"La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo" scritto e diretto da Lucia Calamaro. Con Riccardo Goretti, Alice Redini, Simona Senzacqua. Assistente alla regìa Camilla Brison e Giorgina Pilozzi; scene e costumi di Lucia Calamaro; disegno luci Loic Hamelin; contributi pitturali di Marina Haas. Produzione SardegnaTeatro ,Teatro Stabile dell'Umbria e Teatro di Roma in coproduzione con Festival d'Automne à Paris/Odéon Théâtre d'Europe. Al teatro PalaMostre di Udine per CSS Teatro Contatto 36
"Dramma del pensiero in tre atti" (ciascuno rispettivamente di 50, 60 e 35 minuti), come sottotitolato dalla regista e autrice, tra le migliori voci dell'attuale drammaturgia in Italia, non è una riflessione sulla morte bensì sui morti, il ricordo che se ne ha e l'elaborazione del lutto, che è innanzitutto riconoscere un'assenza dentro alla propria esistenza. Dramma che si svolge in tre passaggi con tre personaggi qualunque: una moglie che, morendo, lascia un marito e una figlia di undici anni e il fantasma della sua presenza, diversamente percepito, nell'esistenza attuale di chi rimane, e che comunque deve fare i conti col senso di colpa per la rarefazione del ricordo, o addirittura la sua rimozione. Temi delicati e complessi, affrontati attraverso dialoghi fitti fra i tre personaggi, in cui in diversa misura tutto il pubblico inevitabilmente finisce per immedesimarsi perché se c'è un'esperienza che si ha in comune e che tutti conosciamo è quello della perdita (e per l'appunto non della morte, perché non c'è dato di raccontarla) e in maniera semplice, a tratti leggera ma mai superficiale, anche se attraverso situazioni banali e, per l'appunto, comuni a tutti. Nel primo atto si ha a che fare con un trasloco, e in questo caso lo spettro di Simona (la madre: i personaggi hanno i nomi degli attori) chiede di essere ricordato in modo positivo e permanente, nella sua interezza, dal marito attraverso gli oggetti lasciati per casa (e i libri sul comodino); nel secondo abbiamo la famiglia al completo: il marito, uno storico d'origine toscana appassionato di citazioni: la moglie, direttrice di una scuola di danza, eccentrica, amante del sole come dei vestito a fiori (tra l'altro bellissimi) e una figlia che riempie interi quaderni di disegni di mostri e pretende da loro l'attenzione attraverso la parola; infine padre e figlia che, dopo anni di rottura causata dal diverso modo di vivere l'assenza di Simona, si incontrano al cimitero, quello di Prima Porta e non quello, ordinato e geometrico, del Verano, a Roma, alla ricerca della tomba della madre e moglie, che durante la ricerca del loculo dialogano su come quella scomparsa abbia cambiato il flusso del racconto che essi stessi fanno della propria vita. Uno spettacolo che nonostante la durata e l'argomento affrontato non solo coinvolge il pubblico in maniera totale, facendolo partecipare e anche divertire, scorre via lieve e allo stesso tempo intensamente, lasciando una traccia in chi l'ha visto. Il tutto grazie a una scrittura limpida e lineare, scene essenziali ma accattivanti, e il calore e la bravura di tre attori che riescono a coinvolgere gli spettatori fin dall'entrata in scena.
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