"Green Book" di Peter Farrelly. Con Viggo Mortensen, Mahershala Alì, Linda Cardellini, Sebastian Maniscalco, Dimeter D. Marinov, P.J. Byrne e altri. USA 2018 ★★★★★
Ammetto che, per la sola presenza di Viggo Mortensen, da me soprannominato "Rigor", nella parte principale, ero piuttosto prevenuto nei confronti di questo film; poi, incoraggiato da un'amica di cui cinematograficamente mi fido e in considerazione del fatto che l'autore sia il genio che ha girato, col fratello Bobby, Scemo più scemo e Tutti pazzi per Mary, insomma una garanzia, sono andato a vederlo, per di più in lingua originale, ed era da tempo che non mi divertivo così tanto vedendo una pellicola che è Vero Cinema, spettacolo allo stato puro. Commedia con quel tocco di demenziale e beffardo che è il marchio di fabbrica Farrelly, racconta la storia vera dell'amicizia nata tra il musicista nero Don Shirley e Tony Vallelonga (diventato in seguito attore con Cimino, Coppola, Scorsese e famoso per una parte da boss nei Sopranos) nel 1962, quando quest'ultimo, che faceva il buttafuori al Copacabana, un famoso locale di New York dove si esibivano le stelle di allora, tra cui Sinatra e Bennett, lo accompagnò, quando il locale venne chiuso per un periodo per motivi di ordine pubblico fatti passare per lavori di ristrutturazioine, per una tournée di due mesi negli stati del Sud come autista e, poi, tuttofare e, di fatto, road manager. Quando si dice che gli opposti si attraggono, dando vita a una di quelle strane coppie che sono state spesso il sale del cinema USA al suo meglio e hanno fatto la sua storia: Viggo Mortensen, che qui ha sacrificato il suo fisico scultoreo e di cui torna buona l'espressione spesso pietrificata e un po' stranita, dà vita a un italoamericano con un marcato accento del Bronx, sposato con figlia e con chiassosa parentela che viene dipinta volgendo al positivo, per una volta, i luoghi comuni; incolto, volgare, che si nutre esclusivamente di spaghetti, pizza e fast food, preferibilmente con le mani ma pieno di quel buon senso che affina chi è cresciuto sulla strada in un quartiere difficile, con i suoi bravi pregiudizi razzisti ma, tutto sommato, un cuore d'oro, mentre Mahershala Alì impersona il talentuoso pianista classico afroamericano Doc Shirley (bambino prodigio d'origina giamaicana, da qui la pronuncia oxfordiana, più che semplicemente british: aveva perfino studiato al conservatorio di San Pietroburgo pochi anni prima della Rivoluzione), uomo di cultura vastissima, estremamente raffinato, che parlava cinque lingue, plurilaureato, e che viveva in un lussuoso appartamento sopra la Carnegie Hall. E' la casa discografica a ingaggiare Tony, selezionato però da Doc in seguito a un colloquio telefonico con sua moglie, che gli affida il musicista, che intende convertire dal classico, che con un nero non funziona, a una musica più popolare, venata di jazz di facile ascolto, assieme al Green Book,
che era una guida, davvero esistita, per automobilisti e turisti di colore che indicava motel, locali e, talvolta strade "riservate" ai neri. Va da sé che durante il viaggio i due, che incontreranno crescenti difficoltà più si spostano verso il Sud e la regione del Delta, impareranno a conoscersi, e interagire, apprezzarsi: il come lo vedrete se seguirete il mio consiglio di correre a vedere questo film, che oltre a essere concepito, ambientato, raccontato, interpretato come meglio non si potrebbe e, come se non bastasse, sostenuto da una colonna sonora strepitosa, è divertente, dissacrante, intelligente, affrontando pregiudizi tutt'ora esistenti a tutti i livelli ma senza negarli e nasconderli dietro all'ormai insopportabile barriera censoria e stucchevolmente conformista del politicamente corretto (che altro non è che una forma di razzismo perbenista) che domina qualsiasi discussione sulla differenza di colore della pelle, etnia, cultura, sessualità. Da non perdere.
