mercoledì 26 gennaio 2022

E' andato tutto bene

 

"E' andato tutto bene" (Tout s’est bien passé) di François Ozon. Con Sophie Marceau, André Dussollier, Géraldine Pailhas, Charlotte Rampling, Éric Caravaca, Grégory Gadebois, Hanna Schygulla e altri. Francia 2021 ★★★★

Già con Grazie a dio il mio regista francese preferito aveva ampiamente rimediato al “buco dell’Ozon” di Doppio amore, un “topicco” per me inspiegabile per uno del suo livello, e qui conferma di essere tornato pienamente sé stesso portando sullo schermo il romanzo autobiografico di Emmanuèlle Bernheim, amica e collaboratrice (sue tre sceneggiature per il Nostro) scomparsa nel 2017, in cui raccontava il conflitto scatenato nella sua coscienza dalla richiesta del padre, ottuagenario rimasto colpito da un ictus che gli ha causato un’emiparesi, di aiutarlo a farla finita. Industriale di successo, collezionista d’arte, capriccioso, egocentrico, egoista, bon vivant, non aveva mai negato, ma anzi rivendicato la propria omosessualità e misoginia rovinando l’esistenza a sua moglie, pure lei malata (di Parkinsons) nonché perennemente depressa, e fregandosene delle figlie, salvo ricorrere a loro in caso di necessità. Emmanuèlle, che non a caso non ha voluto figli e convive con Serge, critico cinematografico, ha sempre avuto un rapporto problematico col padre ma, più forte di lui di carattere, riesce a tenergli testa; Pascale, un po’ più giovane, la figlia negletta, un rapporto col padre non l’ha mai avuto e ha messo su una famiglia tradizionale, e suo figlio, giovane musicista, è il cocco del nonno, ma pure lei è coinvolta nella vicenda. Benché addolorate, le due sorelle non se la sentono di negare l’ultima volontà all’uomo, e siccome nel caso del suicidio assistito le norme francesi sono pressoché identiche a quelle italiane, sono costrette a intraprendere tutto l’iter per farlo giungere in tutta sicurezza in Svizzera, sfuggendo alle innumerevoli trappole legali e burocratiche frapposte dallo Stato, in ossequio alla religione e a una morale ipocrita e bigotta, a impedire la realizzazione della libera volontà dell’individuo, che assume aspetti tragicomici; mettiamoci il gusto di François Ozon a dissezionare e mettere in evidenza i lati disfunzionali dei rapporti famigliari, e ne viene fuori un film che offre un quadro realistico e credibile di situazioni concrete, che si verificano quotidianamente anche in Italia, venate dall’ironia e dallo scetticismo di fondo che nel regista parigino non mancano mai e che rende i suoi film anche più crudi e spiazzanti gradevoli oltre che, sempre, formalmente ed esteticamente ineccepibili, grazie anche a interpreti scelti accuratamente ad hoc: se Sophie Marceau nei panni di Emmanuèlle e Géraldine Pailhas in quelli di Pascale sono bravissime, il vecchio André Dussollier, un Venerabile Maestro, è addirittura strepitoso nel rendere la stronzaggine profonda ma anche tutte le debolezze e l’infantilismo del vecchio Bernheim, e fa piacere rivedere anche Hanna Schygulla nella parte di un’ex magistrata svizzera che presiede un’associazione di accompagnamento alla morte volontaria. Insomma, il “buco dell’Ozon” pare essersi definitivamente chiuso…

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