venerdì 28 ottobre 2022

Utama - Le terre dimenticate

"Utama - Le terre dimenticate" (Utama) di Alejandro Loayza Grisi. Con José Calcina, Luisa Quispe, Santos Choque, Félix Ticona, Candelaria Quispe, Placide Ali, René Calcina, Jorge Yucra Nogales e altri. Bolivia, Uruguay, Francia 2022 ★★★★★

Vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival Utama, film d'esordio di Alejandro Loayza Grisi, rappresenterà la Bolivia al prossimo Oscar per il miglior film straniero e già questo è una sorta di miracolo, come che da quel dimenticato, poverissimo Paese, desaparecido in un Continente già negletto di suo, giunga nelle nostre sale una testimonianza autentica sulla piega che stanno prendendo le cose in questo mondo malato e che riguardano tutti. Presi dalla nostra frenesia di consumo in nome di un eterno presente che non concepisce nemmeno l'idea di un futuro (perché, devastando irrimediabilmente il pianeta su cui viviamo, non ce ne sarà per nessuno) non ci rendiamo nemmeno più conto, salvo quando subiamo gli effetti di un'estate particolarmente siccitosa, o dei sempre più frequenti e imprevedibili cataclismi meteorologici, dei cambiamenti climatici in atto e, soprattutto, del fatto che il loro incremento sia causato dalle distruttive attività umane, mentre se ne accorgono bene, e ne capiscono perfettamente sia le ragioni, sia gli effetti, persone semplici, che conducono un'esistenza basilare, a contatto con la natura, con la quale da sempre vivono in sintonia. E' il caso di un'anziana coppia, Virginio e Sisa (José Calcina e Luisa Quispe, marito e moglie anche nella vita reale) che vive in un'area rurale della puna boliviana a 4200 metri d'altezza, nel distretto di Potosí, Sud del Paese, dove il film è stato girato: paesaggi di una potenza surrealistica, che ho ancora negli occhi (e nel cuore) dopo 20 anni che li ho visti di persona, e che mi rimarranno impressi finché vivrò. Virginio porta al pascolo, sempre più magro perché non piove da mesi e mesi, un gregge di lama; Sisa si occupa della casa, la tipica struttura che hanno le abitazioni contadine quechua nell'area andina, e ogni giorno deve recuperare l'acqua: sempre più lontano, perché la pompa pubblica dell'aldea (villaggio) più vicina non butta più e deve procurarsela coprendo una distanza via via maggiore, fino al fiume, quasi a secco pure esso. Un giorno viene a trovarli il nipote Clever, cercando di convincerli a seguirlo in città: Virginio sospetta che sia stato mandato dal figlio, con cui ha pressoché rotto i rapporti proprio per la scelta di quest'ultimo di abbandonare la terra in cui è nato (utama è un termine quechua che traduce alla perfezione in concetto tedesco di heimat, che è qualcosa di più e di diverso di "patria" o luogo di nascita: è il posto che ci appartiene, e a cui apparteniamo, più intimamente) benché siano anni che il villaggio si stia progressivamente spopolando perché la terra diventa sempre più arida e le condizioni di vita vieppiù difficili. Il ragazzo, che è sinceramente affezionato ai nonni, resta lì ad aiutarli anche nella speranza di scalfire la testardaggine del vecchio, salvo accorgersi che Virginio è malato, e farà in modo che l'orgoglioso nonno lo ammetta anche davanti alla devota moglie. Lo accompagnerà pure a una cerimonia in cima a un monte in cui si compierà un sacrificio rituale per invocare la pioggia: sono le rare occasioni in cui gli abitanti, che abitano isolati spesso a chilometri di distanza dal loro "vicino di casa", si incontrano, in cui spesso scorrono fiumi di alcol e non di rado finisce a botte (nella realtà, si stratta delle rare occasioni di socializzazione di questa gente, nelle quali non solo si fanno accordi ma si dirimono anche questioni in sospeso e spesso finisce con lo scorrere del sangue) anche se non è il caso di Utama. Virginio se ne andrà come il condor, che decide da sé quando è il momento lasciandosi cadere da un cucuzzolo a peso morto e senza aprire le ali, come dice la leggenda, allo stesso modo come ha deciso da sé come vivere la propria esistenza. Alla fine, la pioggia tornerà, ma l'equilibrio millenario ormai è rotto e non sembra esservi scampo al destino che ci siamo cercati, dimenticando e rinnegando quel che siamo sempre stati. Non sono solo belle le immagini dei panorami, di grande presa la fotografia di luoghi comunque carichi di una suggestione che ha del magico, ma soprattutto la resa del rapporto dell'anziana coppia, la sintonia e armonia profonda di due persone che si sono scelte per condividere la propria esistenza, la realtà e la forza del sentimento che li lega. Non è solo saggezza antica, nostalgia per un mondo ormai passato, ma un messaggio molto più profondo, quello che lancia Alejandro Loayza Grisi, nel modo più semplice ed efficace: quello dell'autenticità. Film che è un piccolo tesoro.

1 commento:

  1. Un grande splendido film senza tempo. Virginio mi ricorda Anthony Quinn.

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