A riprova della mancanza di credibilità della Grande CGIL quando si erge a paladina dei "lavoratori" (ossia i propri iscritti, di cui più della metà sono pensionati) e unico argine alle politiche dell'attuale governo, di cui quello che è da sempre il suo partito di riferimento è l'azionista di maggioranza, e il suo segretario, con cui pure il "compagno" Landini flirtava fino all'altro ieri, il capo, il luogo in cui, ancora una volta, ripetendo ossessivamente un rituale, ha organizzato la sua "adunata oceanica". Immaginatevi se invece di Roma, come meta per il milione di persone (numero peraltro mai verificato né verificabile seriamente, ma ormai questa cifra totemica fa parte della rappresentazione del mito) fosse stata scelta Firenze e proprio in coincidenza con l'altra buffonata della "Leopolda", organizzata dalla nouvelle vague che ha preso sopravvento nel PD. Renzi, il suo stato maggiore e le new entry erano lì, e non a Roma, a straparlare di jobs act e delle altre mirabolanti iniziative per fottere sia chi lavora per davvero sia chi un lavoro se lo sogna, per non parlare dell'impatto fisico di una massa simile su una città che ha un decimo degli abitanti e dell'estensione della capitale: avrebbe potuto letteralmente circondarli, stringerli d'assedio, farsi sentire nello stretto senso del termine. Forse perfino a me, che pure auspico la morte del sindacato italiano nella sua versione sia una sia trina così come del PD, sarebbe venuto un dubbio e avrei concesso un minimo di credito alla serietà della manifestazione e delle intenzioni di chi l'ha promossa. E invece si è trattato della solita scampagnata del fine settimana in riva al Tevere di dirigenti, funzionari e iscritti più fedeli, e dunque per l'appunto ex lavoratori in quiescenza, seguiti da pubblici dipendenti, più chi, per stanca abitudine, scoraggiamento o scarsa comprensione di chi siano i propri leader, e a quale gioco stiano giocando, segue a ruota o esegue gli ordini. Niente di nuovo sotto il sole ottobrino di Roma, e niente di nuovo nelle beghe interne del PD di cui la CGIL, già cinghia di trasmissione dell'ex PCI-PDS-PD e ora orfana del ruolo, è parte in commedia. Non rimane che prenderne atto, smascherarli, trarne le dovute conseguenze e prendere le opportune difese.
domenica 26 ottobre 2014
Il ridicolo gioco delle parti tra la Leopolda e la Susanna
A riprova della mancanza di credibilità della Grande CGIL quando si erge a paladina dei "lavoratori" (ossia i propri iscritti, di cui più della metà sono pensionati) e unico argine alle politiche dell'attuale governo, di cui quello che è da sempre il suo partito di riferimento è l'azionista di maggioranza, e il suo segretario, con cui pure il "compagno" Landini flirtava fino all'altro ieri, il capo, il luogo in cui, ancora una volta, ripetendo ossessivamente un rituale, ha organizzato la sua "adunata oceanica". Immaginatevi se invece di Roma, come meta per il milione di persone (numero peraltro mai verificato né verificabile seriamente, ma ormai questa cifra totemica fa parte della rappresentazione del mito) fosse stata scelta Firenze e proprio in coincidenza con l'altra buffonata della "Leopolda", organizzata dalla nouvelle vague che ha preso sopravvento nel PD. Renzi, il suo stato maggiore e le new entry erano lì, e non a Roma, a straparlare di jobs act e delle altre mirabolanti iniziative per fottere sia chi lavora per davvero sia chi un lavoro se lo sogna, per non parlare dell'impatto fisico di una massa simile su una città che ha un decimo degli abitanti e dell'estensione della capitale: avrebbe potuto letteralmente circondarli, stringerli d'assedio, farsi sentire nello stretto senso del termine. Forse perfino a me, che pure auspico la morte del sindacato italiano nella sua versione sia una sia trina così come del PD, sarebbe venuto un dubbio e avrei concesso un minimo di credito alla serietà della manifestazione e delle intenzioni di chi l'ha promossa. E invece si è trattato della solita scampagnata del fine settimana in riva al Tevere di dirigenti, funzionari e iscritti più fedeli, e dunque per l'appunto ex lavoratori in quiescenza, seguiti da pubblici dipendenti, più chi, per stanca abitudine, scoraggiamento o scarsa comprensione di chi siano i propri leader, e a quale gioco stiano giocando, segue a ruota o esegue gli ordini. Niente di nuovo sotto il sole ottobrino di Roma, e niente di nuovo nelle beghe interne del PD di cui la CGIL, già cinghia di trasmissione dell'ex PCI-PDS-PD e ora orfana del ruolo, è parte in commedia. Non rimane che prenderne atto, smascherarli, trarne le dovute conseguenze e prendere le opportune difese.
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