sabato 1 gennaio 2022

Bunano!


Sono ormai anni che, in questo spazio virtuale, mi limito a recensire i film che vedo al cinema e qualche spettacolo teatrale, occupandomi sempre più di rado dell'attualità politica, che si tratti di quella internazionale oppure di quella, semplicemente grottesca, di questa nostra Terra dei Cachi. Per una volta, cogliendo l'occasione della ricorrenza del Capodanno, che continuo a non capacitarmi perché debba essere una giornata festiva, considerato che non c'è nulla da festeggiare con un anno in più sul groppone e in meno fino al definitivo precipizio nel caos, a meno di non avere la fortuna di tirare le cuoia prima che l'umanità si disintegri da sola, vorrei fare un rapido punto della situazione. E' da metà di questa legislatura, diciamo dall'inizio dell'Era Pandemica, nel marzo del 2020, che due sono gli argomenti che dominano il panorama informativo nazionale: il Covid19 con annessi e connessi e le Quirinarie. Il primo è al centro delle conversazioni anche in ambito famigliare e nella cerchia delle amicizie e conoscenze, le seconde soltanto dell'interesse dei mezzi di comunicazione, ed è paradossale, in un Paese che, fino a prova contraria, è una repubblica parlamentare il cui presidente rappresenta più che altro l'unità nazionale e avrebbe il compito di garantire il funzionamento dello Stato e l'equilibrio fra i suoi poteri, tutelando in questo modo tutti i cittadini. Per la prima volta dal dopoguerra, abbiamo in presidente del consiglio in carica, Mario Draghi, che sostanzialmente si autocandida alla massima carica, creando di fatto un conflitto di poteri in fieri, come se non bastasse lo stato confusionale che già regna sovrano, con l'inevitabile ritorno d'attualità dell'ipotesi di "transizione" (termine quanto mai attuale) da un sistema sempre meno parlamentare nei fatti a uno sostanzialmente presidenziale. Che è già in atto dai tempi di Giorgio Napolitano, uno degli uomini politici più nefasti e rivoltanti apparsi sulla scena italiana negli ultimi 75 anni (e ancora vivo e vegeto), che già nel 2011 aveva imposto un "governo tecnico di emergenza" (l'Europa ce lo chiede) nominandone capo l'ex rettore della Bocconi Mario Monti, essenzialmente un contabile, ché chiamarlo economista è abbastanza fuori luogo. Il suo successore, un personaggio meno urticante perché per fortuna esente da mania di protagonismo (è soprannominato La mummia) ma altrettanto politicamente pernicioso, ha concesso il bis con un altro Mario, Draghi, anche lui un contabile, benché di lusso e dotato di ancor maggior "spessore" (lo chiamano prestigio) internazionale del primo per aver fatto da maggiordomo nelle altissime sfere finanziarie, dalla direzione del Tesoro alla Banca d'Italia, alla BCE passando per Goldman Sachs a prendere le ordinazioni, imponendolo a capo di un altro governo tecnico di emergenza, peraltro dotato di una maggioranza ancora più ampia di quella che sosteneva Monti, da cui si tengono fuori per opportunismo (e soltanto per finta) i "fascisti del terzo millennio" e qualche residuato sedicente comunista. Molto bene (cit). La missione: gestire i milliardi del PNRR, Piano nazionale ripresa e resilienza. Un programma di finanziamento comunitario di 191,5 miliardi di euro peraltro ottenuto grazie al tanto denigrato ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte contro tutte le aspettative (e gli auspici) dei suoi denigratori, ossia i potentati nazionali (leggi Confindustria) e i loro servi nel mondo dell'informazione, cioè pressoché tutti i giornali e canali televisivi. Che, ricordo, sono solo per un terzo sovvenzioni, ma per 2/3 prestiti, su cui vanno pagati interessi che andranno a incidere sul volume di un debito pubblico già esorbitante e che, anche grazie a geni dei numeri come Monti e Draghi, è andato avanti a crescere (l'Italia si colloca nella Top Five mondiale sia in termini assoluti sia per quanto riguarda il rapporto fra debito pubblico e PIL). E per fortuna che Conte non ha fatto ricorso al MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, come tutti gli chiedevano per metterci ancor più il cappio al collo. 191,5 miliardi a cui se ne aggiungono 30 di Fondo Complementare per un totale di 221,5, un malloppo troppo cospicuo e succulento per lasciarlo gestire a un governo diretto da chi aveva vinto le elezioni del 2018, e da affidare invece a dei "professionisti": i tecnici, gli "esperti" di forneriana memoria, i Migliori per definizione. Col risultato di investire prioritamente gran parte dei fondi non in sanità, educazione, digitalizzazione e tutela del territorio bensì in cementificazione ossessiva, pletoriche Grandi Opere e conseguente devastazione ambientale, il tutto esemplificato dalla colossale mistificazione della Transizione Ecologica, per la quale è stato creato un ministero di nuovo conio, con un titolare che propugna il ritorno al nucleare, non bastandogli l'energia da fossile, considerandolo addirittura green. E Cingolani, quello che Beppe Grillo sponsorizzava come una sorta di garante per le mozioni ecologiste dei pentastellati, non è daltonico, ma la pensa proprio così. E ce lo ha messo Mario Draghi, col beneplacito e la "garanzia" del macaco genovese. Ora, per quello che me ne può importare a questo punto, soprattutto alla luce del poco o niente che, come cittadini, possiamo fare per modificare le cose (ultima di queste il voto, come hanno dimostrato per l'appunto le elezioni di quattro anni fa e la deflagrazione del movimento politico che le aveva stravinte, incapace da allora financo di scrivere e far passare una legge elettorale più decente del "rosatellum" in vigore), se non prendere atto dello stato dell'arte, starsene accorti e, all'occorrenza, farsi una sghignazzata assistendo al teatrino, mi preoccupa che Capo dello Stato lo diventi, per restare in carica, pressoché inamovibile salvo cause naturali di impedimento per ben 7 anni, un personaggio che manco ha l'alba di una formazione giuridica (come dimostra la redazione di decreti legge demenziali, vedi quelli su Green Pass e dintorni, che ha firmato da quando è a Palazzo Chigi, rispetto ai quali quelli di Conte erano di una chiarezza e semplicità a prova di idiota) ma, se va bene, capisce solo di numeri; un individuo che ha la carica empatica di un affetto grave da sindrome di Asperger e la relativa capacità di comunicazione. Il fatto che l'altro autocandidato sia un pregiudicato ottantacinquenne, definito delinquente abituale in una sentenza passata in giudicato, completamente rimbecillito e l’ipotesi che una maggioranza parlamentare possa eleggerlo venga presa in seria considerazione da politologi, esperti e pennivendoli vari la dice lunga sulle speranze che nutro nell'anno che prende l'avvio oggi...

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