domenica 6 novembre 2022

Il Presidente

"Il Presidente" (La Cordillera) di Santiago Mitre. Con Ricardo Darín, Erica Rivas, Dolores Fonzi, Elena Anaya, Daniel Giménez Castro, Alfredo Castro, Gerardo Romano, Paulina García, Christian Slater e altri. Argentina, Francia, Spagna 2017 ★★★★1/2

Tocca essere grati all'esistenza delle piattaforme streaming, in questo caso Prime Video, perché spesso consentono di recuperare film che non sono usciti in sala in Italia oppure vi sono apparsi come meteore: è il caso de Il Presidente di Santiago Mitre, uscito nei cinema italiani fugacemente nell'autunno del 2018 dopo essere stato selezionato al Torino Film Festival dell'anno precedente, capitatomi sott'occhio dopo aver cercato Argentina, 1985; stessa sorte per il suo lungometraggio d'esordio, El estudiante, intercettato per puro caso, mentre non mi sembra per ora reperibile La patota del 2015. Come in Argentina, 1985, Mitre può avvalersi della straordinaria prestazione di Ricardo Darín, che qui è nella parte del neo presidente argentino Hernán Blanco il quale partecipa al suo primo summit di capi di Stato latinoamericani, cruciale per dare vita a una sorta di OPEC e quindi per il futuro energetico della della regione, in cui è in discussione il fatto che ne facciano parte gli USA, e in particolare le loro imprese energetiche private, e gli altri Stati loro satelliti dell'America Centrale. Arrivato alla massima carica come "uomo comune", già sindaco di Santa Rosa, capitale della Provincia di La Pampa, una realtà piuttosto marginale nel Paese, giocando anche sul suo cognome (Blanco: un uomo pulito), è in realtà uno sconosciuto nei palazzi del potere di Buenos Aires e ancora di più al cospetto dei suoi più navigati colleghi stranieri, tra cui giganteggia il presidente brasiliano. Già prima della trasferta in un comprensorio sciistico sulle Ande, poco oltre il confine tra Argentina e Cile (si tratta di Valle Nevado, a Sud della più famosa Portillo, a una sessantina di chilometri da Santiago), alla Casa Rosada, ha le sue rogne: il genero, un ricco imprenditore, da cui la figlia Marina vive separata, è sotto inchiesta e minaccia rivelazioni imbarazzanti sui fondi della sua campagna elettorale. Blanco, piuttosto taciturno, quasi imbarazzato, inizialmente appare abbastanza un pesce fuor d'acqua manovrato da consiglieri e, in particolare, dalla sua solerte segretaria e factotum (la bravissima Erica Rivas) ma è solo apparenza, perché in realtà ha le idee chiare e lo dimostrerà in maniera crescente nel corso del vertice, dove chi lo ha sottovalutato, a cominciare dal suo omologo messicano e dagli arroganti alti funzionari USA di cui fa il ventriloquo (il colloquio privato con un alto consigliere statunitense, svolto in inglese, è esemplare e andrebbe rivisto e fatto girare come estratto). Che non sia un burattino cominciano ad accorgersene i sui collaboratori, la giornalista spagnola che lo intervista, e l'uomo acquisisce sicurezza nonostante i suoi problemi privati lo seguano e raggiungano  fino al lussuoso complesso dove è ospitato il summit: oltre ad avere lui stesso lati oscuri come una relazione segreta con la moglie dell'ambasciatore che ha appena nominato, da Buenos Aires giunge anche Marina, afflitta da problemi psichici non indifferenti, dalla cui memoria affiorano fatti che comprometterebbero l'immagine di Blanco se fossero veri e non solo frutto di una mente malata: per capire l'entità del malessere e tenerlo sotto controllo, giunge perfino un famoso psichiatra che sottopone Marina ad ipnosi. Il film, dunque, scorre su un doppio binario: i retroscena del potere, che Mitre rende anche in questa occasione con grande precisione e credibilità, e la sottile linea tra verità e menzogna, sincerità e manipolazione, realtà e immaginazione che domina sia le vicende private dei protagonisti, sia la loro dimensione pubblica e le relazioni tra i massimi esponenti dei rispettivi Stati. Un film a tratti cupo, con tratti noir, in cui la tensione è palpabile e vibra sotto traccia, pronta a esplodere: aiuta in questo anche l'ambientazione in un luogo isolato e in una location che ha un che di inquietante (qualcuno ha ricordato Shining), a tremila metri d'altezza sulla Ande, in un'atmosfera rarefatta ma al contempo densa, minacciosa; cose dette a metà, accenni ambigui o per sottintesi, come del resto tipico nelle alte sfere del potere. Un film efficace e molto argentino, nella miglior tradizione di una cinematografia troppo poco conosciuta rispetto a quello che meriterebbe. 

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