"The Party" di Sally Potter. Con Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Patricia Clarkson, Bruno Ganz, Cillian Murphy, Cherry Jones, Emily Mortimer. GB 2017 ★★★★+
Non un grande film, ma un piccolo gioiellino, di impianto tipicamente teatrale, che ha per ambientazione una classica villetta urbana inglese, anzi: il suo pianterreno, tra salotto, cucina, bagno e giardinetto che dà sul retro. Janet, una donna di mezza età, è appena stata nominata ministro della Sanità nel gabinetto-ombra e per celebrare l'avvenimento, culmine di una carriera politica al servizio del Labour Party (da qui il duplice significato del titolo), invita amici di una vita e la collaboratrice più stretta, Marianne, che annuncia che arriverà in ritardo e viene però preceduta dal marito, Tom, un giovane broker finanziario, strafatto di cocaina e in evidente stato di agitazione. Il milieu è quello caratteristico della borghesia intellettuale progressista, che ha tratti universali e specificità nazionali, in questo caso venature tipicamente inglesi e la vicenda, che si svolge in tempo reale dall'arrivo man mano degli ospiti in attesa che giunga l'ultimo (l'unico, anzi, l' unica che non vedremo mai ma che è sempre evocato), ruota attorno alle rivelazioni a sorpresa di Bill, il marito di Janet, il primo ad apparire sulla scena, attonito, bottiglia di vino pregiato a portata di mano, sguardo nel vuoto, che mette sul piatto uno dopo l'altro vinili (peraltro di musica eccellente) d'epoca. Mi rifiuto di entrare nei dettagli per non guastare la sorpresa ma ciò che si innesca, in questa farsa carica di humor nero e ricca di dialoghi arguti, è una serie di rivelazioni in cui ciascuno dei personaggi è costretto dalla situazione che si viene a creare a uscire allo scoperto e a svelare i propri segreti, le proprie insicurezze, la vera faccia. E' anche un gioco di coppie: Janet e Bill, un professore di storia romana ateo e razionalista che ha rinunciato e una cattedra a Yale per supportare la carriera politica della consorte; poi la migliore amica di lei, April, sarcastica, dura, disillusa, che si accompagna con il nuovo fidanzato, un naturopata tedesco (Bruno Ganz: grandioso come gli altri interpreti) che disprezza ma finisce per rivalutare durante lo svolgersi degli eventi che fanno degenerare la festicciola; Martha e Jinni, due lesbiche che nonostante la grande differenza d'età sono in attesa di tre gemelli (maschi) ottenuti con l'inseminazione artificiale; infine Tom, il marito di Marianne, l'assistente di Jane, che arriva al party già sconvolto dall'aver appreso il tradimento della moglie e che ancora non sa di essere diventato becco una seconda volta. Il tutto in 71' che bastano e avanzano, recitati da tutti gli interpreti in maniera strepitosa, in un bianco e nero efficacissimo e quasi hitchkockiano che ha l'effetto di far risaltare l'espressività degli attori e di far concentrare l'attenzione sui dialoghi. Mi sono divertito per tutta la durata del film come capita raramente e mi auguro che valga lo stesso a chi deciderà di seguire il mio consiglio di non lasciarselo scappare.
Non un grande film, ma un piccolo gioiellino, di impianto tipicamente teatrale, che ha per ambientazione una classica villetta urbana inglese, anzi: il suo pianterreno, tra salotto, cucina, bagno e giardinetto che dà sul retro. Janet, una donna di mezza età, è appena stata nominata ministro della Sanità nel gabinetto-ombra e per celebrare l'avvenimento, culmine di una carriera politica al servizio del Labour Party (da qui il duplice significato del titolo), invita amici di una vita e la collaboratrice più stretta, Marianne, che annuncia che arriverà in ritardo e viene però preceduta dal marito, Tom, un giovane broker finanziario, strafatto di cocaina e in evidente stato di agitazione. Il milieu è quello caratteristico della borghesia intellettuale progressista, che ha tratti universali e specificità nazionali, in questo caso venature tipicamente inglesi e la vicenda, che si svolge in tempo reale dall'arrivo man mano degli ospiti in attesa che giunga l'ultimo (l'unico, anzi, l' unica che non vedremo mai ma che è sempre evocato), ruota attorno alle rivelazioni a sorpresa di Bill, il marito di Janet, il primo ad apparire sulla scena, attonito, bottiglia di vino pregiato a portata di mano, sguardo nel vuoto, che mette sul piatto uno dopo l'altro vinili (peraltro di musica eccellente) d'epoca. Mi rifiuto di entrare nei dettagli per non guastare la sorpresa ma ciò che si innesca, in questa farsa carica di humor nero e ricca di dialoghi arguti, è una serie di rivelazioni in cui ciascuno dei personaggi è costretto dalla situazione che si viene a creare a uscire allo scoperto e a svelare i propri segreti, le proprie insicurezze, la vera faccia. E' anche un gioco di coppie: Janet e Bill, un professore di storia romana ateo e razionalista che ha rinunciato e una cattedra a Yale per supportare la carriera politica della consorte; poi la migliore amica di lei, April, sarcastica, dura, disillusa, che si accompagna con il nuovo fidanzato, un naturopata tedesco (Bruno Ganz: grandioso come gli altri interpreti) che disprezza ma finisce per rivalutare durante lo svolgersi degli eventi che fanno degenerare la festicciola; Martha e Jinni, due lesbiche che nonostante la grande differenza d'età sono in attesa di tre gemelli (maschi) ottenuti con l'inseminazione artificiale; infine Tom, il marito di Marianne, l'assistente di Jane, che arriva al party già sconvolto dall'aver appreso il tradimento della moglie e che ancora non sa di essere diventato becco una seconda volta. Il tutto in 71' che bastano e avanzano, recitati da tutti gli interpreti in maniera strepitosa, in un bianco e nero efficacissimo e quasi hitchkockiano che ha l'effetto di far risaltare l'espressività degli attori e di far concentrare l'attenzione sui dialoghi. Mi sono divertito per tutta la durata del film come capita raramente e mi auguro che valga lo stesso a chi deciderà di seguire il mio consiglio di non lasciarselo scappare.
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