"Copia originale" (Can You Ever Forgive Me?) di Marielle Heller. Con Melissa McCarthy, Richard E. Grant, Dolly Wells, Jane Curtin, Ben Falcone, Julie Ann Emery, Anna Deavere Smith, Stephen Spinella e altri. USA 2018 ★★★½
In tempi in cui non si fa altro che parlare di Fake News, un film su Lee Israel, basato sul libro che lei stessa scrisse per raccontare come sia diventata, per necessità, una audace e immaginifica falsaria di lettere private di attori e scrittori di successo, casca a fagiolo. Giornalista free lance e scrittrice newyorkese di origine ebraica di buon talento, già autrice di biografie di personaggi famosi, nei primi anni Novanta viene licenziata perché beve sul lavoro (nell'editoria: corregge bozze e fa ricerche d'archivio) e per un vaffanculo di troppo ai suoi capi e colleghi e già per questo mi va subito a genio ed entra nelle mie simpatie, oltre che per il carattere di merda, la misantropia, la schiettezza, il linguaggio colorito e la battuta pronta, l'amore per i gatti. E' soprattutto quest'ultimo, oltre alla necessità di racimolare qualche quattrino per pagare l'affitto dell'appartamento, infestato da mosche, dove vice da anni nel totale disordine, a portarla all'idea geniale di aggiungere qualcosa di suo alla lettera privata di un'attrice ormai deceduta per renderla più interessante all'acquirente di cimeli e rarità d'autore: deve saldare una parte degli arretrati alla clinica veterinaria perché accetti di curare l'amata gatta Jersey, vittima di un'infezione. Si specializza così nella creazione di lettere "d'epoca" di personaggi come Noël Coward, Marlene Dietrich, Catherine Hepburn e altri, battute con macchine da scrivere anch'esse d'antan, fino ad arrivare a trafugarne gli originali negli archivi delle biblioteche sostituendoli con le sue creazioni: fantasia e qualità non le mancano, ma a patto di non mettere in gioco sé stessa e nascondendosi dietro alla personalità di altri, e di questa incapacità di raccontarsi ed esprimere i propri sentimenti l'accusano sia la sua agente, sia la ex amante, oltre che del carattere burbero, dell'amore per il whisky and soda e della totale mancanza di diplomazia. Compagno di sbronze ma anche di complicità, perfino nell'attività illecita, Jack Hock, un allampanato dandy inglese gay, amorale e sessuomane, con cui riesce a stabilire un rapporto umano che funziona al di là del fatto che lui sarà costretto a "tradirla" quando lo FBI si metterà sulle loro tracce, e la coppia di attori che li interpreta, Melissa McCarthy e Richard E. Grant, funziona altrettanto alla perfezione. E' questo il punto di forza del film, assieme alla rievocazione di New York com'era ancora trent'anni fa e al sempre attuale e stimolante da investigare rapporto fra realtà e finzione. E funziona anche il film, pur non essendo un capolavoro.
In tempi in cui non si fa altro che parlare di Fake News, un film su Lee Israel, basato sul libro che lei stessa scrisse per raccontare come sia diventata, per necessità, una audace e immaginifica falsaria di lettere private di attori e scrittori di successo, casca a fagiolo. Giornalista free lance e scrittrice newyorkese di origine ebraica di buon talento, già autrice di biografie di personaggi famosi, nei primi anni Novanta viene licenziata perché beve sul lavoro (nell'editoria: corregge bozze e fa ricerche d'archivio) e per un vaffanculo di troppo ai suoi capi e colleghi e già per questo mi va subito a genio ed entra nelle mie simpatie, oltre che per il carattere di merda, la misantropia, la schiettezza, il linguaggio colorito e la battuta pronta, l'amore per i gatti. E' soprattutto quest'ultimo, oltre alla necessità di racimolare qualche quattrino per pagare l'affitto dell'appartamento, infestato da mosche, dove vice da anni nel totale disordine, a portarla all'idea geniale di aggiungere qualcosa di suo alla lettera privata di un'attrice ormai deceduta per renderla più interessante all'acquirente di cimeli e rarità d'autore: deve saldare una parte degli arretrati alla clinica veterinaria perché accetti di curare l'amata gatta Jersey, vittima di un'infezione. Si specializza così nella creazione di lettere "d'epoca" di personaggi come Noël Coward, Marlene Dietrich, Catherine Hepburn e altri, battute con macchine da scrivere anch'esse d'antan, fino ad arrivare a trafugarne gli originali negli archivi delle biblioteche sostituendoli con le sue creazioni: fantasia e qualità non le mancano, ma a patto di non mettere in gioco sé stessa e nascondendosi dietro alla personalità di altri, e di questa incapacità di raccontarsi ed esprimere i propri sentimenti l'accusano sia la sua agente, sia la ex amante, oltre che del carattere burbero, dell'amore per il whisky and soda e della totale mancanza di diplomazia. Compagno di sbronze ma anche di complicità, perfino nell'attività illecita, Jack Hock, un allampanato dandy inglese gay, amorale e sessuomane, con cui riesce a stabilire un rapporto umano che funziona al di là del fatto che lui sarà costretto a "tradirla" quando lo FBI si metterà sulle loro tracce, e la coppia di attori che li interpreta, Melissa McCarthy e Richard E. Grant, funziona altrettanto alla perfezione. E' questo il punto di forza del film, assieme alla rievocazione di New York com'era ancora trent'anni fa e al sempre attuale e stimolante da investigare rapporto fra realtà e finzione. E funziona anche il film, pur non essendo un capolavoro.
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