"La buca" di Daniele Ciprì. Con Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Jacopo Cullin, Ivan Franek, Reco Celio, Sonia Gessner, il cane Sioux. Italia 2014 ★★★★
Commedia surreale e grottesca, godibilissima, che si rifà a modelli ormai classici e con citazioni cinematografiche del tutto trasparenti, si poggia su una "strana coppia": Armando, un povero disgraziato ex cameriere che ha scontato ingiustamente una condanna a trent'anni di galera per rapina a mano armata e omicidio e Oscar, un avvocato misantropo, nevrotico e imbroglione, interpretati rispettivamente e con grande efficacia e bravura da Rocco Papaleo e Sergio Castellitto, incontratisi a causa di un cane che segue Armando dal momento del rilascio in libertà e ne viene adottato (l'impeccabile e simpatico Sioux, battezzato dal nuovo padrone Internazionale). Il leguleio, che vive di richieste di risarcimento truffaldine e di "pizzi" pagatigli da falsi invalidi cui ha prestato "assistenza", ed "esercita" in corrispondenza di una buca nel manto stradale che non viene mai riparata (siamo in una Roma di cartapesta che ricorda gli Stati Uniti degli anni Quaranta), prima cerca di spremere lo stremato Armando asserendo di essere stato morsicato dal suo cane; poi, quando si rende conto che questi non ha un soldo e ne ascolta le infelici vicende, intravvede la possibilità di chiedere la revisione del processo nonché un risarcimento miliardario. Il lieto fine è annunciato già nello scorrere della simpatica e fantasiosa animazione con cui sono presentati i titoli di testa (l'innocenza di Armando verrà riconosciuta dalla corte ma non il risarcimento: ma il duo si rifarà altrimenti della parziale ingiustizia), ma lo spasso del film è come la vicenda viene raccontata, che mi ha subito ricordato "Grand Hotel Budapest" anche nella storia, adattata però ai vizi e difetti nostrani, vedi la cialtroneria e superficialità imperanti, il menefreghismo e formalismo delle istituzioni, il familismo e la relativa ipocrisia nei rapporti, il fatalismo e la capacità di sopportazione dei perdenti e degli oppressi, resi con l'esagerazione dei tic dei vari personaggi, a tratti caricaturali ma chirurgici nel colpire nel segno. Centrale altresì il personaggio femminile della dolce barista Carmen, una brava Valeria Bruna Tedeschi, capace di stemperare le incomprensioni e tensioni che si creano nella coppia maschile, così come tutti quelli di contorno. Un film divertente, sano, molti gradevole e ben fatto, una fiaba né dolce né amara, ironica, lieve, comunque istruttiva e ben soprattutto ben raccontata.
Commedia surreale e grottesca, godibilissima, che si rifà a modelli ormai classici e con citazioni cinematografiche del tutto trasparenti, si poggia su una "strana coppia": Armando, un povero disgraziato ex cameriere che ha scontato ingiustamente una condanna a trent'anni di galera per rapina a mano armata e omicidio e Oscar, un avvocato misantropo, nevrotico e imbroglione, interpretati rispettivamente e con grande efficacia e bravura da Rocco Papaleo e Sergio Castellitto, incontratisi a causa di un cane che segue Armando dal momento del rilascio in libertà e ne viene adottato (l'impeccabile e simpatico Sioux, battezzato dal nuovo padrone Internazionale). Il leguleio, che vive di richieste di risarcimento truffaldine e di "pizzi" pagatigli da falsi invalidi cui ha prestato "assistenza", ed "esercita" in corrispondenza di una buca nel manto stradale che non viene mai riparata (siamo in una Roma di cartapesta che ricorda gli Stati Uniti degli anni Quaranta), prima cerca di spremere lo stremato Armando asserendo di essere stato morsicato dal suo cane; poi, quando si rende conto che questi non ha un soldo e ne ascolta le infelici vicende, intravvede la possibilità di chiedere la revisione del processo nonché un risarcimento miliardario. Il lieto fine è annunciato già nello scorrere della simpatica e fantasiosa animazione con cui sono presentati i titoli di testa (l'innocenza di Armando verrà riconosciuta dalla corte ma non il risarcimento: ma il duo si rifarà altrimenti della parziale ingiustizia), ma lo spasso del film è come la vicenda viene raccontata, che mi ha subito ricordato "Grand Hotel Budapest" anche nella storia, adattata però ai vizi e difetti nostrani, vedi la cialtroneria e superficialità imperanti, il menefreghismo e formalismo delle istituzioni, il familismo e la relativa ipocrisia nei rapporti, il fatalismo e la capacità di sopportazione dei perdenti e degli oppressi, resi con l'esagerazione dei tic dei vari personaggi, a tratti caricaturali ma chirurgici nel colpire nel segno. Centrale altresì il personaggio femminile della dolce barista Carmen, una brava Valeria Bruna Tedeschi, capace di stemperare le incomprensioni e tensioni che si creano nella coppia maschile, così come tutti quelli di contorno. Un film divertente, sano, molti gradevole e ben fatto, una fiaba né dolce né amara, ironica, lieve, comunque istruttiva e ben soprattutto ben raccontata.
Nessun commento:
Posta un commento