lunedì 6 marzo 2023

Tutto in un giorno

"Tutto in un giorno" (En los márgenes) di Juan Diego Botto. Con Penélope Cruz, Luis Tosar, Christian Checa, Aixa Vilagrain, Font Garcia, Juan Diego Botto, Adelfa Calvo, Nur Al Levi, Javier Perduguero e altri. Spagna, Belgio 2022 ★★★★+

Un pugno nello stomaco ben assestato, e salutare. Lo piazza l'argentino Juan Diego Botto, attore al suo esordio come regista, coadiuvato da Penélope Cruz nella doppia veste di protagonista, in una interpretazione da ricordare, e produttrice. Il film affronta, attraverso una vicenda tristemente verosimile, il tema dei desahucios, ossia gli sfratti esecutivi, 41 mila l'anno, ovvero almeno 100 al giorno, che affliggono la Spagna da quando è scoppiata, anni fa, la crisi dei mutui: decine di migliaia di persone che si ritrovano letteralmente sulla strada da un giorno all'altro perché, trovatesi disoccupate, o quando va bene precarizzate, non sono in grado di pagarne i ratei, secondo la regola aurea (resa cogente a livello UE) che, per tenere in piedi un sistema economico completamente finanziarizzato, vanno innanzitutto salvate le banche, possibilmente col danaro (e gli averi) della loro clientela. Nell'arco di 24 ore che risulteranno decisive per il loro futuro si intrecciano tre storie esemplari di un gruppo di persone in una Madrid semiperiferica e invernale dei nostri giorni, il cui punto di raccordo è Rafa, l'ottimo Luis Tosar, un avvocato che si batte per i diritti degli emarginati con un impegno e un'ostinazione degna di un Don Chisciotte, al punto di trascurare, preso com'è, i sui rapporti famigliari (pagandone le conseguenze), a cominciare da quelli con la moglie Helena, funzionaria ai servizi sociali, in permesso di maternità perché incinta. La giornata inizia con Rafa che, portando una bombola di GPL nell'abitazione di Badia, una immigrata maghrebina sua assistita, viene a scoprire che Selma, la bimba di sei anni di quest'ultima, è stata prelevata dalla polizia e affidata ai servizi sociali: inizia così una corsa contro il tempo (e nei meandri della metropoli) per rintracciare la madre, che non si sa dove lavori; al contempo Azucena, (la Cruz), altra cliente di Rafa che impiegata in un supermercato, si arrabatta tra la scuola, dove deve portare e prelevare il figlio; la banca, dove discute di una proroga di pagamento; il comitato di lotta contro gli sgomberi: un inferno. Al contempo suo marito Manuel (lo stesso Juan Diego Botto), ridotto a fare il manovale a quattro euro all'ora, che è scettico sull'utilità dell'impegno della moglie e profondamente sfiduciato anche sulla solidarietà tra sconfitti, dispensa buoni consigli a Germán, un collega, come lui assunto a giornata in un cantiere (il caporalato è più fiorente che mai anche nelle città più glamour), un ex negoziante che non risponde alle chiamate dell'anziana madre che gli aveva fornito i mezzi per la sua attività perché vive nella vergogna del proprio fallimento e preferisce farle credere di essere introvabile all'estero. Insomma, uno spaccato di realtà che segue il ritmo adrenalinico del barcamenarsi dall'avvocato e di Azucena, serrato come quello di un thriller, dove le storie personali dei personaggi e le loro relazioni vengono solo abbozzate, ma quanto basta per farsene un'idea, altrimenti il film sarebbe dovuto durare almeno tre ore: a sufficienza per rendere l'idea quelle tra Azucena e Manuel; tra Germán e la madre Teodora; tra Rafa, la moglie Helena e il figlio adolescente di lei Raúl, che finirà di chiamarlo "padrastro" e imparerà ad apprezzarlo come padre: sarà l'unico esito positivo della giornata, assieme al ritorno della bimba Selma tra le braccia della madre, infatti il finale non è per nulla consolatorio, per quanto "aperto", così come non lo è la realtà che la pellicola descrive, anche se si sottolinea che non bisogna mai smettere di lottare. Il tributo a Ken Loach è ovvio quanto evidente, lo stile diverso, il risultato ugualmente convincente. Film politico, di impegno civile, e pure ben fatto. Bravi tutti, e grazie.

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