giovedì 14 febbraio 2019

The Mule (Il corriere)

"The Mule (Il corriere)" di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bradley Cooper, Laurence Fishbourne, Michael Peña, Dianne Wiest, Taissa Farmiga, Andy García, Alison Eastwood e altri. USA 2018 ★★★★
Sarebbe ora che gli USA facessero scolpire il volto, unico nella sua espressione rimasta intatta da quando esordì come attore nel 1955, a 25 anni, fino a oggi che veleggia verso i 90, di Clint Eastwood sulle pareti del monte Rushmore, dove campeggiano le effigi dei presidenti americani: ha fatto più lui per rendere il suo Paese meno indigesto in giro per il mondo che tutti i governi USA degli ultimi settanta anni messi insieme; nel senso che ne compendia da solo tutti i lati positivi o, quanto meno, non disprezzabili anche quando non condivisibili. Non so se questo suo ultimo film da regista e da protagonista possa considerarsi il suo lascito testamentario o l'addio alle scene, assimilandolo a Old Man & The Gun di Robert Redford, con cui peraltro ha più di un punto in comune anche per la vicenda (tratta da una storia vera) che racconta, ma con risultati e una profondità del tutto diversi: conoscendo la tenacia dell'uomo, finché conserva la salute e la lucidità mentale testimoniata anche qui, è lecito sperare di no; in caso contrario, l'addio sarà stato degno della sua fama e, al contempo, l'intramontabile Clint ha fornito l'indicazione di un successore all'altezza: Bradley Cooper, che peraltro ha esordito alla regìa con un botto quale A Star Is Born, che ne ha confermato talento e qualità. Earl Stone è un appassionato floricultore, specializzato in emerocallidi (fiori che vivono un solo giorno) con cui la sua famiglia (moglie e figlia, quest'ultima interpretata dalla vera figlia di Clint, Allison), ha rotto da anni perché lui l'ha sempre trascurata cercare il proprio posto nel mondo attraverso il suo lavoro e quel che lo circonda: esposizioni, fiere, feste, riunioni, e tanta, tanta strada attraverso quasi tutti gli Stati della Federazione, senza mai prendere una sola multa in oltre mezzo secolo di attività, a partire dalla Guerra di Corea, di cui è un veterano. Quando la sua attività fallisce, perché messa in crisi dall'arrivo di internet, attraverso cui avvengono ormai quasi tutti gli ordini e le consegne, proprio per le sue caratteristiche di insospettabilità in considerazione dell'età e di affidabilità nella guida, diventa man mano il corriere di fiducia del cartello messicano di Sinaloa, quello che fa le consegne più voluminose nell'Illinois e in particolare nell'area urbana di Chicago, e così trova il denaro necessario per riprendersi la casa pignorata, tenere in piedi l'associazione dei veterani di guerra di cui è socio e soprattutto pagare gli studi a Ginny, la nipote, unica della sua famiglia con cui è rimasto in contatto. A inseguirlo, nel tentativo di stroncare il traffico, un agente speciale della Dea, impersonato da Bradley Cooper. Non voglio svelare nulla, anche se la trama è relativamente prevedibile ed è stata raccontata altrove, comunque il film, girato comunque con maestria, si può leggere su più livelli, a cominciare dal contrasto tra vecchio e giovane, nuovo e antico, vero e posticcio; quel che mi preme dire è che Eastwood, come sempre, non giudica e non si fa intrappolare dall'ovvio e men che mai dal "politicamente corretto": l'amore per la vita, per la libertà e per l'autenticità sono sempre le stesse, quel che conta è l'individuo, che trova sempre il modo di ragionare e mettersi nei panni di un altro, soprattutto rimanendo sé stesso, e l'idea è che non esista un morale unica e predefinita (vedasi l'incontro col boss del cartello, un meraviglioso cameo di Andy García, come tra due esponenti della "vecchia guardia" che si intendono al volo), ma soltanto un'etica individuale e una responsabilità personale, e che si è sempre in tempo a riconoscere e, se possibile, rimediare ai propri errori, di cui comunque un Cavaliere Pallido come quelli a cui ha sempre dato voce e volto Clint è sempre pronto a pagare il conto. Nella sua semplicità, sincerità, onestà profonda quest'uomo, prima ancora che come artista, mi è sempre piaciuto; non so chi l'abbia detto o scritto ma condivido: quando se ne andrà, e mi auguro il più tardi possibile, ci mancherà tantissimo e lo rimpiangeremo. Io, per stima e per gratitudine, per quel poco che conta, gli riconosco il massimo dei mei voti; non perché sia il suo film più bello ma perché li riassume tutti. Musica compresa, che è sempre ad alto livello. Perché Clint Eastwood è un uomo in blues, in tutto e per tutto, nero nell'anima.

1 commento:

  1. Ok, ma i sottotitoli appesantiscono il tutto.
    Quindi tanto valeva mettere anche quelli in protolatino..

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