne il peso, e anche una bellezza difficile da riconoscere e vivere serenamente, perché produce vuoto: il protagonista la ritroverà intatta, non nella realtà che lo circonda a Roma, ma nella propria memoria: tenera, pura, ricordo di gioventù del suo primo amore, su un'isola presumibilmente del Golfo di Napoli (da dove provengono sia Sorrentino sia Servillo). Quelle di Jep Gambardella non sono mai frasi banali, così come nessuna di quelle che pronunciano i personaggi nel corso del film: la sceneggiatura, curata da Sorrentino assieme a Umberto Contarello, è calzante, perfetta, la cosa migliore di una pellicola di per sé di altissimo livello sotto ogni aspetto. Tutto è di prim'ordine, dal cast al completo, alla fotografia, alla colonna sonora, alla regia. Grande film, massimo punteggio, per quanto mi riguarda.
non sono mai frasi banali, così come nessuna di quelle che pronunciano i personaggi nel corso del film
RispondiEliminaConcordo sulla recensione, quasi alla lettera. Notavo, sulle frasi mai banali, che le parole, nel film, sono per contrasto misurate, scarne, pesate.
Sono invece i silenzi, le inquadrature delle sue passeggiate mattutine e solitarie verso casa, a raccontare la bellezza della città. Emozionanti i dettagli di quell'umanità che inizia la giornata quando la mondanità va a dormire, e forse rimane la sola a rendere omaggio a questa città troppo ricca di una bellezza straripante, per poterla descrivere più che con un semplice canto di voci. Vestite, per contrasto, di un rispettoso abito nero. Monacale, quanto quello delle monache bambine che spiano da dietro una grata ridendo di cose innocenti.