venerdì 31 marzo 2023

Empire of Light

"Empire of Light" di Sam Mendes. Con Olivia Colman, Michael Ward (II), Colin Firth, Toby Jones, Tania Moodie, Crystal Clarke, Tom Brooke, Hannah Onslow, Monica Dolan, Ron Cooke e altri. GB, USA 2022 ★★★★

Siccome non sono il critico di professione, nel senso che non mi pagano per farlo e che in questo spazio posso parlare di quel che ho visto come mi pare, a differenza dell'orientamento prevalente dei recensori più o meno prezzolati ho molto apprezzato questo ultimo film di Sam Mendes che, raccontando di cinema, e di un cinema in particolare, in senso fisico, l'Empire, situato in un imponente edificio risalente agli anni Trenta, che tenta invano di far rivivere i fasti del passato, va controcorrente pure lui, non mettendo al centro se stesso e la sua vocazione registica come ha invece preferito fare nel suo parossismo solipsistico il suo collega americano Steven Spielberg con The Fabelmans, trattando con molto pudore e discrezione i riferimenti autobiografici che pure sono presenti. Siamo a Margate, nel Kent, sulla costa Sud Occidentale dell'Inghilterra, tra il 1980 e il 1981, all'inizio dell'era thatcheriana che avrebbe cambiato la faccia del Paese, va da sé in peggio, svendendolo e demolendo le ultime tracce di una convivenza fondata sulla solidarietà: il maestoso e lussuoso cinema Empire è già stato costretto a chiudere due sale su quattro e il suo direttore, Mr. Ellis (Colin Firth, i cui camei sempre preziosi), tira a campare cercando di confezionare qualche evento che possa rilanciarlo, per esempio organizzando delle "prime" di film di richiamo alla presenza dei politici e della crème locale; ma a tenere in piedi la baracca è Hilary, una donna di mezza età cui dà corpo una Olivia Colman con un'interpretazione irreprensibile e di rara intensità, che si è appena ripresa da un pesante esaurimento nervoso e sempre sull'orlo di una ricaduta, la quale dirige il personale con attenzione e competenza. Tira aria nuova quando a fare parte dello staff arriva Stephen (Michael Ward, in un ruolo meno arduo ma non banale), un giovane di colore la cui famiglia è originaria di Trinidad, e che vive con la madre infermiera: vorrebbe studiare architettura e andarsene dalla cittadina di provincia, ma il razzismo che prende sempre più piede proprio in quell'epoca non è d'aiuto, e intanto si guadagna da vivere lavorando all'Empire. Il film si impernia sulla relazione che nasce tra lui e Hilary, che al di là dell'attrazione fisica si fonda su un affetto e una comprensione profonda, a differenza dei quella umiliante che la donna aveva in corso, clandestinamente, col suo principale, basata su ipocrisia, sesso e sudditanza psicologica. Ma non è solo la storia di un amore che il film, girato magnificamente, con una fotografia potente, racconta, ma anche e soprattutto un'epoca e un'atmosfera; il rapporto tra i componenti di questa sorta di famiglia cinematografica capitata lì da percorsi diversi, che non vengono esplicitati ma si possono intuire, personaggi ben caratterizzati e tra i quali spicca il proiezionista, interpretato dal par suo da Toby Jones, a cui bastano poche battute per pennellare un tipo indimenticabile; certo, c'è anche l'elogio della "settima arte", l'amore ddi Sam Mendes, visto metaforicamente come un rifugio, o una via di fuga da un mondo reale sempre più nefando e imbarbarito: disumanizzato. Gran bel film, elegante, sensibile, intelligente e per niente scontato.

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