"Sono tornato" di Luca Miniero. Con Massimo Popolizio, Frank Matano, Stefania Rocca, Gioele Dix, Eleonora Belcamino, Ariella Reggio e altri. Italia 2018 ★★★★
Le versione italiana di Lui è tornato, che ipotizza Benito Mussolini che si materializza in una giornata di tarda primavera nei giardini di Piazza Vittorio, cuore multietnico della Roma odierna, è superiore all'originale tedesco uscito sugli schermi due anni fa con protagonista Adolf Hitler che fa la sua comparsa nella Berlino del giorno d'oggi per almeno tre motivi: il livello di tutti gli interpreti (e Popolizio in stato di grazia), la ferocia e il fatto che il nostro Paese, a differenza della Germania, non ha mai fatto seriamente i conti con il fascismo, che infatti è un'invenzione tutta italiana: non poteva nascere che da noi. Lo afferma lo stesso Duce, in una frase in sovrimpressione che non so sa sia sua oppure gli venga attribuita dagli autori: Io non ho creato il fascismo. L'ho tratto dall'inconscio degli italiani. Che fa il paio con l'altra, conosciuta da tutti: Governare gli italiani non è difficile, è inutile. E Lui li conosceva bene, fin troppo. Il film, che gioca su vari livelli di comicità, e in particolare sulla satira irriverente, fa scompisciare dalle risate, soprattutto nella prima parte quando il fu Duce, dopo essere rinvenuto da un sonno lungo più di 70 anni, prima si rifugia nell'edicola di una coppia gay (rectio: invertiti) dove ha materiale a sufficienza per aggiornarsi su quanto accaduto nel frattempo, poi viene scoperto da Canaletti, un free-lance cialtrone, velleitario e spiantato il quale lavora per un a rete televisiva a caccia di uno scoop che lo faccia emergere. Convinto che si tratti di un attore comico, gli propone di filmarlo in un tour in giro per l'Italia su un furgone scalcagnato mentre sonda gli umori di quello che fu il suo popolo (vi ho lasciati analfabeti e vi ritrovo analfabeti) con l'intenzione di sedurlo nuovamente e certo di riuscirci nuovamente. Il video furoreggia su youtube, e Canaletti propone il documentario alla rete per cui lavora e che lo aveva licenziato: nel frattempo il redivivo Mussolini, che con i mezzi di comunicazione aveva qualche dimestichezza già ai suoi tempi, non fatica a entrare in confidenza con quelli moderni, anche perché i meccanismi della manipolazione e del rincoglionimento alla fine non sono granché cambiati. La direttrice della rete, una donna cinica e immorale, a caccia solo di audience e share, vede cadere la manna dal cielo e ne fa un personaggio che furoreggia in ogni programma, dai TG ai talk show e nell'ultima parte del film vediamo il Duce redivivo fare i conti coi suoi emuli attuali, eredi dei governanti degli ultimi 70 anni. La domanda finale non è tanto se un Mussolini al giorno d'oggi possa tornare al potere, perché forse in qualche modo c'è sempre rimasto, in altre forme, quanto e se sia cambiata la pancia del Paese. Quello che il film non fa, a dispetto di chi sostiene il contrario, è sdoganare il fascismo e il suo artefice, che non solo viene sbertucciato come non avevo mai visto, ma duramente chiamato alle sue responsabilità, in una scena magistrale, da una anziana donna, la nonna di Francesca, la fidanzata di Canaletti che viene creduta affetta da demenza senile, in una requisitoria splendidamente offerta dalla grande attrice triestina Ariella Reggio. Mi sento di consigliarlo.
Le versione italiana di Lui è tornato, che ipotizza Benito Mussolini che si materializza in una giornata di tarda primavera nei giardini di Piazza Vittorio, cuore multietnico della Roma odierna, è superiore all'originale tedesco uscito sugli schermi due anni fa con protagonista Adolf Hitler che fa la sua comparsa nella Berlino del giorno d'oggi per almeno tre motivi: il livello di tutti gli interpreti (e Popolizio in stato di grazia), la ferocia e il fatto che il nostro Paese, a differenza della Germania, non ha mai fatto seriamente i conti con il fascismo, che infatti è un'invenzione tutta italiana: non poteva nascere che da noi. Lo afferma lo stesso Duce, in una frase in sovrimpressione che non so sa sia sua oppure gli venga attribuita dagli autori: Io non ho creato il fascismo. L'ho tratto dall'inconscio degli italiani. Che fa il paio con l'altra, conosciuta da tutti: Governare gli italiani non è difficile, è inutile. E Lui li conosceva bene, fin troppo. Il film, che gioca su vari livelli di comicità, e in particolare sulla satira irriverente, fa scompisciare dalle risate, soprattutto nella prima parte quando il fu Duce, dopo essere rinvenuto da un sonno lungo più di 70 anni, prima si rifugia nell'edicola di una coppia gay (rectio: invertiti) dove ha materiale a sufficienza per aggiornarsi su quanto accaduto nel frattempo, poi viene scoperto da Canaletti, un free-lance cialtrone, velleitario e spiantato il quale lavora per un a rete televisiva a caccia di uno scoop che lo faccia emergere. Convinto che si tratti di un attore comico, gli propone di filmarlo in un tour in giro per l'Italia su un furgone scalcagnato mentre sonda gli umori di quello che fu il suo popolo (vi ho lasciati analfabeti e vi ritrovo analfabeti) con l'intenzione di sedurlo nuovamente e certo di riuscirci nuovamente. Il video furoreggia su youtube, e Canaletti propone il documentario alla rete per cui lavora e che lo aveva licenziato: nel frattempo il redivivo Mussolini, che con i mezzi di comunicazione aveva qualche dimestichezza già ai suoi tempi, non fatica a entrare in confidenza con quelli moderni, anche perché i meccanismi della manipolazione e del rincoglionimento alla fine non sono granché cambiati. La direttrice della rete, una donna cinica e immorale, a caccia solo di audience e share, vede cadere la manna dal cielo e ne fa un personaggio che furoreggia in ogni programma, dai TG ai talk show e nell'ultima parte del film vediamo il Duce redivivo fare i conti coi suoi emuli attuali, eredi dei governanti degli ultimi 70 anni. La domanda finale non è tanto se un Mussolini al giorno d'oggi possa tornare al potere, perché forse in qualche modo c'è sempre rimasto, in altre forme, quanto e se sia cambiata la pancia del Paese. Quello che il film non fa, a dispetto di chi sostiene il contrario, è sdoganare il fascismo e il suo artefice, che non solo viene sbertucciato come non avevo mai visto, ma duramente chiamato alle sue responsabilità, in una scena magistrale, da una anziana donna, la nonna di Francesca, la fidanzata di Canaletti che viene creduta affetta da demenza senile, in una requisitoria splendidamente offerta dalla grande attrice triestina Ariella Reggio. Mi sento di consigliarlo.
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