venerdì 21 gennaio 2022

America Latina

"America Latina" di Damiano e Fabio D'Innocenzo. Con Elio Germano, Astrid Casali, Sara Ciocca, Maurizio Lastrico, Carlotta Gamba, Federica Pala, Federico Dini, Massimo Wertmüller e altri. Italia, 2021 ★★★★

Terzo film dei “gemelli terribili” del cinema italiano, e terzo centro, dopo La terra dell’abbastanza e Favolacce, e come per quest’ultimo hanno affidato il ruolo di protagonista a uno strepitoso Elio Germano, quanto mai inquietante nei panni di uno scrupoloso e pacato dentista di successo che opera nel capoluogo pontino e vive, con la giovane e affettuosa moglie Laura (Astrid Casali, davvero brava), le due figlie e i suoi cani in una originale villa con piscina circondata pressoché dal nulla. Una famiglia ideale e una vita perfetta in uno spazio a sua misura, ciò che apparentemente ha sempre desiderato. Uniche piccole deviazioni, le chiacchierate e le relative “birrette” con l’amico Simone, titolare di una concessionaria d’auto, e qualche psicofarmaco e goccetto di qualcosa di più forte all’occorrenza, specie dopo che una sera, scendendo in cantina, che a differenza dell’impeccabile resto dell’abitazione sembra un immondezzaio più che un ripostiglio, scoprendovi, imbavagliata e incatenata a un palo e semi immersa in una pozza d’acqua, una ragazza incapace di esprimersi se non con rantoli e grida tanto è in preda al terrore. Chi è? Come è finita lì? Perché? Per Massimo è un flash. Non lo comunica alle donne della famiglia, né chiede aiuto, ma inizia una difficoltosa escursione nella propria mente per cercare quelle risposte che è impossibile trovare a meno di non scavare nel proprio lato oscuro. Inutlie, oltre che inopportuno, svelare altro sulla trama perché si tratta, per l’appunto, di un viaggio nella psiche allucinata di un uomo che vive in preda ai sensi di colpa e di inadeguatezza, reso non attraverso suggestive e colorate immagini psichedeliche magari accompagnate da suoni suadenti, ma di oggetti ordinari, acqua che scorre, squallore. Siamo nel campo dell’inspiegabile, dove bene e male, bellezza e bruttura, sano e malato, reale e immaginario si confondono: gli autori non si pronunciano e meno che mai giudicano, lasciano semmai indizi, tracce, a libera interpretazione dello spettatore, che in 90 coinvolgenti e stranianti minuti troverà da sé, forse, una soluzione per questa sorta di giallo metafisico, ammesso che abbia un senso dare una pur vaga definizione di questo altro bel lavoro dei D’Innocenzo. Che questa volta non ha bisogno di sottotitoli perché la dizione degli attori è perfettamente intellegibile anche dai non laziali. Bravi tutti, e rimango in fiduciosa attesa della prossima invenzione dei due giovani e meritevoli fratelli cineasti.



1 commento:

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