"El Estudiante" di Santiago Mitre. Con Esteban Lamothe, Romina Paula, Valeria Correa, Ricardo Felix e altri. Argentina, 2011 ★★★★½
Notevole l'esordio di questo giovane regista argentino più che promettente, il quale ha girato un lungometraggio tutto in digitale e con scarsissimi mezzi, che racconta la formazione, a partire dalle aule universitarie, di un perfetto politico di professione dell'ultima (de)generazione, assolutamente congruo ai vecchi volponi di quella che l'ha preceduta e ancora non mollano il colpo. Benché le intenzioni di Mitre fossero quelle di raccontare attraverso il mircrocosmo universitario la situazione argentina (estremamente complessa anche per chi come me conosce relativamente bene le dinamiche della politica di quel Paese) e di indagare cosa spinga i ragazzi alla "militanza", il film assume un significato che dal particolare si allarga all'universale, e il non sapersi districare tra le varie sigle e correnti che si agitano nelle fatiscenti strutture della facoltà di scienze sociali della UBA, l'università pubblica (e pressoché gratuita, per ora) della Capitale Federale, non ha alcuna rilevanza (di più è ricordare che all'interno del peronismo, al potere anche oggi e probabilmente per sempre, c'è tutto e il suo contrario: la correnti della DC erano uno scherzo al confronto). La telecamera a mano segue Roque (Esteban Lamothe, estremamente duttile ed espressivo), un ragazzo arrivato a Buenos Aires da Ameghino, cittadina agreste sperduta nella pampa, nelle sue peregrinazioni tra aule e corridoi della nuova facoltà (la sensazione è quella di essere stati catapultati in un'università italiana nei primi anni Settanta: cambia, parzialmente, la lingua, originale nella pellicola e molto ben sottotitolata) e al terzo tentativo di dare inizio alla sua carriera universitaria. Non avendo in realtà alcuna vocazione, e tantomeno una qualche coscienza politica, in realtà va alla ricerca di nuove conoscenze, ragazze con cui trascorrere una notte e magari lo ospitino gratuitamente in una dépéndance della casa dei genitori, come Valeria, finché lui non si invaghisce della ventinovenne Paula, assistente del carismatico professor Acevedo, già politico di lungo corso (e pelo sullo stomaco) con cui in passato aveva avuto una relazione: sarà lei a introdurlo nel mondo della politica, a cui Roque aderirà non per un'improvvisa folgorazione ideologica né per mero interesse ma perché svelando il suo autentico talento, che è quello di organizzare, avere conoscenze, farsi amici tutti, conoscerne inclinazione e debolezze, intrallazzare, essere adattabile e sveglio e immune alle delusioni, trova alla fine la sua strada. Diventa così il galoppino di Acevedo, disposto ad assumersi delle colpe non propriamente sue per favorirne l'ascesa al rettorato: alla fine dell'apprendistato sarà addestrato per essere un efficientissimo funzionario politico, ma saprà anche dire di no al suo pigmalione perché al contempo sinceramente legato a Paula (la bravissima Romina Paula, ottima scrittrice, pubblicata anche in Italia: "Agosto" / La Nuova Frontiera, oltre che drammaturga e attrice), che a differenza sua ha un'etica e una formazione politica seria. Ma lei non "fa politica", fa battaglie e insegna idee politiche; lui, la sua vera formazione professionale l'ha già fatta (con tanto di tirocinio pratico), e una volta preso il pezzo di carta, saprà farlo fruttare all'interno del meccanismo micidiale del baraccone che fa da contorno al potere. "El Estudiante", pluripremiato sia in patria sia all'estero (due anni fa vinse il Gran Premio della Giuria al festival di Locarno) è uscito nelle sale italiane all'inizio del mese ma ha avuto, purtroppo, una diffusione molto limitata. Un peccato perché merita ed è estremamente istruttivo.
Notevole l'esordio di questo giovane regista argentino più che promettente, il quale ha girato un lungometraggio tutto in digitale e con scarsissimi mezzi, che racconta la formazione, a partire dalle aule universitarie, di un perfetto politico di professione dell'ultima (de)generazione, assolutamente congruo ai vecchi volponi di quella che l'ha preceduta e ancora non mollano il colpo. Benché le intenzioni di Mitre fossero quelle di raccontare attraverso il mircrocosmo universitario la situazione argentina (estremamente complessa anche per chi come me conosce relativamente bene le dinamiche della politica di quel Paese) e di indagare cosa spinga i ragazzi alla "militanza", il film assume un significato che dal particolare si allarga all'universale, e il non sapersi districare tra le varie sigle e correnti che si agitano nelle fatiscenti strutture della facoltà di scienze sociali della UBA, l'università pubblica (e pressoché gratuita, per ora) della Capitale Federale, non ha alcuna rilevanza (di più è ricordare che all'interno del peronismo, al potere anche oggi e probabilmente per sempre, c'è tutto e il suo contrario: la correnti della DC erano uno scherzo al confronto). La telecamera a mano segue Roque (Esteban Lamothe, estremamente duttile ed espressivo), un ragazzo arrivato a Buenos Aires da Ameghino, cittadina agreste sperduta nella pampa, nelle sue peregrinazioni tra aule e corridoi della nuova facoltà (la sensazione è quella di essere stati catapultati in un'università italiana nei primi anni Settanta: cambia, parzialmente, la lingua, originale nella pellicola e molto ben sottotitolata) e al terzo tentativo di dare inizio alla sua carriera universitaria. Non avendo in realtà alcuna vocazione, e tantomeno una qualche coscienza politica, in realtà va alla ricerca di nuove conoscenze, ragazze con cui trascorrere una notte e magari lo ospitino gratuitamente in una dépéndance della casa dei genitori, come Valeria, finché lui non si invaghisce della ventinovenne Paula, assistente del carismatico professor Acevedo, già politico di lungo corso (e pelo sullo stomaco) con cui in passato aveva avuto una relazione: sarà lei a introdurlo nel mondo della politica, a cui Roque aderirà non per un'improvvisa folgorazione ideologica né per mero interesse ma perché svelando il suo autentico talento, che è quello di organizzare, avere conoscenze, farsi amici tutti, conoscerne inclinazione e debolezze, intrallazzare, essere adattabile e sveglio e immune alle delusioni, trova alla fine la sua strada. Diventa così il galoppino di Acevedo, disposto ad assumersi delle colpe non propriamente sue per favorirne l'ascesa al rettorato: alla fine dell'apprendistato sarà addestrato per essere un efficientissimo funzionario politico, ma saprà anche dire di no al suo pigmalione perché al contempo sinceramente legato a Paula (la bravissima Romina Paula, ottima scrittrice, pubblicata anche in Italia: "Agosto" / La Nuova Frontiera, oltre che drammaturga e attrice), che a differenza sua ha un'etica e una formazione politica seria. Ma lei non "fa politica", fa battaglie e insegna idee politiche; lui, la sua vera formazione professionale l'ha già fatta (con tanto di tirocinio pratico), e una volta preso il pezzo di carta, saprà farlo fruttare all'interno del meccanismo micidiale del baraccone che fa da contorno al potere. "El Estudiante", pluripremiato sia in patria sia all'estero (due anni fa vinse il Gran Premio della Giuria al festival di Locarno) è uscito nelle sale italiane all'inizio del mese ma ha avuto, purtroppo, una diffusione molto limitata. Un peccato perché merita ed è estremamente istruttivo.
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