giovedì 23 dicembre 2021

Diabolik

"Diabolik" di Marco e Antonio Manetti. Con Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Serena Rossi, Alessandro Roja, Stefano Pesce, Vanessa Scalera, Claudia Gerini e altri. Italia 2021 ★★★★+

Non è "Grande Cinema", non è un capolavoro né pretende di esserlo, ma è un gran bel film, risultato ottenuto nelle condizioni più difficili, con una schiera di milioni di affezionati lettori del fumetto che ha per protagonista il Re del Terrore creato nel 1962 dalle due "diabolike" sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, pronti a impallinare gli autori per un eventuale "alto tradimento" di un personaggio le cui imprese di carta hanno appassionato alcune generazioni di italiani, per cui Diabolik e la sua compagna Eva Kant sono stati ciò che per il pubblico USA sono stati i Supereroi Marvel o Superman. Li attendevo al varco, anche se ritenevo i Manetti Bros gli unici in grado di cimentarsi nell'impresa. Perché un conto è affrontare il fenomeno attraverso una sorta di ibrido, a metà strada fra documentario e finzione, com'era stato per Diabolik sono io, uscito due anni fa, raccontandone la genesi, un altro trasportare sullo schermo il terzo, fondamentale fumetto del nostro eroe, Il Re del Terrore, in cui compare per la prima volta Eva, nei panni di una ricca ereditiera arrivata dal Sudafrica a Clerville, subito entrata nel mirino del fantomatico ladro che intende derubarla di un preziosissimo gioiello: il loro incontro risulterà fatale sia per la sopravvivenza del criminale, perché sarà lei a salvarlo dalla ghigliottina dopo che era stato finalmente arrestato dalla sua altrettanto mitica controparte, il malinconico e irreprensibile Ispettore Ginko, sia per le fortune della coppia più longeva del fumetto italiano. Intanto sono riusciti a far rivivere in tutto e per tutto l'atmosfera degli anni Sessanta, e con ancora tanta gente in giro, tra cui io, che li ha vissuti e se li ricorda come l'Età dell'Oro correvano un rischio non da poco, perché bisogna averli studiati a fondo ed essersi avvalsi di consulenti di prim'ordine, e nel contempo a rendere la tensione e il ritmo che si creava negli albi, col risultato che quelle che appaiono sullo schermo sono esattamente le stesse immagini che un lettore medio di Diabolik, come ero stato io stesso per decenni, se le sarebbe rappresentate filmate. Quindi non solo fedeltà al testo e ai dettagli e, da qui una certa, voluta, lentezza, che va di pari passo con l'attenzione che si rivolgeva alla pagina con una sorta di effetto "fermo immagine" e scorrimento sincopato; ma, soprattutto, credibilità dei personaggi, e qui ci vogliono le capacità di un regista in gamba, e in questo caso sono addirittura in due. Luca Marinelli è, a tratti, sufficientemente luciferino per esprimere la glacialità di Diabolik, ma anche la sua coerenza e la sua particolare visione della rettitudine, per non chiamarla con il termine di onestà; pochi avrebbero immaginato che Valerio Mastandrea fosse perfetto per interpretare Ginko, l'eterno sconfitto, ma quella sua vaga tristezza lo aiuta a entrare nei panni del funzionario incorruttibile e cocciuto, ma a sua volta profondamente onesto, però il capolavoro è stato affidare alla versatile Miriam Leone il vero personaggio centrale del film, Eva Kant, che è esattamente come un lettore di Diabolik se l'era sempre immaginata: piena di fascino, intelligente, intransigente, a suo modo femminista ante litteram, e questo nell'Italia dei primi anni Sessanta. Semplicemente perfetta e bravissima. Rimane da segnalare Alessandro Roja nella difficile parte di un corrotto viceministro della Giustizia che ha la cattiva idea di usare il ricatto come mezzo per corteggiare Lady Kant e sarà inesorabilmente punito dall'uomo in tuta nera. Il film, di cui non sto a raccontare la trama, è stato filmato tra Milano (Clerville) e Trieste (Ghenf) le due città di un immaginario Stato italo-francese che ricorda da vicino il Principato di Monaco e il relativo milieu che lo bazzicava allora (e anche oggi), che poi è lo stesso che le sorelle Giussani, figlie della buona borghesia meneghina, conoscevano bene dall'interno e si divertivano a mettere alla berlina e punire simbolicamente. Senza dover ricorrere a grandi effetti speciali (sembrerebbe girato negli anni Sessanta come il precedente di Mario Bava, che però era più uno scanzonato divertimento "pop" con due interpreti improbabili nei panni dei due protagonisti, specialmente Marisa Mell in quelli di Eva) i Manetti Bros hanno girato un suggestivo thriller d'epoca che è, allo stesso tempo, una sorta di trattato antropologico. Mi sento di raccomandarlo anche ai più integralisti fra i lettori di Diabolik: non rimarranno delusi. 

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