"The Father" di Florian Zeller. Con Anthony Hopkins, Olivia Colman, Imogen Poots, Rufus Sewell, Olivia Williams, Mark Gatiss, Evie Wray. Francia, GB 2020 ★★★★
Dramma da camera, il film del francese Florian Zeller è l’adattamento cinematografico di una pièce scritta da lui stesso, elegante e al tempo stesso scomoda riflessione sui devastanti effetti della demenza senile sulla personalità degli infelici che ne soffrono nonché sull’esistenza delle persone che fanno parte del loro nucleo famigliare e sulla vita di relazione di costoro. Imperdibile se si ha la possibilità di vederlo in versione originale, per apprezzare la vera voce e la dizione di un mostro sacro come Anthony Hopkins, che interpreta il ruolo principale di un anziano affetto probabilmente dal morbo di Alzheimer, duettando con una collega all’altezza, Olivia Colman, nella parte della figlia Anne, che lo ospita nella sua casa di Londra. O almeno è quel che sembra, perché Anthony (così si chiama anche il personaggio, nato lo stesso giorno dell'attore, il 31 dicembre del 1937 nel Galles) è convinto di trovarsi nell’appartamento che abita da oltre trent’anni, e pensa che la figlia venga a trovarlo e a proporgli delle badanti con cui regolarmente litiga, perché sta manovrando per prenderne possesso. La pellicola porta lo spettatore a immedesimarsi con il punto di vista del protagonista, perché le immagini illustrano quello che lui percepisce: sprazzi di memoria che riaffiorano incongruentemente, senza che lui riesca a ordinarli in una sequenza temporale; scambi di persone, cui assegna ruoli del tutto diversi da quelli che rivestono davvero; la ferma convinzione di essere del tutto autosufficiente: a dargli questa sicurezza è proprio la familiarità che sente di avere con l’abitazione che non è solo il centro dell’azione, ma anche l’unico aggancio con la realtà (apparente) del disgraziato protagonista della triste vicenda, solo all’apparenza un gioco degli specchi e degli equivoci. La verità è un’altra e molto più dura: non solo è ospite di un ospizio e assistito da infermieri che aveva scambiato, a seconda delle circostanze, per la figlia o i generi, ma si rende conto che non sa cosa gli stia succedendo intorno, ha un terrificante crollo emotivo, piange tra le braccia dell’infermiera che lo assiste ormai da mesi invocando la madre, dicendo di sentirsi come un albero a cui sono cadute tutte le foglie, in balia degli elementi. Recitazione esemplare da parte di tutti gli attori chiamati in causa, Hopkins per primo e commovente; regìa rigorosa; un film bello quanto triste ma importante. Mi è venuto da auspicare che la visione andrebbe sconsigliata agli ultrasessantenni depressi, ipocondriaci, con incipienti problemi di memoria: inutilmente, devono avere captato telepaticamente il mio pensiero perché ero l’unico presente in sala.
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