domenica 2 ottobre 2022

Il signore delle formiche

"Il signore delle formiche" di Gianni Amelio. Con Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Leonardo Maltese, Sara Serraiocco, Anna Caterina Antonacci, Rita Bosello, Dabide  Vecchi, Maria Caleffi, Valerio Binasco, Alberto Cracco e altri. Italia 2022 ★★★

Grande merito dell'ultimo film di Amelio, presentato in concorso alla recente Mostra del Cinema di Venezia, è di aver riportato alla memoria dei più anziani, e conoscere ai più giovani, la vicenda di Aldo Braibanti, già partigiano, comunista (critico), drammaturgo e poeta, nonché appassionato studioso di formiche (ossia mirmecologo, da qui il titolo) e in particolare del loro comportamento sociale, che nel 1968 venne condannato a 9 anni di reclusione (14 ne aveva chiesti il PM), poi ridotti a 4 in appello per plagio nei confronti di un giovane: era la prima volta che questo reato ereditato dal Codice Rocco, e mal configurato, veniva applicato. Surrettiziamente: perché l'accusa di avere subornato la mente di un giovane (Ettore, peraltro maggiorenne) celava in realtà lo scopo di condannare l'omosessualità, peraltro orgogliosamente rivendicata, del Braibanti e la sua condotta immorale. Oltre a questo pregio principale, ha quello ulteriore di fornire un quadro piuttosto fedele dell'Italia di quegli anni, anche attraverso personaggi di contorno quali il giornalista dell'Unità Ennio (Elio Germano), la sua cugina attivista e il suo compagno, avvocato comunista: rendono bene l'atmosfera di quella fase di passaggio, in cui la conquista dei diritti civili entrò a fare parte, a fatica, del dibattito politico. I fatti "incriminanti" sarebbero avvenuti a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta quando, al Torrione Farnese di Castell'Arquato, Braibanti era stato attivo nel ruolo di animatore di un laboratorio culturale molto vivace che coinvolse un buon numero di giovani tra cui, per l'appunto, Ettore, che per volere della famiglia si era messo a studiare medicina invece di seguire la sua passione per il disegno: Braibanti si limitò a incoraggiarlo a coltivare il suo talento, oltre a stringere con lui un rapporto intenso. Il film inizia con la scena del sequestro del ragazzo da parte del fratello e della madre nella pensione romana in cui erano ospitati lui e il Braibanti nel 1962, con successivo ricovero del giovane in una clinica psichiatrica privata dove venne costretto a essere "curato" dall'omosessualità, con l'uso ripetuto, oltre agli psicofarmaci, dell'elettroshock, per poi raccontare in flash-back come avevano cominciato a frequentarsi e l'opposizione della famiglia e in particolare la madre, una cattolica particolarmente retriva, e del fratello, che peraltro frequentava pure lui il centro culturale ma soffriva del fatto che il Braibanti non lo tenesse in particolare considerazione. La seconda parte del film, invece, racconta lo svolgimento del processo che si tenne a Roma, la volontà persecutoria dell'accusa, l'ottusità perbenista e bigotta non solo dei giudici e della stampa in generale ma perfino di molta parte del suo stesso partito, il PCI. Tra le eccezioni Ennio, il sempre ottimo Elio Germano, nei panni del giornalista dell'Unità incaricato di seguire il caso, che cerca di convincere il Braibanti a cambiare l'atteggiamento scostante che teneva in aula, dove volgeva le spalle ai giudici e si rifiutava di rispondere alle (capziose e prevenute) domande del presidente della corte: quell'arrogante aria di superiorità intellettuale che rende insopportabili e odiosi tanti intellettuali sedicenti di sinistra anche oggi. Fuori dal Palazzaccio, intanto, cresce il movimento di protesta animato dai radicali di Pannella in appoggio al Braibanti, in una battaglia contro l'oscurantismo che sarebbe culminato negli anni successivi con l'approvazione delle legge sul divorzio nel 1970 e la vittoria del referendum sulla sua abrogazione nel 1974. Tutto funziona, a cominciare dal Braibanti non particolarmente empatico interpretato da Luigi Lo Cascio; particolarmente coinvolgente la testimonianza di Ettore, nonostante le sue precarie condizioni di salute, a sua volta ottimamente impersonato dall'esordiente Leonardo Maltese, non fosse per un eccesso di didascalismo, e quella che trovo una forzatura: il cameo di Emma Bonino versione 2022, con tanto di turbante, in una scena del sit-in davanti al Palazzo di Giustizia, quando in realtà non era presente nell'occasione. Lo era invece era Marco Pannella con i suoi: sarebbe stato più corretto, a mio avviso, cercare qualcuno che gli somigliasse per farne la controfigura. Insomma, buone le intenzioni, coretto il racconto, ma nell'insieme non del tutto convincente. 

1 commento:

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