martedì 11 gennaio 2022

The Tender Bar

"The Tender Bar" di George Clooney. Con Tye Sheridan, Ben Affleck, Daniel Ranieri, Lily Rabe, Briana Middleton, Christopher Lloyd, Ron Livingston, Max Martini, Max Casella, Rhenzi Feliz e altri USA 2021 ★★★★

Tratto dal romanzo autobiografico Il bar delle grandi speranze (Piemme) del 2005 di J.R. Moerhinger, giornalista e scrittore newyorkese e già Premio Pulitzer, l'8° film da regista di George Clooney rende con tenerezza (come da titolo originale) e sensibilità le memorie d'infanzia dell'autore, che gli è vicino sia per motivi anagrafici sia sia per forma mentis: del resto Clooney è figlio di un giornalista, conosce l'ambiente della carta stampata e della televisione ed era inizialmente intenzionato a seguire le orme del padre. Non così Moehringer, figlio di un DJ radiofonico di cui fino ai 10 anni conosceva soltanto la voce quando era "on air", che da New York si trasferì con la madre a Long Island nella casa del nonno (Christopher LLoyd, il mitico Doc di Ritorno al futuro), e cresciuto nel caldo ambiente di una famiglia eccentrica, non ricca ma colta, e che trovò un degno sostituto della figura paterna nell'amato zio Charlie (Ben Affleck che fa sempre piacere vedere: misurato, autentico, quando si dice "in parte"), col vantaggio di evitare qualsiasi complesso edipico e ricevendo la sua formazione da uomo, ma ben rispettoso del genere femminile, a cominciare dalla madre, al bancone del bar che gestiva, in mezzo a una clientela popolare, prevalentemente lavoratori, e un'educazione, anche sentimentale, basata su regole chiare: rispetto di sé stesso e del prossimo e buon senso. E un grande amore per i libri (che stipano le mensole del locale, chiamato non a caso The Dickens). E senza leggerne un cospicuo numero è impensabile diventare giornalista e men che mai scrittori, vocazione che J.R. coltivava fin da bambino e che lo zio intuì subito, incoraggiandola invece di spingerlo allo sport, di cui invece era appassionato (il padre, che ogni tanto appare, incongruo e fuori tempo massimo, lo avrebbe sicuramente indirizzato alla musica, imponendogliela e con ogni probabilità facendogliela odiare). Di quei ricordi e di quell'educazione Moehringer farà tesoro, sia durante la carriera universitaria a Yale (da questa fase in poi il suo personaggio è interpretato dal bravissimo Tye Sheridan), sia quando cominciò a lavorare, cominciando dalla gavetta come fattorino, al New York Times. Solo lui, perché vinse una borsa di studio a Yale, e il nonno finto burbero hanno frequentato il college: non zio Charlie e le due sorelle, anche se avrebbero voluto, ma in casa mancavano i quattrini. Un storia di formazione e crescita (in questo c'è una qualche affinità con l'ultimo film di Sorrentino, nato però dieci anni dopo Moehringer Clooney e in Europa, anzi: a Napoli) a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, certo molto americana ma non la sua parte malsana: la classe medio-bassa, allora era ancora viva, oggi pressoché senza voce. Caldi i colori come le atmosfere e i ricordi, dolci anche quando sono amari, a cominciare dall'amore non corrisposto per Sidney, che da J.R. non vuole più dell'amicizia e qualche ora di sesso, ma che sarà pur sempre istruttivo per il futuro del ragazzo. Clooney nei suoi film ha sempre quel suo modo gentile di dire le cose senza urlarle e senza fare proclami, una specie di "crooner" delle immagini, un grandissimi pregio al giorno d'oggi, assieme al fatto di infischiarsene del politically correct, non peritandosi di fare di Sidney, una graziosa mulatta, l'emblema della ragazza ricca che si prende gioco dell'amante povero ma sposa il suo pari grado, e dipingere la madre di lei, una nera "arrivata", come una vera stronza, il personaggio più sgradevole del film. Disponibile su Amazon Prime, merita di essere visto: riconcilia con un'America che non c'è più. 

Nessun commento:

Posta un commento