lunedì 17 ottobre 2022

Gli orsi non esistono

"Gli orsi non esistono" (Khers Nist) di Jafar Panahi. Con Jafar Panahi, Naser Hashemi, Vahid Mobasheri, Mina Khosravani, Bakhtiyar Panjeei, Reza Heydari, Narjes Delaram e altri. Iran 2022 ★★★★★

Ancora una volta Jafar Panahi è stato costretto a escogitare un espediente per aggirare i rigidi limiti posti alla sua attività di regista e sceneggiatore dal regime teocratico iraniano che gli impedisce ormai dal 2010 di girare un film vero e proprio: mentre nell'ultimo Taxi-Teheran al divieto di girare in esterni aveva risposto trasformandosi in conducente di auto pubbliche piazzando una camera sul parabrezza interno e riprendendo le chiacchiere con clienti apparentemente casuali in giro per le strade della capitale, questa volta si è trasferito in un paesino rurale a ridosso del confine con la Turchia, da dove segue da remoto le riprese di un film che avvengono nella città posta appena dopo la frontiera attraverso un computer che si avvale, però, di una connessione alquanto instabile, scelta dovuta al fatto di voler essere il più vicino possibile fisicamente alla sua troupe. Si intrecciano quindi due vicende, quella di una coppia di quarantenni iraniani da anni in Turchia che cerca di raggiungere l'Europa ma è senza documenti, e quella di Panahi che, al di qua della frontiera, ospitato in una casa di un abitante su intercessione dello sceriffo del villaggio, che ne racconta la storia, e che rimane invischiato in una grottesca contesa paesana che ha a che fare con pregiudizi e menzogne: lo accusano di avere fotografato una coppia di amanti, mettendo a rischio un matrimonio combinato che "si ha da fare". Mentre su lato turco un sofferto Bakhtiyar (Panjeei) riesce finalmente a recuperare un passaporto per Zara (Mina Khorsavani), lei si rifiuta di partire senza di lui, a costo di perdere l'occasione si raggiungere Parigi, su quello iraniano il regista rimane impantanato in un'altra storia di amore contrastato, con protagonisti un villico che reclama dei presunti diritti su una fanciulla basati sulla tradizione e un ex studente espulso per motivi politici dall'università di Tehran, col primo che fa riunire i maggiorenti del villaggio per sottoporre Panahi a una sorta di processo incolpandolo di avere ritratto la coppia "clandestina" e chiedendogli di giurare sul Corano di non averlo fatto, benché abbia già restituito la scheda di memoria alle autorità del villaggio, giuramento che il regista si rifiuta di prestare chiedendo invece che la riunione venga documentata attraverso una ripresa. Da una parte e dall'altra di un confine precario, dove se nei posti di frontiera i controlli sono ferrei a pochi chilometri di distanza è oltremodo poroso, consentendo traffici di ogni genere, realtà e finzione si intrecciano, gli interpreti stessi del film si ribellano ai personaggi che mettono in scena, e perfino il regista non se la sente di superare la linea di separazione che divide i due Paesi (e quindi, simbolicamente, realtà e finzione), e gli tocca subire i fastidi che gli procura quella permanenza in un ambiente da cui viene sentito estraneo nonostante l'atteggiamento apparentemente ospitale ma sostanzialmente ambiguo e ostile degli autoctoni, schiavi di superstizioni e menzogne su cui del resto qualsiasi regime punta per mantenerli tali e garantirsi potere, tanto che alla fine è costretto, per evitare guai maggiori, a rientrare a Teheran. Sale sulla sua auto, mette in moto e parte: uscito dal villaggio si ferma, tira il freno a mano e mette in folle, le luci si spengono, il motore rimane acceso, sullo schermo appare la scitta: Fine. Sarà l'ultimo film di Panahi prima di aver scontato la più recente condanna che gli è stata inflitta: attualmente è nuovamente in carcere. Non è vero che, come dice il titolo, gli orsi non esistono: la prova è lui, che ha l'aspetto bonario e pacifico di un panda e che si muove con la medesima goffaggine. E noi siamo con lui. Un grande artista, un piccolo grande uomo. A presto, Jafar.

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