sabato 22 ottobre 2022

Siccità

"Siccità" di Paolo Virzì. Con Silvio Orlando, Valerio Mastrandrea, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Tommaso Ragno, Elena Vietti, Diego Ribon, Sara Serraiocco, Gabriel Montesi, Max Tortora, Monica Bellucci, Emanuela Fanelli e altri. Italia 2022 ★★+

Scritta a quattro mani dal regista assieme alla collega Francesca Archibugi (meglio evitarla, come già ebbi a notare per La pazza gioia), Francesco Piccolo, l'autore che ambisce "essere normale", infine Paolo Giordano, questa commedia "distopica", che vuole essere anche un omaggio a maestri come Risi, Scola e Monicelli, mi pare segni un passo indietro per il regista livornese, il cui problema, a quanto pare, è proprio l'ambiente capitolino: quando se ne è allontanato con decisione, soprattutto nel caso de Il capitale umano, a mio avviso il suo film di gran lunga migliore, i risultati sono stati molto più convincenti. Concepito durante il primo lockdown, a cui abbondano i riferimenti, dalla situazione emergenziale, all'assuefarsi ad essa, all'ansia diffusa e alla crescente incomunicabilità, nel 2024 si immagina che Roma sia colpita da una siccità che dura da ormai tre anni e si sia alla vigilia della chiusura definitiva dei rubinetti dell'acqua, già razionata, e di ulteriori restrizioni e nel letto del Tevere, completamente prosciugato, emerge un antico monumento di cui non si sospettava esistenza. Nonostante ciò un'umanità desolante e autocentrata tira a campare immersa nelle sue miserie personali e intronata da un contorno altrettanto autoreferenziale e vacuo, tra informazione truffaldina e idiota, scienziati ed "esperti" che bivaccano negli studi televisivi quando non si trasferiscono nelle scalfariane terrazze romane, che resistono a qualsiasi evento, anche catastrofico. Tra questi, il film ne sceglie un gruppo rappresentativo i cui destini, come da copione in questo tipo di pellicole, si intersecano in qualche maniera: abbiamo così l'avvocato di successo (Marchioni) che si scambia messaggi erotici con una vecchia fiamma del liceo (Vietti), moglie di un ex attore di teatro diventato influencer e imbesuito dai social (Ragno: perfetto), il loro figlio adolescente e ribelle che si aggrega a un gruppuscolo di borgatari incazzati, un commerciante ridotto al lastrico che vuole portare le  sue sventure a conoscenza del vasto pubblico televisivo (Tortora), un ex conducente di auto blu narcolettico e in preda ad allucinazioni riciclatosi in autista per Uber (Mastrandrea, sempre una certezza) che rimane vittima di un nuovo morbo portato dalle blatte che infestano la città e, ricoverato in ospedale in terapia intensiva, si riconcilia con l'ex moglie, medico (Pandolfi, forse la più convincente), ora compagna dell'avvocato fedifrago; la loro figlia che fa l'orchestrale e si è fidanzata con un ragazzo africano che insegna ai romani come si risparmia l'acqua; e ancora un'infermiera incinta (Serraiocco) di una guardia del corpo tanto demente quanto fondamentalmente buono (Montesi) che lavora per la figlia negletta dei ricchi proprietari di un lussuoso stabilimento termale dove, ovviamente, l'acqua non manca mai, e poi un detenuto che si trova suo malgrado catapultato all'esterno della comfort zone che per lui è ormai rappresentata dalla sua cella a Rebibbia il quale si trova a vagare nella città in cerca di redenzione (Silvio Orlando, a tratti commovente) e infine Monica Bellucci, inguardabile nella sua stolida inespressività nonché inascoltabile dalla sua viva voce, che fornisce una impareggiabile ed esilarante interpretazione di sé stessa: nemmeno un’attrice vera e di talento autentico come Virginia Raffaele sarebbe riuscita a fare meglio. C'è movimento, per fortuna, ma una marea di luoghi comuni, situazioni e battute scontate, buonismo a profusione, "correttezza politica" diffusa a piene mani, una critica al cretinismo imperante tutto sommato così affettuosa e quasi complice, da risultare alla fine assolutoria: lontana la sacrosanta cattiveria de Il capitale umano, per l'appunto, e dimenticata la lezione di altri due grandi della commedia italiana più sferzante come Nanni Loi e Luciano Salce. Un peccato, perché gli attori ce la mettono tutta, come anche Mina quando cantava Mi sei scoppiato dentro al cuore che aleggia come colonna sonora durante il film ed esplode alla fine, quando torna la pioggia invocata perfino dal Papa.

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