martedì 15 novembre 2022

Alla greca


"Alla greca" di Steven Berkoff. Traduzione di Carlotta Clerici e Giuseppe Manfridi; regìa di Elio De Capitani. Con Elio De Capitani, Crisitina Crippa, Sara Borsarelli, Marco Bonadei. Costumi di Andrea Taddei; scene di Thalia Istikopoulo, riprogettate e realizzate da Roberta Monopoli. Musiche di Mario Arcari eseguite dal vivo da Mario Arcari e Tommaso Frigerio; luci di Nando Frigerio; suono di Marco Sorasio; assistente ai costumi Elena Rossi. Produzione Teatro dell'Elfo e Campania Teatro Festival. Al Teatro Elfo/Puccini di Milano fino al 13 novembre 2022

All'ultimo respiro ce l'ho fatta: l'ultima replica di uno spettacolo che l'Elfo aveva proposto trent'anni fa, durante la stagione 1992/93, sempre per la regìa di Elio De Capitani, che domenica, emozionato, ha ricordato Gigi Dall'Aglio e Tania Rocchetta, scomparsi negli ultimi anni i quali, in quell'edizione, interpretarono il ruolo dei genitori di Eddy (Edipo: si tratta di una rilettura in chiave attuale della tragedia di Sofocle da parte del drammaturgo inglese Steven Berkoff) in cui ora si sono cimentati lo stesso De Capitani e sua moglie Cristina Crippa, che allora aveva dato vita alla madre e moglie di Edipo. Nei panni di quest'ultimo un Marco Bonadei estremamente fisico, nella parte che fu di Ferdinando Bruni: e il cerchio elfistico si chiude. Berkoff aveva riproposto il mito di Edipo ambientandolo nei bassifondi della Londra post-punk degli anni Ottanta, quelli della Thatcher e dell'avvio della trasformazione in senso sfrenatamente liberista e individualista della società, e il giovane Eddy è il prototipo dell'adolescente furioso e nichilista, che rifiuta lo squallore dell'ambiente in cui si adagia la sua famiglia di origine, composta dal classico trio padre-madre-sorella, un mondo sordido di vecchi ubriaconi da pub, hooligan scozzesi, terroristi irlandesi, contro cui si scaglia con un'intemerata memorabile fatta di improperi, insulti, volgarità e di una violenza inaudita, cui dà corpo Marco Bonadei con una prestazione muscolare e vocale degna di nota; e vuole uscire con tutte le sue forze da un destino altrimenti segnato, supportato anche da uno strana profezia che uno zingaro fa a suo padre, trovando la sua "strada" proprio in un pub, dove reagisce alle provocazioni di un gestore nazista ingaggiando con lui un duello verbale che tramortisce il rivale, perché anche le parole uccidono... in maniera contundente. Con la sua loquela immaginifica e allucinata riesce a sedurre anche la moglie del defunto barista (l'ottima Sara Borsarelli) che, più che addolorata per la morte del marito, vive nel rimpianto di un figlio svanito e mai più ritrovato, in una intensa e provocatoria schermaglia erotica e soprattutto oratoria, conquistandola. La scena si svolge su tre livelli: in alto Mario Arcari, che ha composto le musiche e che le esegue assieme a Tommaso Frigerio, contrappunto al cabaret che si svolge sul piano intermedio, con i personaggi che ingaggiano grotteschi siparietti dialettici, andando avanti e indietro con carrelli da supermercato e dondolandosi su una sbarra metallica sospesa; più in basso ancora una distesa di ghiaia (in origine ricordo che la scena di Thalia Istikopoulo prevedesse un tappeto di frammenti di vetro). Nel secondo atto troviamo ritroviamo la coppia, una decina di anni più tardi, siamo negli anni Novanta di blairiana memoria, baciata dal successo: hanno aperto una catena di fast food, sono ricchi sfondati, la vecchia Londra è sparita, e su insistenza della moglie Eddy contatta i suoi genitori che non vede da quando ha lasciato casa, che però scopre non essere quelli naturali ma adottivi ma ora si sente abbastanza forte da affrontare, come da profezia, la Sfinge, una Cristina Crippa che qui si sdoppia nel ruolo di femminista incazzata che non solo gli vomita addosso tutto il disprezzo per il suo rozzo maschilismo ma anche la verità sulla sue origini: è lui il figlio che sua moglie aveva perso, in sostanza il suo matrimonio è frutto di un incesto. A differenza di Edipo, però, Eddy nonostante sia sconvolto dalla rivelazione, viene a patti con il tabù e l'accetta: al grande "amore", quando capita, non si rinuncia, non ci sono limiti che possano frapporsi e gli scrupoli morali, al giorno d'oggi, sono superflui. Nella perfetta logica amorale e utilitaristica che, profeticamente, Berkoff aveva visto nascere e che abbiamo visto trionfare al giorno d'oggi. Grande spettacolo, disturbante, coinvolgente, vivo, quattro attori che dominano la scena e, quando sono presenti in simultanea, sembrano il doppio. Grazie, elfi!

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