lunedì 13 dicembre 2021

Cry Macho - Ritorno a casa

"Cry Macho - Ritorno a casa" di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Eduardo Minett, Natalia Traven, Dwight Yoakam, Fernanda Urrejola, Horacio Garcia Rojas, Marco Rodriguez e altri. USA 2021 (di stima)

Dispiace essere drastico per la stima che porto da sempre per l'uomo e l'artista, ma Cry Macho, che non ha niente a che fare con le menate del politicamente corretto ma è il nome di un gallo da combattimento, peraltro autore di gran lunga della migliore prestazione attoriale di questo pastrocchio, concorre con Attacco al treno per la palma di peggior film diretto e, in questo caso interpretato, da Clint Eastwood. A meno che il Grande Vecchio faccia in tempo a girarne un altro, vado avanti a considerare che il suo testamento sia The Mule, guarda caso ispirato a un fatto vero, mentre Cry Macho è tratto da un romanzo di Nathan Richard Nash, e anche se si avvale dello stesso sceneggiatore, Nick Shenk, qui il risultato è penoso, per quanto tutta la storia, già poco plausibile di suo, è raccontata in modo sgangherato: semplicemente non sta in piedi. Mike Milo (Clint), vecchia gloria dei rodei diventato allenatore di cavalli dopo essersi spezzato la schiena, viene incaricato dal suo ex datore di lavoro, con cui si sente in debito perché l'ha aiutato mentre andava alla deriva con la bottiglia dopo la perdita di moglie e figlio in un incidente, di recuperare suo figlio Rafa in Messico, dove vive con la madre inaffidabile e alcolizzata: Paese in cui per oscuri motivi finanziari e legali non può rimettere piede. Già non si capisce perché debba mandarci un vecchio cowboy che, girando con uno Stetson trapiantato sul cranio e non parlando quasi una parola di spagnolo, si farebbe riconoscere a chilometri di distanza, specialmente a Città del Messico, e tanto più nella lussuosa magione di proprietà di una specie di puttanone circondato da guardie del corpo, dove il nostro si intrufola senza che nessuno lo fermi all'ingresso. Il colloquio con la donna, che gli dice che il figlio, tredicenne, è fuori controllo, un mezzo delinquente che frequenta ambienti della malavita e i combattimenti illegali di galli è surreale; ancora di più il suo ritrovamento da parte del vecchio rincoglionito, che in qualche modo riesce a convincerlo a seguirlo raccontandogli del fantastico mondo, il Far West in miniatura costituito dal ranch del padre, che lo aspetta di là dal confine, benché finora non si sia mai interessato a lui. Il ragazzino, con il pennuto (Macho) a rimorchio, ci casca e segue Mike. Segue sodalizio che si crea on the road tra giovane e vecchio, in fuga dagli scagnozzi lanciati al loro inseguimento dal troione, cambio di macchine una dopo l'altra, prese "in prestito" (ossia rubate), polizia che ferma ma non controlla mai una volta i documenti, il tutto infarcito da una serie di perle di saggezza di una banalità sconfortante e un Messico cartolinesco e "buono" come nemmeno nei più vieto Spaghetti Western sullo sfondo nella seconda parte del film, con una Mama, anzi Nona sensuale che accudisce i due fuggiaschi che si sono fermati in un pueblito dove sbarcano, per il momento, il lunario: il novantenne domando mustangag semiselvatici; l'adolescente, che non era mai montato in sella in vita sua, che in due giorni impara il mestiere ed è pronto per i rodei e papà, che attende appena oltre la sbarra del confine col Texas, figurarsi, aperta e senza il minimo controllo transfrontaliero. Il vecio invece tornerà dalla vecia e fascinosa meticcia (con annessi nipoti, ché i loro genitori sono morti giovani di una malattia misteriosa) a ricominciare una vita... Ma per piasé... A malapena funziona la colonna sonora, benché pressoché scontata. Patetico, non c'è altro da aggiungere. 

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