"Ore 15:17 - Attacco al treno" (The 15:17 to Paris) di Clint Eastwood. Con Anthony Sadler, Alek Skarlatos, Spencer Stone (nella parte di sé stessi); Fenna Fisher, Judy Greer, Ray Corasani, Tony Hale, Thomas Lennon e altri. USA 2017 ★ alla memoria
E' con grande dispiacere che mi tocca affermare che questo sia il peggiore film che Eastwood abbia girato da regista, benché ciò non intacchi la stima che nutro per lui e la sua onestà e ostinata coerenza, malgrado le sue idee siano lontane anni luce dalle mie. Il vecchio Clint rimane un mio personal hero cinematografico così come Keith Richards in campo musicale, il che non mi esime dal sottolineare quando non sono all'altezza della loro fama; anzi: a maggior ragione. Alla ricerca dell'eroe americano tra gli uomini comuni, filo conduttore della sua filmografia più recente, il regista californiano si cimenta ancora una volta con un fatto veramente avvenuto, facendo però interpretare sé stessi dai reali protagonisti della vicenda: l'aver affrontato e neutralizzato un terrorista marocchino in procinto di compiere una strage a nome dell'Isis sul treno Thalis in viaggio tra Amsterdam e Parigi nel pomeriggio del 21 agosto del 2015. Li vediamo in azione soprattutto nella seconda parte del film, quando i tre amici d'infanzia si ritrovano a girare l'Europa in una sorta di Inter Rail in un viaggio-vacanza che li porta da Roma e Venezia a Berlino e infine ad Amsterdam, da dove il film, le cui prime inquadrature in flash-forward sono da thriller, vira all'action: non più di 5' per la fase cruciale. Tutto il resto è la tediosa ricostruzione di un'amicizia nata sui banchi di scuola fra tre studenti mediocri, indisciplinati, bullizzati e sospettati fin dalle medie di sindrome da deficit dell'attenzione. Due di essi, Stone e Skarlatos, entrambi figli di madri rimaste single, diventeranno militari di basso rango, il primo aviere, l'altro nella guardia nazionale, Stone in particolare convinto fin da piccolo di avere una vera e propria missione da compiere, nonostante incontri non poche difficoltà a farsi arruolare e che regolarmente fallisce i suoi obiettivi; e il terzo, Sadler, l'unico di colore del trio, un simpatico cazzone senza arte né parte che pensa di essere Eddy Murphy. Inequivocabile la prova orologio: dopo 20' il mio sguardo si era posato per la prima volta sulle lancette. Metà del film si sofferma sulla loro infanzia e formazione tra le villette a schiera della zona residenziale di Sacramento e la locale scuola cristiana; poi ci si ritrova catapultati in Europa, dove i tre si danno appuntamento per trascorrere due settimane di vacanza tra selfie, penosi Perversion Excursion romane, discoteche e superficiali visite ai luoghi e monumenti più famosi senza che siano in grado di coglierne minimante il significato storico o artistico. Insomma: quel che normalmente fanno i turisti anglosassoni fra i venti e i trent'anni quando sbarcano in Europa e in Italia in particolare, Paese che Clint Eastwood dovrebbe conoscere molto bene, ma ci fornisce una versione istruttiva, per quanto imbarazzante (per loro più che per noi) di come ci vedono i suoi connazionali; lo stesso vale per la Germania, ma almeno qui il Grande Vecchio ha un colpo di genio e, quando i tre pirloni sostano durante un bike tour nel luogo dove sorgeva il bunker in cui si è suicidato Hitler, all'affermazione di uno dei tre che pensava fosse morto nel Nido dell'Aquila circondato dalle truppe USA, fa ribattere alla guida che gli yankees hanno la cattiva abitudine di appropriarsi delle vittorie altrui, dato che il bunker fu circondato dalle truppe russe che liberarono Berlino (a riprova dell'onestà intellettuale di Eastwood). Segue l'ultima tappa ad Amsterdam prima che, dopo una notte a tasso alcolico particolarmente elevato, salgano sul treno per Parigi e imbarcarsi nell'avventura che cambierà loro l'esistenza e ne farà quegli eroi della porta accanto che l'America ha bisogno di inventarsi per alimentare il proprio immaginario. Tutto qui, e per fortuna che la pellicola dura soltanto 90', che però sembrano almeno 30' in più. Un peccato, ma è sempre molto interessante vedere come Eastwood racconta gli americani per quello che sono, molto spesso dei preoccupanti imbecilli.
