"Happy Together" (春光乍洩)di Wong Kar-wai. Con Tony-Wai Leung, Leslie Cheung, Chen Chang, Gregory Dayton, Sirley Kwan e altri. Hong Kong 1997 ★★★★★
La vicenda è semplice e lineare: Yiu-Fai e Po-wing sono una coppia omosessuale di Hong Kong dai caratteri diametralmente opposti, ma coinvolta in un rapporto ad alta tensione erotica ed emotiva che, tra crisi e nuovi inizi ("ricominciamo" è la parola dominante del film) decide di recarsi agli antipodi della ex colonia inglese (tornata alla madrepatria proprio nell'anno di uscita del film), a Buenos Aires, per uno dei tanti "nuovi inizi". La suggestione è stata una lampada, che si portano dietro, che raffigura le cascate di Iguazú, il luogo che vogliono vedere insieme. Yiu-Fai (il grande e sempre misuratissimo Tony-Wai Leung, l'attore da sempre sodale artistico del regista) è il più posato, ragionevole dei due: a lui viene affidato il compito della voce narrante; Po-wing capriccioso, egocentrista. Il primo per sopravvivere lavora come procacciatore di clienti in una (a me ben nota) milonga di San Telmo; il secondo si prostituisce, all'insaputa del compagno (finché non se ne accorge). Anche nella città in riva al Rio de la Plata si lasciano e si riprendono, Yiu-Fai si prende cura e ospita l'amico nel suo tugurio alla Boca (in un ex conventillo, le pensioni per emigrati che abbondavano nel celebre barrio "genovese" della città), quando questi rimane ferito in una rissa, ed è quello il periodo che ricorda come il più bello del loro rapporto: quando poteva assisterlo (e, pensava, controllarlo). I soldi mancano, per tornare a Hong Kong: i tempi si allungano, il rapporto si sfilaccia; Yiu-Fai decide di rimpatriare, non prima però di essere andato a vedere le cascate di Iguazú, pur se da solo, e per farlo si impiega in un ristorante (cinese) dove conosce un altro espatriato, più giovane, Chang, arrivato in Argentina da Taiwan per dissapori coi genitori, e con lui instaura un rapporto su basi di amicizia ma senza coinvolgimento erotico, che pure aleggia nell'aria. Questi a sua volta, prima di tornare a Taipei, dove la famiglia gestisce un ristorante di strada nel celebre mercato notturno, per conto suo andrà ad Ushuaia per visitare il faro della città più meridionale al mondo. E' attorno a questa trama, in cui la parte erotica, per giunta omosessuale, a forte carica sensuale ma per nulla sconcia e volgare (siamo nel 1997) si svolge e conclude nella primissima scena, che Wong Kar-wai costruisce come sempre un autentico capolavoro fatto di dettagli, annidati nei gesti e nelle parole dei personaggi, che si accompagnano all'accuratezza delle inquadrature, spesso audaci e visionarie ma altrettanto capaci di rendere la realtà, curate dal suo fido fotografo Christopher Doyle, australiano naturalizzato cinese di Hong Kong. Lo dico a ragion veduta perché quella città, e specialmente la zona in cui è stato girato il film, la conosco molto bene, e Wong Kar-wai riesce a renderla viva, esattamente per quello che era (ai tempi) molo meglio di tanti altri, perfino locali, così come ha sempre fatto con la sua Hong Kong e, in quest'occasione, anche se per poche inquadrature, con Taipei. Il che dimostra che la sua sensibilità d'artista impareggiabile gli consente di capire i luoghi e le situazioni ovunque si trovino, e in questo caso in una città che è in tutti i sensi agli antipodi di quella in cui vive, con una lingua del tutto sconosciuta ma di cui capisce (ed esprime, lasciando spesso le voci in originale) il senso. Per non parlare della musicalità che, in terra di tango, ha una valenza particolare. Ma anche qui lo sguardo non è banale, turistico, cartolinesco: il regista ha subito compreso come "gira il fumo"; nella Reína del Plata, e che esistono i locali, per quanto veraci, per gli stranieri (il celebre Bar Sur, in Estados Unidos, a San Telmo, a due passi dallo storico mercato coperto, da Plaza Dorrego e dall'Almacén Don Manolo, reso immortale da Quino nelle strisce di Mafalda), ma anche, col suo Club de Barrio 3 Amigos, la Buenos Aires "scesa dai bastimenti", i reietti del Vecchio Continente, che l'ha resa la seconda città più italiana al mondo dopo San Paolo del Brasile (e prima di Roma) e l'Argentina il Paese più "europeo" dell'emisfero Sud. E anche qui può esprimere la sua poesia e raccontare lo spaesamento dei due protagonisti di una storia d'amore. Significa avere uno sguardo vasto e una sensibilità pronta a cogliere tutte le sfumature, comprese quelle di una cultura estranea alla propria. Capacità universale di artista, per l'appunto. Questo film mi ha colpito particolarmente per una serie di coincidenze: premiato a Cannes nel 1997 per la miglior regìa, è stato girato in gran parte alla Boca, in riva al Riuachuelo (gita in barca sul quale, orrido fiumiciattolo di acque morte fra le più inquinate la mondo mi sono sempre rifiutato di fare, a differenza del protagonista del film) quando, per quanto miserrimo e in stato di voluto, avanzato abbandono, il quartiere era ancora frequentabile senza troppi pericoli: da una quindicina d'anni è sostanzialmente off-limits anche di giorno, a parte la zona del Caminito. All'epoca in cui era stato girato il film, che mi era sfuggito all'uscita, ero anch'io in città e, dato che era ancora in corso legale la Lira e in Argentina vigeva la folle parità Peso/Dollaro voluta dall'allora presidente Menem, un criminale, i prezzi per gli europei e gli italiani in particolare erano pressoché proibiltivi, e alloggiavo, giusto a San Telmo, in Calle Bolívar, in un ex conventillo simile a quello del film, gli unici posti in cui ai tempi si poteva pernottare per una cifra sui 30/40 dollari di allora; i luoghi citati, comprese le pizzerie al taglio e il chiosco di sigarette, bevande e generi di conforto vari li conoscevo e frequentavo tutti, perfino la citazione del faro di Ushuiaia, visitato da Chang, terzo personaggio del film, il 1° di gennaio del 1997 è una coincidenza che ha dell'incredibile: mi trovavo nella Terra del Fuoco nell'ultima settimana del 1996 dopo tre settimane in Patagonia, il 31 lo trascorsi alle "Tres Marías", sul Canale di Beagle, di fronte all'isola di Navarino, prima di prendere l'aereo per Punta Arenas e Santiago de Chile, il giorno dopo. E questo lo ricordo benissimo. Adesso e grazie a questo film che, oltre a essere un capolavoro di suo, per me riveste un significato del tutto speciale e mi fa ritenere Wong Kar-wai una sorta di gemello spirituale.
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