"La forma dell'acqua" (The Shape of Water) di Guillermo Del Toro. Con Sally Hawkins, Doug Jones, Michael Shannon, Octavia Spencer, Michael Stuhlbarg, Richard Jenkins, Lauren Lee Smith e altri. USA 2017 ★★★★½
Per una volta condivido il giudizio della giuria dell'ultima Mostra del cinema di Venezia che ha assegnato il Leone d'oro al regista messicano Guillermo Del Toro (nessuna parentela con l'attore Benicio) che vive in California e sforna film in cui l'immaginazione spinta ai limiti della visionarietà si inserisce spesso e volentieri in contesti storici realistici, in questo caso i primi anni Sessanta in piena Guerra Fredda, quando la competizione tra USA e URSS avveniva a tutti i livelli, e gli americani erano ossessionati dalla probabile superiorità scientifica degli avversari, che si manifestava specialmente in campo cosmonautico. In questo contesto, il regista e sceneggiatore colloca la storia d'amore tra Elisa Esposito, un'inserviente muta che fa parte del personale addetto alle pulizie notturne in un laboratorio scientifico nei sobborghi di Baltimora, nel Maryland, e il "mostro", la creatura anfibia, mezzo uomo e mezzo pesce, catturata in un fiume dell'Amazzonia, che vi è custodita e oggetto di studio a fini militari, anche perché manifesta capacità di resistenza, per l'appunto, sovrumane. Capitata per caso nell'ambiente dove l'essere viene tenuto prigioniero, in balìa degli umori sadici del brutale colonnello Strickland, il classico "duro" americano mascelluto, psicopatico e idiota, è l'unica che riesce a entrare in sintonia con esso, attraverso le uova sode con cui lo nutre di nascosto e la musica. Anche i russi però hanno messo gli occhi sul fenomeno e incaricano un loro infiltrato, il dottor Hoffstetler, di eliminarlo per non concedere agli avversari un possibile vantaggio. Ma l'amore vince la paura, sia della guerra, sia del diverso, ed Elisa, assieme ad altri due emarginati come lei, il vicino di casa Giles, un anziano pittore omosessuale, e Zelda, una collega di colore che reagisce con orgoglio e intelligenza sia alle angherie razziste che subisce sul lavoro sia a quelle maschiliste del marito fannullone, nonché di Hoffstetler, in cui prevale la curiosità scientifica di voler studiare la creatura da viva, riuscirà a sottrarre l'uomo-pesce dalle grinfie di Strickland nascondendolo a casa sua; il militare però non si arrende e la vicenda, che già aveva assunto tinte noir, muove perfino nel campo dell'action movie, pur non perdendo mai il suo lirismo, e può ricordare alcune delle migliori cose tratte dai cartoon della Marvel come la serie Agent Carter. Finirà bene, perché il messaggio del film è positivo, e non aggiungo altro sulla trama che è complessa e non priva di colpi di scena ma comunque scorrevole e ben costruita, a testimonianza di una storia ben scritta e congegnata che consente a un cast di eccellenti attori perfettamente adeguato ai personaggi che interpretano di dare sostanza e calore a un film che rimane impresso non solo per una fotografia eccezionale la suggestione di inquadrature fantastiche.
Per una volta condivido il giudizio della giuria dell'ultima Mostra del cinema di Venezia che ha assegnato il Leone d'oro al regista messicano Guillermo Del Toro (nessuna parentela con l'attore Benicio) che vive in California e sforna film in cui l'immaginazione spinta ai limiti della visionarietà si inserisce spesso e volentieri in contesti storici realistici, in questo caso i primi anni Sessanta in piena Guerra Fredda, quando la competizione tra USA e URSS avveniva a tutti i livelli, e gli americani erano ossessionati dalla probabile superiorità scientifica degli avversari, che si manifestava specialmente in campo cosmonautico. In questo contesto, il regista e sceneggiatore colloca la storia d'amore tra Elisa Esposito, un'inserviente muta che fa parte del personale addetto alle pulizie notturne in un laboratorio scientifico nei sobborghi di Baltimora, nel Maryland, e il "mostro", la creatura anfibia, mezzo uomo e mezzo pesce, catturata in un fiume dell'Amazzonia, che vi è custodita e oggetto di studio a fini militari, anche perché manifesta capacità di resistenza, per l'appunto, sovrumane. Capitata per caso nell'ambiente dove l'essere viene tenuto prigioniero, in balìa degli umori sadici del brutale colonnello Strickland, il classico "duro" americano mascelluto, psicopatico e idiota, è l'unica che riesce a entrare in sintonia con esso, attraverso le uova sode con cui lo nutre di nascosto e la musica. Anche i russi però hanno messo gli occhi sul fenomeno e incaricano un loro infiltrato, il dottor Hoffstetler, di eliminarlo per non concedere agli avversari un possibile vantaggio. Ma l'amore vince la paura, sia della guerra, sia del diverso, ed Elisa, assieme ad altri due emarginati come lei, il vicino di casa Giles, un anziano pittore omosessuale, e Zelda, una collega di colore che reagisce con orgoglio e intelligenza sia alle angherie razziste che subisce sul lavoro sia a quelle maschiliste del marito fannullone, nonché di Hoffstetler, in cui prevale la curiosità scientifica di voler studiare la creatura da viva, riuscirà a sottrarre l'uomo-pesce dalle grinfie di Strickland nascondendolo a casa sua; il militare però non si arrende e la vicenda, che già aveva assunto tinte noir, muove perfino nel campo dell'action movie, pur non perdendo mai il suo lirismo, e può ricordare alcune delle migliori cose tratte dai cartoon della Marvel come la serie Agent Carter. Finirà bene, perché il messaggio del film è positivo, e non aggiungo altro sulla trama che è complessa e non priva di colpi di scena ma comunque scorrevole e ben costruita, a testimonianza di una storia ben scritta e congegnata che consente a un cast di eccellenti attori perfettamente adeguato ai personaggi che interpretano di dare sostanza e calore a un film che rimane impresso non solo per una fotografia eccezionale la suggestione di inquadrature fantastiche.
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