E' con grande dispiacere che mi tocca affermare che questo sia il peggiore film che Eastwood abbia girato da regista, benché ciò non intacchi la stima che nutro per lui e la sua onestà e ostinata coerenza, malgrado le sue idee siano lontane anni luce dalle mie. Il vecchio Clint rimane un mio personal hero cinematografico così come Keith Richards in campo musicale, il che non mi esime dal sottolineare quando non sono all'altezza della loro fama; anzi: a maggior ragione. Alla ricerca dell'eroe americano tra gli uomini comuni, filo conduttore della sua filmografia più recente, il regista californiano si cimenta ancora una volta con un fatto veramente avvenuto, facendo però interpretare sé stessi dai reali protagonisti della vicenda: l'aver affrontato e neutralizzato un terrorista marocchino in procinto di compiere una strage a nome dell'Isis sul treno Thalis in viaggio tra Amsterdam e Parigi nel pomeriggio del 21 agosto del 2015. Li vediamo in azione soprattutto nella seconda parte del film, quando i tre amici d'infanzia si ritrovano a girare l'Europa in una sorta di Inter Rail in un viaggio-vacanza che li porta da Roma e Venezia a Berlino e infine ad Amsterdam, da dove il film, le cui prime inquadrature in flash-forward sono da thriller, vira all'action: non più di 5' per la fase cruciale. Tutto il resto è la tediosa ricostruzione di un'amicizia nata sui banchi di scuola fra tre studenti mediocri, indisciplinati, bullizzati e sospettati fin dalle medie di sindrome da deficit dell'attenzione. Due di essi, Stone e Skarlatos, entrambi figli di madri rimaste single, diventeranno militari di basso rango, il primo aviere, l'altro nella guardia nazionale, Stone in particolare convinto fin da piccolo di avere una vera e propria missione da compiere, nonostante incontri non poche difficoltà a farsi arruolare e che regolarmente fallisce i suoi obiettivi; e il terzo, Sadler, l'unico di colore del trio, un simpatico cazzone senza arte né parte che pensa di essere Eddy Murphy. Inequivocabile la prova orologio: dopo 20' il mio sguardo si era posato per la prima volta sulle lancette. Metà del film si sofferma sulla loro infanzia e formazione tra le villette a schiera della zona residenziale di Sacramento e la locale scuola cristiana; poi ci si ritrova catapultati in Europa, dove i tre si danno appuntamento per trascorrere due settimane di vacanza tra selfie, penosi Perversion Excursion romane, discoteche e superficiali visite ai luoghi e monumenti più famosi senza che siano in grado di coglierne minimante il significato storico o artistico. Insomma: quel che normalmente fanno i turisti anglosassoni fra i venti e i trent'anni quando sbarcano in Europa e in Italia in particolare, Paese che Clint Eastwood dovrebbe conoscere molto bene, ma ci fornisce una versione istruttiva, per quanto imbarazzante (per loro più che per noi) di come ci vedono i suoi connazionali; lo stesso vale per la Germania, ma almeno qui il Grande Vecchio ha un colpo di genio e, quando i tre pirloni sostano durante un bike tour nel luogo dove sorgeva il bunker in cui si è suicidato Hitler, all'affermazione di uno dei tre che pensava fosse morto nel Nido dell'Aquila circondato dalle truppe USA, fa ribattere alla guida che gli yankees hanno la cattiva abitudine di appropriarsi delle vittorie altrui, dato che il bunker fu circondato dalle truppe russe che liberarono Berlino (a riprova dell'onestà intellettuale di Eastwood). Segue l'ultima tappa ad Amsterdam prima che, dopo una notte a tasso alcolico particolarmente elevato, salgano sul treno per Parigi e imbarcarsi nell'avventura che cambierà loro l'esistenza e ne farà quegli eroi della porta accanto che l'America ha bisogno di inventarsi per alimentare il proprio immaginario. Tutto qui, e per fortuna che la pellicola dura soltanto 90', che però sembrano almeno 30' in più. Un peccato, ma è sempre molto interessante vedere come Eastwood racconta gli americani per quello che sono, molto spesso dei preoccupanti imbecilli.
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