Ammetto che, per la sola presenza di Viggo Mortensen, da me soprannominato "Rigor", nella parte principale, ero piuttosto prevenuto nei confronti di questo film; poi, incoraggiato da un'amica di cui cinematograficamente mi fido e in considerazione del fatto che l'autore sia il genio che ha girato, col fratello Bobby, Scemo più scemo e Tutti pazzi per Mary, insomma una garanzia, sono andato a vederlo, per di più in lingua originale, ed era da tempo che non mi divertivo così tanto vedendo una pellicola che è Vero Cinema, spettacolo allo stato puro. Commedia con quel tocco di demenziale e beffardo che è il marchio di fabbrica Farrelly, racconta la storia vera dell'amicizia nata tra il musicista nero Don Shirley e Tony Vallelonga (diventato in seguito attore con Cimino, Coppola, Scorsese e famoso per una parte da boss nei Sopranos) nel 1962, quando quest'ultimo, che faceva il buttafuori al Copacabana, un famoso locale di New York dove si esibivano le stelle di allora, tra cui Sinatra e Bennett, lo accompagnò, quando il locale venne chiuso per un periodo per motivi di ordine pubblico fatti passare per lavori di ristrutturazioine, per una tournée di due mesi negli stati del Sud come autista e, poi, tuttofare e, di fatto, road manager. Quando si dice che gli opposti si attraggono, dando vita a una di quelle strane coppie che sono state spesso il sale del cinema USA al suo meglio e hanno fatto la sua storia: Viggo Mortensen, che qui ha sacrificato il suo fisico scultoreo e di cui torna buona l'espressione spesso pietrificata e un po' stranita, dà vita a un italoamericano con un marcato accento del Bronx, sposato con figlia e con chiassosa parentela che viene dipinta volgendo al positivo, per una volta, i luoghi comuni; incolto, volgare, che si nutre esclusivamente di spaghetti, pizza e fast food, preferibilmente con le mani ma pieno di quel buon senso che affina chi è cresciuto sulla strada in un quartiere difficile, con i suoi bravi pregiudizi razzisti ma, tutto sommato, un cuore d'oro, mentre Mahershala Alì impersona il talentuoso pianista classico afroamericano Doc Shirley (bambino prodigio d'origina giamaicana, da qui la pronuncia oxfordiana, più che semplicemente british: aveva perfino studiato al conservatorio di San Pietroburgo pochi anni prima della Rivoluzione), uomo di cultura vastissima, estremamente raffinato, che parlava cinque lingue, plurilaureato, e che viveva in un lussuoso appartamento sopra la Carnegie Hall. E' la casa discografica a ingaggiare Tony, selezionato però da Doc in seguito a un colloquio telefonico con sua moglie, che gli affida il musicista, che intende convertire dal classico, che con un nero non funziona, a una musica più popolare, venata di jazz di facile ascolto, assieme al Green Book,
che era una guida, davvero esistita, per automobilisti e turisti di colore che indicava motel, locali e, talvolta strade "riservate" ai neri. Va da sé che durante il viaggio i due, che incontreranno crescenti difficoltà più si spostano verso il Sud e la regione del Delta, impareranno a conoscersi, e interagire, apprezzarsi: il come lo vedrete se seguirete il mio consiglio di correre a vedere questo film, che oltre a essere concepito, ambientato, raccontato, interpretato come meglio non si potrebbe e, come se non bastasse, sostenuto da una colonna sonora strepitosa, è divertente, dissacrante, intelligente, affrontando pregiudizi tutt'ora esistenti a tutti i livelli ma senza negarli e nasconderli dietro all'ormai insopportabile barriera censoria e stucchevolmente conformista del politicamente corretto (che altro non è che una forma di razzismo perbenista) che domina qualsiasi discussione sulla differenza di colore della pelle, etnia, cultura, sessualità. Da non perdere.
Nessun commento:
Posta un commento