"One Second" (Yi miao zhong) di Zhang Yimou. Con Zhang Yi, Liu Haocun, Wei Fan, Ailei Yu, Xiaochuan Li, Yu ai Lei e altri. Cina 2020 ★★★★+
Sempre estremamente gradito il ritorno di un grande maestro come Zhang Yimou, il quale fa ancora una volta centro con questo film che, già selezionato alla Berlinale di due anni fa, era stato ritirato poco prima della proiezione per "motivi tecnici", in realtà per l'intervento della censura cinese, e rimesso in circolazione, opportunamente "emendato", l'anno scorso e ora finalmente arrivato sugli schermi anche in Italia. Se da un lato è un omaggio alla magia del cinema, quello vero, come direbbe Quentin Tarantino, ossia girato e proiettato in pellicola (a proposito di Grandi Maestri), ed è inevitabile ricordare Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, dall'altro mostra cosa era la Cina all'epoca della Rivoluzione Culturale, soprattutto quella rurale, con la sua miseria e la sistematica manipolazione delle menti nella pretesa, tipica del comunismo come di tutte le altre chiese e sette, di forgiare l'Uomo Nuovo: Zhang Yimou è uno dei più titolati a parlarne avendo sperimentato in prima persona la "rieducazione" attraverso il lavoro forzato nei campi e in fabbrica quando era studente liceale, e non a caso si chiama Zhang il personaggio principale del film, fuggito da un campo di lavoro in cui era stato rinchiuso dopo una condanna per aver percosso una "guardia rossa" durante una rissa, e che attraversa il deserto per raggiungere un villaggio in cui, prima del consueto film edificante che celebra la gloria degli immortali eroi della rivoluzione vittoriosa, verrà proiettato il cinegiornale n° 22: lì, per un secondo, appare l'immagine della figlia adolescente, che dopo l'arresto non l'ha più voluto rivedere. Peccato che la pellicola venga rubata da una ragazzina che sembra una vagabonda, Orfana Liu, a cui occorre della pellicola per costruire un paralume e così evitare che il fratellino venga ancora ricattato e brutalizzato da un gruppo di bulli del villaggio. Zhang acciuffa Lu, recupera la "pizza", la riperde: si mette in moto una girandola di eventi con aspetti e ritmi chapliniani per cui la pellicola verrà consegnata nelle mani del destinatario, Mister Cinema, com'è chiamato lo storico proiezionista del cinema del villaggio, peraltro già gremito da tutta la popolazione in spasmodica attesa del grande evento che è ogni volta la serata cinematografica, completamente aggrovigliata e impolverata: dalle dune desertiche che si alternano e dai vicoli sudici del villaggio ci si sposta nel regno di quest'altro personaggio, che fra l'altro è uno zelante funzionario di partito, che dietro la minaccia di Zhang organizza il recupero del cinegiornale e glielo proietterà quante volte desidera, in grado com'è di predisporre un "anello" per cui il padre reietto potrà rivedere in loop la sua bambina finché non verrà riacciuffato dalle Guardie Rosse locali su segnalazione di Mister Cinema e riconsegnato agli aguzzini del campo di lavoro. Ma una sorta di lieto fine è alle porte perché qualche anno dopo la Rivoluzione Culturale avrà termine (nel 1976) in seguito a un decennio di delirio ideologico, e Zhang, una volta rilasciato, tornerà al villaggio dove nel frattempo Orfana Liu si è sgrezzata e, chissà, sostituirà la figlia perduta. Una favola, a tratti anche leggera e ironica, dove ci sta divertimento, incanto e, sotto traccia, denuncia, che non occorre esplicitare perché bastano le immagini (verosimili: villaggi del genere li ho visti ancora 15 anni dopo l'epoca in cui è ambientato One Second identici con i miei occhi nella Cina rurale) e l'atteggiamento dei vari personaggi. Fotografia di alto livello, sapienza di racconto, i tempi giusti e la grande suggestione del cinema. Gran bel film.
Nessun commento:
Posta un commento